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Recensione : JON SPENCER – SICK OF BEING SICK!

JON SPENCER – SICK OF BEING SICK!

Sbucato praticamente fuori dal nulla, senza annunci in pompa magna e con un “battage pubblicitario” degno di una distribuzione con modalità da carboneria (un po’ alla stregua di quanto fatto anche da Jack White col suo “No name album“) arriva a sorpresa un nuovo album dell’iconico frontman-chitarrista garage/blues/trash/punk Jon Spencer, che a inizio mese ha rilasciato, su Bronze Rat records e Shove records, “Sick of being sick!“, suo secondo Lp solista che arriva sei anni dopo “Jon Spencer sings the hits“.

Il disco è stato registrato dal menestrello elettrico del New Hampshire (ma newyorchese di adozione) questa volta senza HITmakers (la sua ultima incarnazione dopo lo scioglimento della Blues Explosion, e coi quali aveva inciso il materiale più recente, il long playing di debutto “Spencer gets it lit“) ma insieme a Kendall Wind (al basso e voce) and Macky Spider Bowman (alla batteria e voce) membri della formazione garage rock/punk newyorchese Bobby Lees (che avevano già collaborato con Spencer, il quale aveva prodotto il loro long playing del 2020, “Skin suit“) per masticare un chewing gum della durata di poco meno di venti minuti che si dipana tra l’assalto ragionato dell’opener “Wrong“, la crampsianaGet away“, il feeling alla JSBX di “Come along” e quello alla HITmakers di “Coulda been” (che sembra essere quasi una outtake di “Spencer gets it lit”) l’abrasiva “Out of place“, il frizzante rockabilly di “Fancy pants” (forse il pezzo migliore del lotto) e le sveltine R’N’R di “Guitar champ” e della conclusiva “Disconnected“.

Jon Spencer non si discute, si ama, però è altrettanto lecito constatare che “Sick of being sick!” è un album che, a parte qualche fiammata, non riesce a decollare del tutto e sembra lasciare un senso di incompiuto, pur non discostandosi molto da quanto proposto da Spencer negli ultimi tempi con gli HITmakers, ma per il nostro resta comunque un buon pretesto per continuare a rimestare la sua estetica freaky nei terreni paludosi del punk blues, fornendo a noi un’altra ottima scusa per tornare a vederlo dal vivo a incendiare i palchi.

 

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