Grimes nasce nel 2006 quando Claire Boucher, canadese di Vancouver, decide di trasferirsi a Montreal, dove trova presto la giusta ispirazione nella scena underground della città, tanto da pubblicare ben tre EP in due anni.
“Visions” però, stanto alle parole della stessa artista, sarebbe il primo vero esordio, la cui uscita è stata posticipata di un mesetto rispetto alle intenzioni iniziali da un tardivo quanto fortunato contratto arrivato da niente meno che la 4AD.
In rete è già dal finire dell’anno appena passato che gli entusiasmi si sono infiammati e l’esordio tanto sospirato arriva anticipato da una copertina che sembra voler riassumere gli stilemi principali del disco: da un lato il teschio e la grafica dark rimandano al contrasto forte tra il tono di voce cristallino della Boucher e un sottofondo elettronico potente, quasi aggressivo; dall’altro la decorazione barocca e orientaleggiante annuncia atmosfere cosmiche ed esotiche, che difficilmente rinunciano allo sperimentalismo per adattarsi a sonorità più accessibili ed orecchiabili.
I singoli, nel senso stretto del termine di “traccia estremamente orecchiabile che fa presa fin dal primo ascolto”, sono ridotti all’osso: essenzialmente la doppietta “Genesis”, killer track dalla forza straordinaria in cui ad un inizio etereo e vocalizzi celestiali si contrappone un sottofondo di pura energia elettronica senza nessun filtro pop, e “Oblivion”, già meno immediata e dalle atmosfere meno marcate ma comunque piacevoli, a cui si potrebbe aggiungere “Be A Body (侘寂)”, forte del sottofondo graffiato e i vocalizzi in falsetto. Nel resto della scaletta le sonorità si fanno più intricate e meno accessibili, mantendo sempre però una coerenza e una solidità di fondo che rende del tutto assenti eventuali momenti esagerati o poco riusciti: è un continuo alternarsi di atmosfere orientaleggianti (“Colour of Moonlight”, “Visiting a Statue”) e cosmiche (“Circumambient”), che si fondono a volte con un retrogusto bionico post-apocalittico (“Eight”) e vanno spesso a calpestare i piedi a qualche remininescenza anni ’80 (“Symphonia IX (my wait is u)”, “Vowels = space and time”).
Il maggiore pregio e difetto del disco sembrano coincidere: la scarsità di singoli. Se questo è compensato da una robustezza della struttura generale che sorprende piacevolmente rispetto alla trascuratezza che a volte si trova in questo tipo di esordi, sembra però mancare di quei due pezzi orecchiabili in più che in definitiva favoriscono il reale attaccamento ad un disco e la sua longevità all’interno dei vari lettori musicali e playlist. Difetto ad ogni modo trascurabile visto che, nel complesso, l’ultimo tentativo della Boucher sembra finalmente pienamente riuscito.
01 Infinite Without Fulfillment (intro)
02 Genesis
03 Oblivion
04 Eight
05 Circumambient
06 Vowels = space and time
07 Visiting Statue
08 Be A Body
09 Colour of Moonlight (Antiochus)
10 Symphonia IX (my wait is u)
11 Nightmusic
12 Skin
13 know the way (outro)
Voto: 8-