Fabio Battistetti nasce a metà degli anni settanta. Entra da giovanissimo in contatto con la controcultura DIY, e inizia un percorso, favorito dai tempi tutt’altro che ipertecnologici, fatto di cuore prima che di tecnologia. Si muove in un contesto in cui l’urgenza comunicativa spinge alla condivisione delle proprie idee, e delle proprie iniziative, spinti dalla possibilità di realizzare un qualcosa che possa davvero avvicinare le persone tra loro.
Negli anni inizia a manipolare i suoni, attraverso sperimentazioni che lo portano a realizzare diversi album, tra loro collegati dalla necessità di una ridefinizione del rapporto tra uomo e natura. È proprio in questo contesto che si inserisce il suo ultimo album, “Greetings from”, uscito nel Febbraio di quest anno in CD per la britannica Wormhole’s World.
L’album guarda al viaggio, con un approccio mentale che possa fermare il tempo, andando a cristallizzare un’emozione irripetibile, proprio perché legata a quel luogo, e quindi impossibile da “riportare a casa”. Fabio le chiama “cartoline sonore”, e inquadra il disco in una trilogia che raccoglie le sue impressioni di viaggio, unitamente a “Tau Neutrino” (Whormhole’s World Records, 2022) e “Gerbido” (No Thank You Recordings, 2021).
In “Greetings from” c’è tutto il mondo di Fabio. Sia da un punto di vista sonoro, che concettuale. C’è l’idea del DIY, quella del riciclo sonoro, che riprende i suoni ambientali e li processa, ma c’è anche, e soprattutto il tentativo di modulare il suo progetto in un’ottica di interattività che nasce dal rapporto bidirezionale con lo spazio, in particolare con la natura.
Ci piace pensare all’album come a un tentativo (a nostro avviso riuscito) di sperimentare ogni tipo di sonorità che possa realmente abbattere i muri tra i nostri sensi. Un tentativo reso possibile da un approccio multimediale che guardi prima di tutto al lato emotivo, in una simbiosi con lo spazio che occupiamo e che spesso distruggiamo.
“Greetings from” è un album in cui il suono cambia continuamente, come in un infinito timelapse, cercando quella connessione tra uomo e Terra, di cui sentiamo parlare da troppi ma che, in pochi, hanno saputo rendere reale, raccontandola. Un album quindi (giustamente) ambizioso, che, seppur non facilmente fruibile nell’immediato, da parte di chi cerca suoni facili e comodi, rappresenta lo specchio ideale di quell’eterna incomunicabilità che separa l’uomo dal pianeta che lo ospita.
Quello di Fabio è un disco che guarda alla contaminazione, e che cerca di rendere reali e tangibili le sensazioni che lo hanno scosso durante i suoi viaggi, indipendentemente dal fatto di trovarsi nei boschi, nei ghiacciai, in strade urbane trafficate, in periferie silenziose e deserte, in quartieri gentrificati o in luoghi abbandonati. Ne emerge un suono “nuovo”, che cerca di essere rappresentativo, e quindi potenzialmente fastidioso, alieno, disturbante proprio perché reale, vivo. Un suono che è anche, ovviamente, rumore. Perché di rumore sono piene all’eccesso le nostre giornate. Così come il rumore del silenzio, invece, caratterizza gli spazi in cui la natura domina sull’uomo. Spazi che sono purtroppo sempre meno, e sempre meno tutelati.
Tracklist
1. comba des eaus blanches 02:58
2. campo s agnese 05:12
3. pianalto 04:26
4. piano grande di castelluccio 05:00
5. rooslvelt island tramway 02:29
6. vallon lauzanier 02:47
7. south bank low tide 04:30
8. la kalsa 04:04
9. genova casella 03:06