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Recensione : Tab_Ularasa and the Sgrollers

C’è posto anche per momenti di puro romanticismo decadente: le nuove versioni di quei piccoli capolavori di Tab_Ularasa

Tab_Ularasa and the Sgrollers – Ferragosto

Dicono che il rock sia in crisi ma, in fin dei conti, essere in crisi è rock o, ancora meglio, il rock ti deve mandare in crisi, se no che rock sarebbe?

Ma questo è un disco rock? Questa domanda mi mette già abbastanza in crisi e quindi preferisco fare la cosa più spontanea che possa venirmi in mente e, cioè, ve ne parlo andando dritto al punto ed evitando fronzoli e giri di parole: si prenda un microfono tascam o un semplice furbofono con un app per registrare, ci si riunisca quindi in una sala prove a Livorno e si inizi a riprendere suoni e visioni applicate sul repertorio di Tab_Ularasa , se poi ci scappa pure un pugno di inediti si potrà infine dire che l’incontro ha dato buoni frutti, ci siamo divertiti come dei bimbi per la prima volta al mare ed abbiamo anche registrato un disco.

“Ma che, i dischi si registrano con un microfono tascam o un furbofono con un app a senso?”

Certo che si, perché se è vero che il rock è in crisi la causa va ricercata nella sua totale mancanza di spontaneità ed alla sua propensione a divenire più spettacolo che fatto.

In questo disco c’è l’ antidoto, la panacea, la chiave di volta: non la forma ma la sostanza, non lo spettacolo ma i vicoli bui che puzzano di piscio e vomito, non il trucco e né il parrucco, ma la fame, la disperazione e la solitudine.

Un pezzo cardine, in tutto questo, è senz’altro l’ inedito “Lo Spaventapasseri”: un po’ Velvet Underground, un po’ Gianni Rodari, un po’ Una stagione all’ inferno, questo pezzo incarna alla perfezione uno spirito ed un modus operandi: restare fermi intorno ad un giro, inventarci una filastrocca dall’ involucro naif ma che suggerisce temi piuttosto importanti (a me son venute in mente la condizione della persona solitaria per istinto e il fatalismo che ne consegue: uno spaventapasseri non sceglie di essere uno spaventapasseri, lo è e basta).

Incredibile come la descrizione di uno spaventapasseri racconti così bene lo spirito libero e, quindi, solitario
“quando il vento soffia forte, fa all’ amore con la morte” nessun’altra frase può rendere in maniera migliore e sintetica cosa sia la vita di una persona sola.


Ma il disco contiene anche affondi più Punk Rock (Garage Popolare, pardon): l’ irruenza disperata di Sono un robot, l’ ostinato di Buio, la spontaneità cui il rumore di fondo toglie spensieratezza ne Il Gattocane e Coccodrilli sui Navigli, il Punk Rock perfetto di Telecamera di sorveglianza (rumore che strozza la melodia che tiene insieme trenta secondi brutali e cinici, quasi un pezzo dei Dead Kennedys di In God We Trust Inc.) fino all’ Hard Rock monolitico, spezzato, avvilito dai fruscii, di Ragni giganti.


C’è posto anche per momenti di puro romanticismo decadente: le nuove versioni di quei piccoli capolavori di Tab_Ularasa , come 2 mani e 1 pipa e Sesso espresso al distributore Esso, nonostante qui vengano trattate con il piglio di un gruppo Punk Rock (Garage Rock accecante, pardon) non perdono neanche un millimetro della loro poesia, della loro spiazzante umanità, anzi:

si può dire che l’intervento di componenti più veraci e scomposte ne aumentino le capacità empatiche e di coinvolgimento.

Davvero: impossibile non sentirsi chiamati in causa in ogni verso, in ogni nota e in ogni colpo di batteria; il linguaggio, sia musicale che contenutistico, risicato all’osso e totalmente privato di fronzoli, ad abbellirlo o a renderlo più complesso, pare quasi un modo universale di comunicare anche migliore di una lingua ad alta diffusione come l’ inglese.


Tab_Ularasa and The Sgrollers  le Aste 

Seconda uscita senza sconti, per niente e per nessuno, e a pochissimi mesi dalla precedente;

registrazione più nitida ma non per risultare più affabili e cordiali, per niente: suoni saturi per un disco violento e cruento nella sua essenzialità, quando questa viene utilizzata per fare bella mostra di scheletri, incubi e paranoie.


Infatti: “…registrato a Livorno al fondo Weekend Martyr, sabato 7 e domenica 8 ottobre in presa diretta, quasi tutte le canzoni alla prima take senza mai averle provate. Se l’abbiamo fatto noi lo puoi fare anche tu. Datti una mossa, pensa in piccolo e non perdere tempo con chi non devi perderlo, autoproduci tutto quello che puoi, non dare i soldi a chi non se li merita.”


È la necessità di esprimersi per raccontarsi che sa come sfruttare l’urgenza e la volontà di immediatezza.

Il procedimento adottato e perfettamente attuato da Tab_Ularasa and The Sgrollers per dare al resto del mondo un’ idea di quello che vuol dire davvero suonare:

non per apparire o, peggio ancora, vendere, ma per rappresentare e fare male; toccare con mani ruvide lì dove fa male e schiacciare, finire di rompere o iniziare a farlo. Distruggere tutto.


Presi dalla voglia del solo suonare si riuniscono un’ altra volta, Tab e la sezione ritmica dei Weekend Martyr di Livorno (fantastico trio livornese, già fuori con un bellissimo disco su Aloch Records e prossimi a licenziarne un seguito a breve, che promette essere una bomba), nel solito fondo di Livorno e, come suggerisce il titolo, mettono mano ad aste e microfoni per dare vita ad una presa diretta che odora di Punk, Noise Rock e delirio; Tab_Ularasa ripropone i suoi pezzi più tirati e dona loro un tono più deciso e corazzato, facendo infrangere su di una sezione ritmica solida come la pietra delle felicissime divagazioni rumoriste.


Qui, per quanto la cifra del disco sia gestita su un lessico fatto di immediatezza e tutto buono alla prima, non ci si rilassa mai e si va sempre dritti al punto, ferendosi con schegge di Noise che, anziché generare dolore, lasciano sempre un sorriso sincero in chi ascolta.


La base di partenza è ottima: ripassatevi, se ancora non siete familiari, la discografia di Tab_Ularasa per avere una conferma: dalle atmosfere rarefatte, acustiche e oniriche si passa ad un’ attitudine frontale e aggressiva. I testi reggono perfettamente al cambiamento di ambiente alle loro basi, dimostrandoci che molte volte diamo un’interpretazione differente ad un concetto a seconda della cornice in cui ci viene presentato.

La volontà di Tab_Ularasa, nel suo continuo riproporre brani suoi in più vesti differenti e accompagnato da musicisti di diversa estrazione, mi pare quasi sia il voler farci capire la profondità, la complessità e le varie sfaccettature dei concetti espressi nei suoi testi che, ad un ascolto distratto, potrebbero sembrare semplicemente naif ma che, ad orecchio serrato, sfruttano una dialettica infantile per poter giocare allo stesso gioco dei bambini con una consapevolezza da adulto: dare opinioni perentorie e giudizi inappellabili non facendo uso di filtri , metafore e congetture. Le affermazioni di un bambino, alle volte, fanno tremare le basi di argilla di un’ istituzione che, con la maturità, per abitudine e assuefazione, si può arrivare a giudicare inscalfibile quando, questa, inscalfibile non è affatto, anzi.


Impossibile non esaltarsi di fronte a pezzi lancinanti come “Gesù era una donna”, le melodie fataliste di “Bimbobumbabumbaboom” , l’ansia esplosiva della nuova versione di “Guardare San Remo”e due capolavori sospesi tra l’ anthem e il dolore come “Scricchiati prima dello sbrocco” e “Nessuno lo sa”.


Innamoratevi di questi due dischi, vi conviene sul serio.


In ultima analisi verrebbe quindi da chiosare asserendo che, si, certamente il rock è sempre in crisi ed è anche bene che lo sia: è dalla crisi che si ricerca la fonte primigenia, il modus operandi e nuove finalità.

Riscoprire la rabbia, la dignità in ogni sconfitta, la volontà di suonare perché è l’ unico modo rimasto per poter dire “io ci sarò sempre”.

Per citare proprio Tab_Ularasa “…per andare avanti devi tornare indietro”



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