di Antonio Matteo Ghione
Nella notte successiva la scomparsa di Russel, Kyle non riusciva a chiudere occhio. La tensione per il pensiero degli amici scomparsi era troppo grande per rilassarsi e trovare il sonno.
Si affacciò allora alla finestra che dava sul fiume che, dalla collina di Zabéth, portava ai laghi in fondo alla valle. Teneva gli occhi chiusi cercando di ascoltare il rumore dell’acqua scrosciante sulle rocce, ormai levigate dal tempo. La luna non era alta in cielo, solo le stelle abitavano quell’immensa coltre di oscurità e, in lontananza, il bosco emanava rumori di venti filtrati da rami e foglie mai sazi di vita.
Ascoltava i suoni del silenzio in totale assenza di sé, sino al momento in cui una voce iniziò a chiamarlo. Le palpebre si aprirono all’improvviso ma la vista non tornò, le labbra si seccarono, ebbe l’istinto di catapultarsi giù dal balcone. Alzò la gamba destra per scavalcare ma la mano, appoggiata all’esterno, scivolò sulla brina della notte. Ricadde a terra nella stanza, il boato fece correre al piano superiore la madre. Lo raccolse.
-Kyle, svegliati. Kyle rispondi cosa è successo?-. Il ragazzo non dava segni di vita e dalla finestra entrò un vento gelido da paralizzare anche i pensieri.
-Mamma- sussurrò il ragazzo
-cosa è successo?- la madre lo guardò sollevata ma negli occhi le si poteva leggere il terrore.
Il mattino seguente Kyle scese al piano terreno dove lo stava aspettando un’abbondante colazione. Preoccupato per l’accaduto chiese
-Mamma cosa è successo questa notte? Tu lo sai vero?-.
Lei non si voltò lasciando lo sguardo fisso sulle stoviglie ancora sporche, ma si poteva capire ugualmente la sua sofferenza.
Kyle, un ragazzo solitamente razionale, capendo che mai avrebbe ricevuto una risposta, terminò la colazione in fretta per recarsi al ritrovo in piazza.
Gli anziani erano di nuovo lì, discutevano, mormoravano, alzavano le mani al cielo ed evitavano ogni contatto con i ragazzi.
-Kyle qui c’è qualcosa che non va. La scorsa notte qualcosa mi voleva spingere a gettarmi dal balcone ma per mia fortuna non è riuscita nell’intento- disse Gregor al resto del gruppo.
-È successa la stessa cosa anche a me-replicarono insieme Iris e Kyle.
-Sono i racconti di Zabéth, sta accadendo la stessa cosa anche a noi?- -Non diciamo stupidaggini, questa notte non è sparito nessu…-
-Ragazzi, Ragazzi- interruppe arrivando di corsa Edward
-Questa notte sono spariti David e Brigitte, me lo ha detto mia madre. Dice di aver visto piangere la loro e così…-
-Così ora non sono solo gli orfani ad essere rapiti. Ci siamo dentro tutti- disse con aria preoccupata Kyle.
In quel momento gli anziani si allontanarono dalla piazza, nascosti, come sempre, dai loro cappucci.
-Vedete? Lo vedete come si comportano?- domandò Kyle -tutto questo è assurdo. Continuano a sparire persone e nessuno fa nulla. È ora di andare da Madame Zábeth-
Al suono di quelle ultime parole i giovani sbiancarono dal terrore. Il solo pensiero di recarsi presso quella villa, da dove nessuno mai era tornato, faceva tremare ogni particella dei loro corpi.
Tornato a casa Kyle prese di petto il suo unico genitore rimasto
-Tu sai e non parli, io non so e devo capire quale sarà la mia sorte. Ho deciso di agire come meglio credo, non provare a fermarmi, lo so che sai già tutto-
-Io conosco tutto perché è il ruolo alla quale sono destinata. Sono la maga del paese e custodisco il passato, il presente e il futuro di tutti noi. Va’ se devi non sarò io a fermarti-
Le lacrime scesero copiose dal suo volto ma la consapevolezza di non potersi frapporre era tanta da non voler interferire.