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Report Festival Beat 2012

Report Festival Beat 2012: Festival Beat?Mi trovo bene come nel salotto di casa mia,a tratti,anche meglio. Come ogni anno,all'approssimarsi,del fes...

Report Festival Beat 2012

Festival Beat?Mi trovo bene come nel salotto di casa mia,a tratti,anche meglio. Come ogni anno,all’approssimarsi,del festival beat dei forzati del lavoro come noi devono porsi l’annosa questione di quale serata scegliere per recarsi in quel di Salsomaggiore.

Quest’anno,come d’altronde sempre accade,la scelta é stata particolarmente travagliata, il cartellone prevedeva infatti due veri e propri miti del power-pop quali Paul Collins e i Barracudas divisi in due diverse serate. Alla fine la scelta é ricaduta sul venerdì ma,se mi si permette l’excursus,consiglierei vivamente a chi ne avesse la possibilità di godersi il festival nella sua interezza dire che ne vale la pena e come affermare che Nicole Minetti é veramente buona,una semplice formalità insomma.
Dalla ridente cittadina di Varazze quindi parte per la più agognata delle trasferte la consueta macchinata che in questa occasione é composta dallo scrivente,dal boss della fanzine Simone,dall’indiscusso re del rock’n’roll Alabarda (sempre presente) e da due new entries appena maggiorenni Marco e Jacopo.

Report Festival Beat 2012

Cosa spinga due giovani virgulti come loro a rinunciare ad una folle notte rivierasca per una serata al festival è arduo da comprendere:sono stati traviati da astuti approfittatori ultra quarantenni come noi? Sono completamenti folli? Sono semplicemente due reietti con una borsa frigo colma di Moretti da 66? Ai posteri l’ardua sentenza.
Il viaggio scorre via senza problemi e in poco più di due ore la meta è raggiunta,tempo di parcheggiare la macchina che dietro di noi si staglia l’imponente figura di quel folle elvetico del reverendo Beat Man accompagnata dalla giunonica moglie e dal biondissimo figlio che da subito ci impone i suoi dribbling palla al piede auto proclamandosi erede di Cristiano Ronaldo,come si fa presto a sentirsi a casa appena si è arrivati a Salsomaggiore.
La prima cosa da fare per dei viandanti come noi è quello di sederci a mangiare e bere a sazietà,pratica alla quale certamente non ci sottraiamo; nel frattempo ai tavoli ci raggiunge l’oste Alessio con la sua compagna Chiara,erano partiti il giorno prima per raggiungere in quel di Bologna i Nabat con i qual il nostro amico rockstar suona la batteria. Precedendoci si sono pure gustati il gig pomeridiano dei Twistaroos,ascoltiamo il loro entusiastico racconto del concerto in paese non senza un filo d’invidia;la compagine varazzina al festival è di fatto completa,sette unità per un paesino che conta non più di 10000 abitanti non sono poi male non trovate?

Assimilata la cena è d’obbligo il solito accuratissimo giro fra i banchetti di dischi e non solo,vero e proprio fiore all’occhiello dell’evento; si salutano i ragazzi di Area Pirata (hanno appena ristampato l’intera discografia dei Liars sulla quale mi fiondo senza indugio) si conosce il tipo della Boss Hoss records che un sacco di leccornie viniliche è solito inviare a In your eyes ed in generale si incontra un sacco di gente con una sacco di affinità con noi,insomma correndo il rischio di ripetarmi,ci si sente davvero a nostro agio.
Un solo rammarico mi resta dopo aver mirato e rimirato tutto il ben di dio sposto,quello di non avere con me almeno 500 euro da spendere,devo fare scelte davvero ardue e compiere sanguinose rinunce ma il mio tesoretto di cose da ascoltare finisce nel cofano della macchina ed io mi sento come un bambino la mattina di natale,non completamente appagato,ma comunque moderatamente felice.
Ma è arrivata l’ora della musica che si apre con il primo dei mini siparietti di Reverend Beat Man,il suo approccio folle da one man band senza macchia e senza paura è sempre un piacere per occhi,orecchie e cuore e quando si fa accompagnare dalle urla del figlio e dalla danza della figlia non si sa il caso di denunciarlo al telefono azzurro o di godere di tale improbabile spettacolo,ovviamente si finisce per il propendere per la seconda ipotesi.
Poco più di una ventina di minuti di trash blues in salsa elvetica ed è la volta di Paul Collins e qui devo aprire una sentitissima parentesi.

Provo una vera e propria venerazione per the king of power-pop,non avevo mai avuto la fortuna di vederlo dal vivo,nonostante abbia consumato di ascolti i suoi album,motivo per il quale le mie attese per la sua esibizione erano a dir poco altissime.
Decido di seguire il suo concerto leggermente scostato dai miei compagni l’ avventura,troppo è il timore di emozionarmi al cospetto di inni per me immortali come quelli usciti dalla penna di questo vero e proprio genio.
Come dicevo le mie attese erano altissime ma nonostante ciò verranno ampiamente ripagate da uno show che è persino riduttivo definire perfetto, i vecchi cavalli di battaglia si alternano ai pezzi più recenti creando un’atmosfera che rasenta il sublime,non c’è proprio niente da aggiungere,uno come Paul possiede quell’innata capacità di rendere una canzone potente e perfettamente melodica senza mai,e dico proprio MAI,risultare banale
o scontato,al mondo di tipi come lui se ne contano davvero pochi.

Terminato il concerto mi avvicino al banchetto per acquistare una maglietta con il suo logo da sfoggiare per il mondo con malcelato orgoglio ed ho persino l’opportunità di conoscerlo scambiando con lui quattro chiacchere nel mio inglese tanto rovinoso da far apparire titanico quello di Alberto Sordi in “Un americano a Roma”;lui,viste i miei innegabili limiti si mostra gentilissimo,mi chiede se sono suo amico su facebook e mi dice di farmi sentire non prima di avermi chiesto il mio nome e di avermi detto che il suo è Paul! Un grande!

Troppe volte si ha il timore che un artista che appezzi in modo spasmodico possa rivelarsi una persona antipatica o scontrosa rovinandoti un po’ quell’alone di miticità che,volente o nolente,gli hai creato intorno e quanto questo non accade ti resta quel sapore di gioia in bocca e quel sorriso ebete sul viso che ho io quando mi accomiato da lui,chi vive di queste cose avrà sicuramente capito di cosa sto parlando.
Mi sdraio sull’erba e mi godo il secondo impagabile spezzone del reverendo in attesa del live dei Sorrows,intorno a me vedo sfoggiare magliette della Crypt records o dei Chesterfield Kings,l’ho già detto che qui mi sento a casa? Si? Scusate ma è proprio così!
Ma eccoli sul palco gli eroi del Cantagiro del ’66 e del ’67,la loro sarà un’esibizione davvero encomiabile nella quale alterneranno pezzi autografi a un buon numero di covers (Johnny b goode,Hoochie coochie man…) senza ovviamente rinunciare alla riproposizione di intramontabili hits quali “Take a Heart” e “No,no,no,no”.

Per quanto mi riguarda,sarà che ho ancora negli occhi la performance di Paul ollins,sarà che l’indomani la mia sveglia suonerà alle 5,45 esattamente come ha fatto oggi,trovo la loro esibizione buona ma nulla più,l’età si fa sentire anche per delle leggende come loro e,nonostante appaiano vogliosi e divertiti nel calcare per l’ennesima volta un palco,non è che mi entusiasmino come hanno fatto altri sulla lignee assi del festival beat. Mi godo comunque il tutto e sono felice che propongano anche dei bis,si vede che si tratta di persone genuine e sentirli suonare e comunque una gioia.
La serata si chiude con il terzo approdo sul palco del mai abbastanza citato ed elogiato reverendo,che iddio ti conservi così per altri 200 anni!
E’ giunto il momento di tornare a casa,affido le chiavi dell’auto al Alabarda mio driver di fiducia per il viaggio di ritorno e con la solita carica di good vibrations ci si mette in viaggio in attesa del prossimo festival ringraziando chi da vent’anni a questa parte organizza,o ha organizzato, il migliore evento italiano al quale ho avuto la fortuna di partecipare.

P.S. : Una sola piccola,e volendo insignificante,domanda a chi si sobbarca l’onere di organizzare il tutto:è proprio necessaria la presenza di una decina di energumeni pompati di anabolizzanti e dotati di tatuaggi incredibilmente zarri che ti squadrano all’ingresso e che stanno inutilmente a presidiare il palco?
In tale idilliaco contesto ci stanno come i cavoli a merenda,se sono necessari per legge nessuna obbiezione ma se non lo fossero propongo, molto umilmente,di farne a meno,con quello che devono costare ci si potrebbe far suonare un’ulteriore band.

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