Recentemente gli amici di Riserva Indie hanno condiviso sui loro spazi parte di un nostro intervento tratto proprio da questo spazio (Confessioni di una maschera “La virulenza della viralità“), che non ha mancato di scatenare un putiferio mediatico, fatto di reazioni scomposte, al limite della lesa maestà e della denuncia penale. Al netto di repliche piccate, più o meno stilisticamente e grammaticamente corrette, quello che ci ha maggiormente sorpreso è stato notare come la quasi totalità degli intervenuti non abbia minimamente capito di che cosa stessimo parlando, limitandosi al virgolettato dei ragazzi di Riserva Indie. Una reazione di pancia, a volte tristemente adolescenziale, che nei toni, ma soprattutto nelle argomentazioni, ha mostrato come non ci sia stata la voglia di scomodarsi a leggere per intero il testo da cui era tratta la citazione.
Tutti copiosamente incolonnati con commenti bidirezionali, chi pro e chi contro, che nulla hanno aggiunto al ragionamento che il team di Riserva Indie voleva innescare. Tutti pronti a dire la loro, fermandosi però all’estratto, al campionamento per dirla in musica, che guardava alla fruizione contemporanea dei concerti da parte delle generazioni moderne, troppo spesso, a nostro avviso, legata ad un uso indiscriminato e fuori luogo del cellulare, diventato oggetto imprescindibile anche in questi contesti. Restando in argomento “generazionale” pensavamo che, essendo i nostri figli abituati ad una soglia di attenzione online che si assesta a poco meno di dieci secondi, noi più adulti potessimo vantare un approccio più analitico. E invece ci siamo dovuti ricredere. Non esiste alcuna differenza, non esiste un Noi e un Loro, siamo tutti irrimediabilmente nella stessa – pessima – situazione. E a poco servono i recenti studi del Brain & Mind Institute della University of Western Ontario, che indica come il nostro cervello non sia in fase di regressione, ma stia soltanto adattandosi ai nuovi scenari, fatti di una pluralità di fonti e di contenuti. Dinamica che rende necessaria una maggiore velocità di metabolizzazione, ma che però – cosa che i canadesi non dicono – non sottintende l’analisi del testo, intesa come verifica dell’autenticità del contenuto. In pratica è come se l’importante fosse leggere, indipendentemente dal fatto che si tratti di una belinata o meno.
Quella riportata da Riserva Indie era una considerazione da collocare in un diverso contesto. Non si trattava di impartire ordini su come ci di deve comportare ai concerti, ma solo evidenziare, tra i tanti, uno di quegli atteggiamenti che sancisce, oggi più che mai, una sorta di dipendenza da smartphone. Non era e non doveva essere il concerto – e le riprese dello stesso – il focus, ma un discorso più ampio. Purtroppo però, nessuno o quasi, si è preso la briga di leggere tutto il testo, realizzando che stava commentando dieci righe di un articolo molto più corposo.
Atteggiamento che sposa alla perfezione il senso globale del ragionamento, e che sottolinea, una volta di più, come la dipendenza tecnologica vada a minare la libertà intellettuale e l’indipendenza. A noi di come approcciate e di che fate ai concerti non frega nulla. Il punto è un altro. E, francamente, non pensavamo fosse così difficile da capire. Ma, evidentemente, è proprio questa vostra spiccata approssimazione che vi impedisce di accedere a contenuti più approfonditi, perorando le nostre tesi, anche se in modo – per voi – del tutto involontario.
Nonostante la soglia di attenzione si limiti ad otto soli secondi, questo non impedisce e non raffredda la pulsione da interventismo, che si rende manifesta in modo tanto frenetico quanto frettoloso, senza nemmeno provare a pensare di guardare le cose da altri punti di vista che non siano il proprio. Noi non ci crediamo migliori o più intelligenti degli altri. Siamo solo più attenti a quelle che sono le reali intenzioni, e quindi il fine, di coloro che scelgono di pubblicare un approfondimento, un ragionamento. Cerchiamo cioè di calarci nell’ottica di provare a capire le loro ragioni, e a confrontarle con le nostre. Atteggiamenti che riconosciamo essere al di fuori del pensare comune, e del comune agire, e che mal si sposano con la incontrollata frenesia di tutti coloro che vivono cellulare alla mano la maggior parte della giornata.
È ovvio che auspichiamo un cambio di passo. Lo diciamo da tempo. Ma se queste sono le premesse, se si guarda solo a creare in ogni occasione una dicotomia, tanto inutile quanto inesistente, che va a sancire la nascita di due schieramenti opposti, non esiste alcun futuro. Nel caso in questione, non c’era e non c’è da scegliere da che parte stare. Non c’era nessun confronto/conflitto generazionale. C’era semplicemente da leggere un testo, nella sua totalità, e provare a capirlo. Un gesto immediato, diremmo quasi banale, che però, la maggior parte degli intervenuti non è stata in grado di fare. Il segno dell’ennesima occasione perduta.
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