Finalmente viene alla luce la seconda opera di Francesco Rago, Dolce come il piombo, bel romanzo di formazione che racconta una vicenda dolce come l’amicizia ma anche amara e violenta come il periodo in cui è ambientata.
Siamo negli anni settanta, in quella zona grigia appena fuori Bologna, non più periferia e non ancora campagna, in cui vivono tre ragazzini con il loro soprannome che funge da marchio di fabbrica per una vita intera. Fuoco, Lepre e Saetta, nomignoli frutto della sagacia popolare legati a episodi dell’infanzia che si perdono nella notte dei tempi. Si sa che nei paesi si nasce e si diventa grandi in simbiosi e che i legami hanno radici più profonde che da altre parti. L’ amicizia è qualcosa che va oltre l’affetto e il semplice frequentarsi, è un nodo stretto che crea un rapporto indissolubile e proprio da questo prende le mosse la storia.
Accanto ai tre giovani, prima adolescenti e poi uomini, l’autore inserisce svariate figure che fungono da corollario alla vicenda e che già da sole valgono la lettura del libro; il macellaio Tritacarne, ex tombeaur de femmes sempre prodigo di consigli per le giovani leve alle prese con il gentil sesso, il preside dell’istituto nascosto dietro la sua parvenza di rigore e austerità e la bella insegnante Silvia che cederà le sue grazie all’audacia di Lepre. L’aspetto più interessante sta nell’umanità con cui vengono descritti questi personaggi che ce li rende sicuramente simpatici ma soprattutto veri e autentici a tal punto che non si considerano solo pedine funzionali alla struttura del racconto ma veri e propri punti di riferimento che vivono di luce propria. Tutti con i conflitti e i paradossi tipici delle persone comuni agiscono e si comportano in maniera coerente con la propria natura e quando i fatti passano ad altro ci piace pensare che la loro vicenda vada avanti indipendentemente da tutto come se fossero persone reali.
Il libro si legge bene e velocemente e nonostante gli avvenimenti si dividano per seguire i tre protagonisti l’intreccio rimane sempre chiaro e limpido e non bisogna sforzarsi per cercare di tenere unite le fila del discorso. Questo romanzo non è solo una lucida riflessione sul passare degli anni (l’arco temporale va dagli anni settanta ai novanta), ma è soprattutto la storia brillante di tre amici spregiudicati ma anche appassionati che cercano di uscire dal loro guscio con rabbia e disperazione. Dopo La porta del mare, edito da Zerounoundici nel 2009 e svariati racconti, Rago si ripresenta prepotentemente con una prova pregevole e matura che lo pone a tutti gli effetti nell’olimpo dei giovani narratori emergenti. Vista la giovane età e gli evidenti progressi dell’ultimo lavoro non ci resta che aspettarne il prossimo romanzo.
Francesco Rago. Dolce come il piombo.
Montag edizioni.
Settembre 2011.
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