Perché lagggente si rincoglionisce con l’intelligenza artificiale e gli algoritmi del capitalismo digitale che generano cagate che diventano mode “virali” come i “filtri Ghibli” applicati a cazzo di cane su migliaia di foto, invece di tornare ad ascoltare la roba vera e il rock ‘n’ roll furioso e ruspante? Questi, e altri misteri sulla stupidità umana omologata appecoronata, resteranno irrisolti, ma siccome è meglio essere estranei alle masse, ci consoliamo con la parte buona del dilemma summenzionato, e quindi continuiamo ad amare il R’N’R veloce, feroce e senza compromessi, e buoni motivi per farlo ancora ce li forniscono band come i piemontesi 20 Minutes.
I nostri, infatti, a tre anni di distanza dal folgorante esordio “Crawl!” (a cui avevano fatto seguito il singolo “Totally nonsense” e lo split Ep coi punk rockers statunitensi Remote Controls) tornano con il loro secondo urticante album, “Sucks” (e già il titolo è tutto un programma) uscito il mese scorso – e solo in formato vinilico – sulla label underground italiana Venti3 (e distribuita negli States da Green Noise Records) che descrive il disco come “punk rock velocissimo, ai limiti con l’hardcore, fedele al nome che si sono scelti: venti minuti di musica, sia dal vivo che su disco. Non serve aggiungere altro” e, in effetti, è una definizione piuttosto appropriata nell’inquadrare la bruciante proposta sonica dei nostri.
Il trio domese (composto da Giulio “Zillo” al basso e voce, Andy King alla chitarra e produzione dell’Lp, e Alberto Grossetti alla batteria) forte delle sue esperienze barricadere passate, non ha perso un grammo di rabbia e, in meno di venti minuti, ci vomitano addosso dodici brani (dei quali solo uno si spinge oltre la soglia dei tre minuti) brevi e fragorosi, all’insegna del famoso detto: “squadra perdente non si cambia”, e allora giù a violentare gli strumenti miscelando dosi di Mummies, Damned, Ramones, Sonics, Stooges, ZEKE, Reatards, Dils, New Bomb Turks e le compilation Killed By Death, per un cocktail letale da bere tutto d’un fiato, e che va oltre superflue analisi track by track.
“Sucks” è la consapevolezza del “fare schifo” come antidoto in risposta a tutti i fighettini pignoli e precisini che pontificano sulla musica dal vivo: “Eh, ma se un concerto non dura almeno un’ora e mezza, non è un vero live“, ma i 20 Minutes se ne fottono e vi fanno il dito medio, incendiano l’aria per venti minuti e morta lì: se non vi sta bene, siete pregati di andarvene affanculo.