L’horror letterario italiano è più vivo che mai, grazie ad autori che nulla hanno da invidiare ai loro cugini americani; penso a gente come Danilo Arona, Gianfranco Manfredi, Eraldo Baldini, Gianfranco Nerozzi o Claudio Vergnani, giusto per citare i primi che mi vengono in mente.
Da oggi possiamo aggiungere a questa lista anche Andrea G. Colombo (Legnano, 1968), nome ben noto a tutti gli appassionati dell’orrore italiani come uno dei maggiori esperti in materia del nostro Paese.
Con quest’opera prima, Colombo si afferma subito come uno dei più convincenti scrittori del genere, grazie a un romanzo confezionato perfettamente come i migliori thriller anglosassoni.
Per chi non lo sapesse, ricordiamo che il personaggio del Diacono è apparso per la prima volta in una serie di racconti brevi pubblicati sulla rivista “Horror Mania”, curata dallo stesso Andrea G. Colombo, il quale invitava i lettori a continuare le sue storie seguendo la propria fantasia. Quei racconti non hanno però nulla a che fare con il romanzo attuale, per quanto il protagonista sia il medesimo.
Diciamo subito che il Diacono è un horror apocalittico, appartenente al sotto-genere esorcistico; un horror – com’è stato detto – da maschi, duro e puro, lontano anni luci da Twilight e i paranormal romance tanto di moda ultimamente. Il nemico è una misteriosa dea del male e i suoi avversari sono degli esorcisti un po’ sui generis, appartenenti all’Ordine dei Celati, trentatré monaci perennemente coperti dal pesante saio, tra cui capeggia il colossale ed enigmatico Diacono.
Trattasi di un monaco grande e grosso come lo Schwarzenegger dei tempi d’oro e ritrovato nel deserto senza ricordare nulla del suo passato, neppure il nome. Incidentalmente, è il più grande esorcista mai apparso sulla Terra dai tempi di Gesù Cristo e per tale motivo viene reclutato da Padre Valdés nel suo piccolissimo Ordine, sconosciuto ai più e da sempre in lotta contro il Maligno.
Nel frattempo, in tutto il mondo, gli esorcisti cominciano a perire durante i loro riti di esorcismo, tanto da costringere il Papa a vietare il sacramentale stesso per non perdere altri preti ed esporsi ulteriormente alle critiche e ironie del mondo moderno.
Al centro di tutto sembra esserci un’antichissima statuetta africana, raffigurante N’Talha Jeza, la Divoratrice di anime – ossia il demone più terribile che Dio abbia mai combattuto – la quale è stata strappata alla tribù ugandese che la custodiva da millenni. Ciascuno di noi è un varco attraverso cui il Male può irrompere e infettare la realtà. L’Apocalisse sembra ormai imminente e con essa lo scontro finale tra le forze del bene e quelle del male.
Non raccontiamo oltre per non rovinare il divertimento al lettore, che si troverà pagina dopo pagina trascinato in un viaggio sempre più vorticoso e avvincente, in cui scoprirà che “niente accade per caso”.
Un Estratto:
Farnese guardò il cellulare come se si trattasse di un manufatto alieno. Facendo molta attenzione, quasi temesse di ustionarsi, lo avvicinò all’ orecchio.
-Pronto?- -Chi sei?-, chiese di nuovo la voce.
Un brivido serpeggiò sulla schiena del cardinale. Farnese sentì all’improvviso diffondersi nell’aria un intenso profumo di viole. Non erano mai state piantate viole nei giardini vaticani. Mai.
Infilò la mano sotto la tonaca e impugnò il crocefisso di metallo dell’Ordine. Sentì la pelle delle braccia accapponarsi.
-Voglio parlare con il vescovo-, disse bruscamente nel microfono.
Era un ordine, non una richiesta.
-Non puoi-, rispose lo sconosciuto. -Dimmi chi sei, coraggio…-, insisté.
L’aria si fece più fredda.
Farnese capì che a Barcellona era successo qualcosa di brutto. Parecchio brutto. Sentì la schiena bagnarsi di sudore.
-Fammi parlare col Vescovo. Subito. Te lo ordino in nome del Padre, del Figlio e dello…-
La risata che seguì fu fragorosa.
-Tu non puoi parlare con nessuno, prete, perché sono morti-, la voce si fece via via più roca e bassa, sino a
diventare quasi un ruggito. -Sono tutti morti!-