“Caro Signore, penso stavolta abbia toppato. Il nostro disco dei Zeros è infatti una raccolta di brani classici della fine degli anni ’70 scritti da una delle band fondatrici della scena musicale di Los Angeles, attiva dal 1977 all’81. La band che Lei rappresenta, d’altra parte, è un gruppo di esordienti degli ultimi anni, il cui uso del nome è possibile solo grazie alla tolleranza di coloro che portano i diritti di utilizzo originale. Inoltre, il vostro gruppo è ben noto come pousers metal glam senza pretese, la cui musica non assomiglia in alcun modo a quella degli Zeros originali, e la confezione dei rispettivi album lo dimostra. Non esiste pertanto alcuna possibilità che un acquirente qualsiasi venga tratto in inganno. Del resto, se chi si fa legale rappresentante di costoro sbaglia pure a scrivere correttamente il nome della mia etichetta (una delle più grandi e rispettate label indipendenti americane), è evidente come un buon grado di stupidità fra i loro fans sia ben tollerata. Ma in ogni caso non mi importa: il nostro disco ha venduto appena 600 copie, per cui non credo in alcun modo che il tenore di vita dei vostri beniamini di Beverly Hills sia stato intaccato”.
Questa è la lettera che Greg Shaw dell’etichetta “Bump” inoltra all’avvocato Kenneth B. Hertz il quale, nel 1991, lo intimava di ritirare la raccolta appena uscita sugli Zeros, punk band californiana ahinoi sconosciuti non solo all’avvocato in questione ma anche ai suoi “clienti”, band di dubbia fortuna che si è appropriata del nome Zeros.
Proprio quella famigerata, splendida, raccolta, viene riproposta oggi dalla Munster Records così che possiamo (ri)scoprire il materiale di una delle band più sottovalutate del periodo migliore nel punk. A cavallo tra il ’77 e il ’78 si fanno portavoce di un sound energico, feroce, eppur in grado di accompagnare orecchiabili melodie tanto da essere definiti come i Ramones californiani se non addirittura messicani (il leader Javier Escovedo è figlio di emigranti, tutti musicisti).
“Don’t Push Me Around” raccoglie tutti i singoli (anche perché non è mai stato registrato un lp), in grado di passare alla storia tra la nicchia del buon punk. Infatti si trovano oltre la title track, anche Wimp, Wild Weekend, la perla Beat Your Heart Out, il materiale anni ’80 (They say, Girl on the Block e Getting Nowhere Fast) e l’inedito “Left to Right”.
I ragazzi di Chula Vista, che hanno voluto chiamarsi Zeros richiamando una frase di Lester Bangs letta da un componente del gruppo sulla rivista Creem: “Non voglio essere un eroe, voglio solo essere uno zero” rischiano invece di essere annoverati tra gli eroi di quel punk-rock che sta alla base di tutto ciò che oggi viene ancora definito tale.