Avete presente quella sensazione di turbamento/compiacimento/euforia/ma che cazz?? che ti capita quando vedi per la prima volta lo spezzone di “The Mask” dove il verde-giallo Jim Carrey si diletta in una “sexy danza incantatrice di poliziotti” facendosi chiamare Cuban Pete?
“Uh ciciribù, ciciribù, ciciribù”
Ecco, la sensazione che ho provato ascoltando i “Da hand in the middle” ieri pomeriggio al Concerto del Primo Maggio di Perugia è stata proprio questa. Sorprendente, stupenda, autentica meraviglia ironica.
Nativi di Montecchio, vicino Perugia, questi giovini musicisti si distinguono non solo per la particolarità del genere e l’abilità strumentale, ma anche per il loro look ( un misto tra i messicani dell’Estaté, Michael Jordan in “Space jam”, il tipo sfigato di “Juno” e “Gatto nero gatto bianco” di Kusturica). Decisamente istrionici sul palco e dotati di una sconvolgente abilità nello sculettare, mescolano il Jungle blues all’ americana, con il canto popolare umbro, gran parte di quei favolosi generi che terminano con il suffisso “illy” e il punk della vecchia scuola.
Con tutte le ragioni sono tra i favoriti all’Italia Wave di quest’anno ma più che soffermarmi sui generi musicali vorrei concentrarmi sulle associazioni filmiche che mi hanno così piacevolmente provocato. Ovviamente vi chiederete perché mai dovrei parlarvi di film in una recensione musicale, la spiegazione sta nel fatto che qui non si parla di gruppo che suona e basta, i “Da hand in the Middle” sono un enorme contenitore multi sensoriale.
In ordine di apparizione nella mia testa malandata:
Metà della filmografia dei Coen (in particolare “Fratello dove sei”)
“C’era una volta il Messico” di Rodriguez
I 5 madrigalisti moderni di “Amici Miei”
L’indescrivibile Eugene Hutz di “Ogni cosa è Illuminata”
Mio nonno quando lavora nel suo orto bestemmiando in turco (non è un film ma è una scena bellissima lo stesso)
Tra i pezzi che ho più apprezzato sicuramente “Take another poor gun” (non nego che l’ambiguità del suono del titolo ha fatto la sua parte), “Joe flies to el Limon”, lucido squarcio sul turismo sessuale e la spumeggiante “Where is my ****ing mule?” ( interrogativo che colpisce quotidianamente ogni singolo uomo sulla faccia della Terra). Da non dimenticare la particolarità della batteria. Oltre ai tamburi più classici, troviamo anche delle taniche e un dolcissimo stendino corredato di piatto (che solo l’Olimpo sa quando possa suonar bene). Non un batterista ma ben due, i pittoreschi fratelli Bumba. A questo punto è d’obbligo citare anche il resto della ciurma:
Pear Golden Boy Lafayette, Sentimiento Lopez Garcia Mundi, Francis “Baby face” Chisky, Jackie Komodo Dragon.
Insomma, sono entusiasta e lieta di aver comprato “Shiver, animals, sensation” (con annessa copertina tamarrissima hand made) dal loro strillone personale e vi invito a tener d’occhio questi giovani serbo/umbri/messicani perché son certa che andranno alla grande.