Episodio 122, rimaniamo in Italia con il moderno e fresco dub reggae dei bresciani Foreign Dubbers, si continua con i vicentini Casa e il particolarissimo progetto sonoro, terminando con i NeroCapra.
FOREIGN DUBBERS
I Foreign Dubbers sono un duo italiano di dub reggae formato da Joe Zampiceni alla batteria e da Gibo Butchers ai computers e ai controlli, e il loro nuovo ep “Soul Rebelòt” esce per la benemerita etichetta francese di musica in levare Culture Dub Records.
I nostri hanno una bella e solida storia alle spalle e un luminoso futuro, il loro dub reggae è molto in stile stile inglese steppa dub e trasmette moltissime buone vibrazioni. Rispetto al dub classico e più profondo la miscela dei Foreign Dubbers è più vicina alla forma canzone tradizionale, e tutte le loro canzoni sono in continua mutazione durante l’ascolto., e il tutto è finalizzato a creare un legame diretto fra musica e ascoltatore, facendolo divertire, pensare e ballare. Il duo bresciano mescola molte cose dal dub allo ska, dal reggae al pop con ottime collaborazioni da veterani della scena come Little R, Edo Axid, Don Gregor, OZ, e Cesco Tbone.
Nelle cinque tracce ci sono tantissime sfumature, un bel suono poderoso e ottimamente prodotto, tanta gioia e tanta voglia di comunicare, e sopratutto un indiscutibile talento per la musica in levare. Dischi come questo era da un po’ che non se ne ascoltavano, una carica ampia come lo spettro musicale del disco, e un tafferuglio dell’anima come dice il titolo lombardo inglese, ed è quanto mai azzeccatissimo. Il disco è ad offerta libera su bandcamp, e può essere l’occasione per esplorare l’ottimo catalogo della Culture Dub Records.
CASA
“Cuore esicasta” per Dischi Obliqui è il nuovo lavoro dei Casa, il dodicesimo in studio per il gruppo vicentino. Il disco è un oggetto sonoro non meglio identificato, un rarissimo caso di musica che eleva lo spirito partendo da molto lontano, senza barriere di genere o di etichetta. Al fondatore del gruppo, Filippo Bordignon, si è unito nel 2023 come membro fisso il polistrumentista Giulio Pastorello, già attivo per Eroma, Nova Sui Prati Notturni, Muleta e nel progetto cantautorale Nel Ventre Dell’Orsa.
Il punto di partenza musicale del lavoro in oggetto, totalmente strumentale, è il blues degli anni venti, rivisitato dal talento del gruppo. Ecco come riassume efficamcemnete Bordignon, il processo creativo alla base del disco : “ Al fine di operare un’ulteriore evoluzione del sottogenere punk’n’loop teorizzato nel precedente album “Nova esperanto”, per “Cuore esicasta” il modus operandi fu il seguente: masterizzammo su supporto cd dei file audio con canzoni dei bluesman Bobby Grant, Eddie Anthony e Lane Hardin, scegliendo quelle più compromesse sotto il profilo sonoro.
Successivamente, le suonammo su un impianto stereo; durante la riproduzione dei brani, battemmo costantemente i pugni sul piano d’appoggio, così da provocare una serie di errori di lettura, e registrammo la risultante, che servì da punto di partenza per l’elaborazione delle composizioni. A guidare le nostre scelte, le parole dei Padri del deserto e dei mistici renani”.
Il risultato è un disco totalmente estraneo a qualsiasi tentativo di imbrigliarlo e forse di capirlo, è un’esperienza sonora immensa che a volte entusiasma, a volte butta giù nell’abisso. Fa sudare, tremare e gioire. La fusione di qualcosa che fu blues con temi e titoli ripresi dal misticismo renano del basso medioevo, movimento importantissimo per la nascita di una chiesa diversa molto più vicina alla gente comune, è una meravigliosa scommessa sonora e non solo vinta su tutti i piani.
Qui non esistono generi, non sono possibili né auspicabili improbabili giri di parole per provare a definire e a chiudere in un barattolo del recensore questo disco che ha una potenza spaventosa, un potere immenso derivato dall’unire la strada, i rumori e la mistica di chi vede oltre e vuole portare tutti nella Gerusalemme celeste.
L’ascoltatore non deve fare altro che mandare affanculo il mondo, il lavoro etc, mettersi le cuffie e farsi accarezzare da venti impetuosi eppure calmi di qualcosa che attraversa la storia umana e che qui si unisce per prenderci a pugni in faccia con dolcezza, frantumando il velo che compone il nostro mondo per mostrarci qualcosa di spirituale e di vero.
NEROCAPRA
“La serpe in seno” è il disco del 2023 che vede il ritorno sonoro degli astigiani Nerocapra, un duo che è è in giro da tanto e che propone un death metal influenzato dal crust e da alcuni squarci di heavy metal, una formula molto personale e ben riuscita.
Il suono del duo piemontese è minimale ma possente, ci sono anche alcuni riffs che riportano ad un certo industrial metal inglese anni novanta e primi duemila. “La serpe in seno” è un lavoro che tratta del dolore che prova l’essere umano, della frattura che vive essendo egli stesso in un certo qual modo un punto di rottura, e da lì straripa il dolore. Le liriche sono in italiano e sono molto incisive, tagliano la pelle come raccontano molto bene nell’ultima traccia strumentale “Lembi di pelle”, uno dei pezzi più notevoli del disco.
A partire dalla grafica del loro loro i Nerocapra riprendono la tradizione metal oscura e tenebrosa che va dal death metal al crust passando per qualcosa che si potrebbe definire primitive metal come fanno loro, e con queste coordinate iniziali sviluppano un discorso musicale molto marcio e tenebroso, dove la redenzione non viene contemplata perché tutto è necessariamente e dolorosamente dukkha, termine buddista che si potrebbe definire sofferenza ma che in realtà possiede un significato molto più profondo e pervasivo.
Questo lavoro è un capolavoro di metal sofferto, vecchia scuola ma anche moderno, molto semplice ma assai complesso come effetti, infatti è un disco che può essere ascoltato molte volte, e ad ogni nuovo ascolto si può sempre cogliere qualcosa di nuovo e di notevole. Dal death vecchia scuola al crust, realismo e testi sempre interessanti per addentrarsi nei meandri segreti del castello dei Nerocapra.