Gli Haji mi mandano il loro disco chiedendomi di essere estremamente sincero nel parlarne, la frase esatta è “di’, se lo pensi, che è una cagata pazzesca”.
L’avvertimento ricorda la ormai mitologica frase che proferì Fantozzi al professor Giudobaldo Maria Riccardelli sulla Corazzata Potemkin, e questo fa già guadagnare loro punti stima. D’altro canto il gruppo mi preavvisa che, nonostante sia composto da solo quattro pezzi, non si tratti di un ep poiché le canzoni sono tutte moooolto lunghe. Hey ragazzi avete a che fare con un vecchio punk rocker cresciuto con il ferreo precetto secondo cui un brano deve durare massimo tre minuti e mezzo!
Mi accosto quindi moderatamente titubante a questo Lexotan Sailors ascoltando il primo pezzo Mucho Mojo e, perdiana, si blueseggia subito, un blues strascicato e agonizzante, di quelli che ti immagini veder suonato sul set abbandonato di un vecchio spaghetti western anni ’70: Inginocchiati straniero i cadaveri non fanno ombra! Panorama brullo, senso di abbandono, sabbia e vento sulla pelle. La traccia che lo segue Lexotan Sailors ha un andamento elettrico dolente e, in certi passaggi, può un po’ ricordare i Sonic Youth più asciutti. Young Neil’s Diamond è invece una drammatica ballata che riporta alla mente i Jesus and the Mary Chain depurati dal feedback o, sia per me un complimento enorme, i Gun Club; mentre la finale No Quartierone alza il numero dei giri con un sound più rapido ed ipnotico, una tesa litania salmodiante di pura (sotto)cultura elettrica.
Quindi carissimi Haji il vostro disco non è affatto una cagata pazzesca, vi conosco e so quanto siate bravi e motivati, è anzi pregno di energia e di attitudine, distorsioni in libertà e drammaticità in abbondanza.
D’altronde nel vostro profilo vi definite Haji fuzz Rock e, si sa, in fuzz we trust.
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