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Recensione : Per chi suona la campana di Ernest Hemingway

Una cosa su Hemingway: l'asciuttezza della sua scrittura, frutto anche della scelta di un vocabolario quotidiano, ha affascinato romanzieri come Elio Vittorini e Cesare Pavese.

“Per chi suona la campana” di Ernest Hemingway

Robert Jordan è un giovane intellettuale americano volontario nell’esercito antifranchista. Il suo incarico consiste nel far saltare un ponte d’acciaio in territorio nemico.

Per questa missione entra in contatto con la “banda di Pablo”, un gruppo di partigiani. L’azione dura solo tre giorni, ma l’evento si dilata con monologhi interiori e richiami al passato. Questo romanzo è stato scritto nel 1940, alla luce dell’esperienza di corrispondente di guerra vissuta da Hemingway nel ’37 in Spagna.

Potrete leggere passaggi come questi:

• Gli zingari parlano molto e uccidono poco.
• Gl’indiani d’America (…) quando uccidono un orso, si scusano con lui e gli chiedono perdono. Mettono il suo cranio su un albero e prima di andarsene gli chiedono perdono.
• Gli zingari credono che l’orso sia un fratello dell’uomo perché ha sotto la pelle lo stesso corpo, perché beve birra, perché ama la musica e perché balla volentieri. (…) Gli zingari credono anche che l’orso è un fratello, perché ruba per divertimento.
• Non ucciderei nemmeno un vescovo. Nemmeno un proprietario di qualunque specie, ucciderei. Li farei lavorare tutti i giorni, come abbiamo lavorato noi nei campi, e come abbiamo lavorato a tagliar legna sui monti, per tutto il resto della loro vita; così capirebbero per che cosa è nato l’uomo. Che dormano dove dormiamo noi, che mangino come mangiamo noi. Ma soprattutto, che lavorino. Così impareranno.
• La prigione non è niente. La prigione crea solo l’odio.
• Prima avevamo la religione e altre sciocchezze: ora ognuno deve aver qualcuno con cui poter parlare apertamente, perché se anche ha coraggio da vendere, uno dopo un po’ si sente molto solo.
• I miei erano di sinistra come tanti altri a Valladolid. Quando i fascisti ripulirono la città, fucilarono per primo mio padre perché aveva votato per i socialisti. Poi fucilarono mia madre. Aveva votato anche lei, era la prima volta che votava in vita sua. Dopo di questo fucilarono il marito di una delle mie sorelle, che era iscritto al sindacato dei tranvieri. È chiaro che non poteva essere tranviere senza essere iscritto al sindacato. Ma non si mischiava affatto di politica. Io lo conoscevo bene; non credo nemmeno che fosse un buon compagno. Poi ci fu che il marito dell’altra mia sorella, tranviere anche lui, era venuto con me sui monti. I fascisti credevano che mia sorella sapesse dov’era. Ma lei non lo sapeva, e la fucilarono perché non voleva dire dov’era suo marito.
• (…) ascoltare senza dire una parola non è poi un gran soccorso.
• Qualunque cosa facciano, i partigiani portano, alla gente che offre loro asilo e collabora con loro, nuovi pericoli e sventure. Perché? Perché un giorno ogni pericolo sia vinto e il paese sia un posto dove si viva bene. Questo era vero anche se suonava banale.
• Speriamo che non sia costretto a uccidere. (…) Dopo la guerra, credo, si dovrà fare una grande espiazione per tutto questo ammazzare. Se non avremo più religione dopo la guerra, si dovrà organizzare qualche forma di espiazione civile, perché tutti possano lavarsi del peccato d’assassinio, altrimenti la nostra esistenza non avrà mai una base umana e onesta. Uccidere è necessario, lo so, ma fa molto male all’uomo, e secondo me, quando tutto sarà finito e avremo vinto la guerra, si dovrà organizzare una qualunque espiazione perché possiamo purificarci tutti.
• Si mente sempre, in una guerra.
• Ogni fascista morto è un fascista di meno.
• In politica come nella guerriglia, la prima cosa è di continuare ad esistere.
• (…) è un cristiano, qualcosa di molto raro nei paesi cattolici.
• Nelle guerre non si uccidono mai le persone che si vorrebbero uccidere. Be’, quasi mai.
• Quanti di quelli che hai uccisi erano veri fascisti? Pochissimi. Ma sono tutti il nemico, alle forze del quale opponiamo le nostre forze.
• Tu non sei un vero marxista e lo sai. Tu credi nella Libertà, nell’Eguaglianza e nella Fraternità. Credi nella Vita, nella Libertà e nella Ricerca della Felicità.
• (…) è meglio morire in piedi che vivere in ginocchio.
• Ti amo come amo la libertà e la dignità e il diritto di tutti gli uomini di lavorare e di non aver fame.
• E come può diventar migliore il mondo se non ci saranno figli nostri che combattano i fascisti?
• Il popolo si era allontanato dalla Chiesa perché la Chiesa era nel Governo e il Governo era sempre stato marcio.
• È più facile vivere sotto un regime che combatterlo.
• Quanto poco sappiamo di quello che c’è da sapere.
• Non c’è bisogno di negare nulla di ciò che è stato, solo perché stai per perderlo.
• Provava la disperazione che i soldati trasformano in odio per poter continuare a combattere.
• Il mondo è un posto magnifico e vale la pena di combattere per esso (…).
• Morire è una brutta cosa quando dura troppo a lungo e ti fa tanto soffrire da umiliarti.

Volete sapere qualcosa di più di questo libro? Per l’acuta penetrazione psicologica, la narrazione lucida e imparziale e la profonda umanità, Per chi suona la campana è ritenuto uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi.

Una cosa su Hemingway: l’asciuttezza della sua scrittura, frutto anche della scelta di un vocabolario quotidiano, ha affascinato romanzieri come Elio Vittorini e Cesare Pavese.

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