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Recensione : Sidi Tourè – Alafia

Che la musica etnica riesca talvolta a suscitare l'interesse del vorticoso paiolo dell'industria discografica occidentale non è poi una novità. Così può succedere che un pubblico assai poco abituato a queste sonorità, venga incuriosito dalla commistione tra il fascino delle tradizioni e delle suggestioni provenienti dall'Africa, con un approccio musicale cantautorale un pochino più vicino alla nostra musica pop, ma sempre fedele e legato alla tradizione dei canti popolari locali.

Così può accadere che la Thrill Jockey, ben nota per una proposta musicale ben diversa, lanci a livello internazionale un cantautore e musicista (chitarrista, per la precisione) come Sidi Tourè, originario del Mali, emerso con un disco all’anno a partire dal 2011: al debutto “Sahel Folk” ha fatto seguito “Koima”, e oggi con Alafia possiamo parlare di un’identità musicale ormai ben strutturata e consolidata, proveniente dalla tradizione folk della regione del Songhai, nel nord del Mali, con cui il musicista conserva un forte legame.

Ed è proprio di questo legame che ci vuole parlare Sidi Tourè in questa sua terza prova Alafia, raccontandoci della sua terra in quella che risulta essere la sua raccolta più impegnata, incentrata sui contrasti e le contraddizioni del suo paese, una situazione non così lontana da molte altre realtà africane, ma anche sulla speranza e sulla riconciliazione, su un raggio di luce e di buonumore che sovente non manca nell’animo di chi viene da quei luoghi.
Alafia vuol dire pace, una parola semplice ma che raccoglie in sé una grande ricchezza, Alafia è un impegno sociale da parte dell’artista, un auspicio, un appello, un’indicazione e una via, di chi può far sentire di più la propria voce, una voce legata a quella del popolo, esortando al rispetto, alla convivenza e alla conciliazione.
Alafia è un’ode, ad un paese multiculturale e molto amato dall’autore, che vede un periodo di instabilità politica e di difficoltà sorte a seguito di una ribellione Touareg proprio nella sua regione natale. Come spesso accade da quelle parti, al conseguente disordine ha fatto seguito l’ascesa di un gruppo di estremisti, che hanno calato un’ombra cupa sul paese; e così anche sulla zona dove lo stesso Tourè e la sua band si apprestavano alla registrazione di questo disco, che perciò avvenne in Francia, a Nantes, in occasione del primo tour europeo. Dopo la successiva liberazione di molte città del Mali, si è potuto ultimare le registrazioni a Bamako, a seguito del ritorno in patria per il tour “Sahara Soul”, insieme peraltro ai già noti conterranei Tamikrest.

Alafia non avrà la forza del “Nomad” dei Bombino, uscito sempre quest’anno, o dei già citati Tamikrest, la cui musica raccoglie maggiormente influenze della musica blues-rock occidentale, ma per quanto riguarda Tourè, la sua è anche un tipo di musica completamente diverso, che mantiene pur sempre come riferimento forte l’influenza della tradizione folk, reinterpretata in chiave cantautorale e più appetibile per un pubblico più ampio, grazie al buon lavoro della sua band, con qualche influenza blues nello stile chitarristico e una certa sensibilità pop, ma senza recepire poi più di tanto le influenze che possono venire dall’incontro con la musica occidentale.

Un’escursione interessante nella musica etnica e nelle tradizioni culturali e musicali di una piccola parte della grande Africa, un confronto ricco di suggestioni, e nel complesso una buona prova da parte del nostro Sidi Tourè e la sua band. È comprensibile che per un occidentale risulti un po’ più fruibile la musica, ad esempio, dei gruppi già citati, un po’ più vicina al gusto di nostro consumo più frequente, ma questo senza nulla togliere a Tourè e ad Alafia.

Tracklist:
1. Ay H Ra – My Dance
2. Ay Takamba – My Takamba
3. L rsquo eau – The Water
4. Waayey – The Butcher
5. La Paix – Peace
6. Gandyey – The Spirits
7. Annour El Sahel – The Light of Sahel
8. Les M eacute dicaments de la Rue – Street Medicines
9. Mali
10. Ir Wangarey – The Army
11. Boro Ganda – My Land

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