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Recensione : THE CAVEMEN – CA$H 4 SCRAP

One-two-three-four, cretins wanna hop some more! I cavernicoli neozelandesi Cavemen sono tornati dall’età della pietra usando le chitarre come clave e ricavando dalle pitture rupestri un nuovo album, “Ca$h 4 scrap“, uscito a inizio febbraio su Slovenly Recordings.

Il sesto disco in studio dei quattro “trogloditi” neanderthaliani originari di Auckland (Paul, Nick, Jake e Jack, tutti accomunati dal “cognome” Caveman finale, proprio come i quattro finti fratelli portoricani) arriva a tre anni di distanza dal singolo “Am I a monster?” e confermano la loro proposta sonica – a base di uno scorticato punk ‘n’ roll di ispirazione Stooges, primi Damned, Radio Birdman, Saints, Ramones, Slaughter and the Dogs – che però stavolta sembra essere più “ragionata” e meglio messa a fuoco. Un caos organizzato in cui non mancano anche momenti più cadenzati, ma non meno rumorosi (come nel caso dei brani “Night of the demon“,”Leather boys“, la GG AllinianaDrug man“, il Sixties punk di “Flowers on my grave” dal sapore rancido che non sfigurerebbe su garage compilation come “Back from the grave” e “Pebbles“, o la conclusiva “Satan II“) che fanno da contraltare al cuore pulsante dell’Lp che rappresenta l’essenza dei Cavemen, e cioè trash rock ‘n’ roll ad alto tasso alcoolico/demenziale suonato in modo veloce e feroce (nell’iniziale “Children of the dead” e in “Without you“, nelle tiratissime “Booze, ciggies ‘n drugs” ,”Can’t remember your name” e “Personal WWIII“, nelle fragranze à la Sonics di “Hangin up“, in “One leg and a waterbed” e nel punk ’77 di “You’re so vapid“).

This is rock ‘n’ roll, baby: diretto, senza fronzoli, senza pretese, senza grazia, senza sofismi, senza pompose (iper)produzioni milionarie in prestigiosi studi di registrazione, senza futuro, ma a cazzo duro. Rough, sleazy, raw ‘n’ wild. Sicuri che i Cavemen non faranno prigionieri pure nel tour europeo che toccherà anche l’Italia in una data a Milano (coi Killer Kin di spalla) lasciate che l’autogru della copertina demolisca il “ruooock” da fighetti e la monnezza che passa sulle radio mainstream.

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