I Kingfisher, gruppo di Busto Arsizio composto da quattro elementi, ma con la perla dell’avere due bassi in formazione, ci presentano questo prima pagina musicale in maniera molto chiara: un EP dall’anima sporca e vera, ma pronta ad imborghesirsi quando bisogna arrivare al punto.
Il lavoro si apre con Religions, una traccia dalle basi forti e complete che nprovoca la sensazione, direttamente dalla gola al microfono, di percorrere chilometri avendo, nei momenti di pausa, l’idea rimanere in balia di essa; una decisa chiarificazione della direzione da intraprendere si trova nella seconda traccia, Defection, nella quale si nasconde quasi una complicità intima e omicida, tra la voce che grida ed il sudore che fuoriesce, al solo pensare di poter suonare in questo modo, per poi ritrovarsi asciutti nel rendersi conto che quello che si sta ascoltando e così ricco e, soprattutto, vero.
Con Paradoxical Undressing è difficile trovare delle parole adatte, l’unica che viene in mente è quella dell’inseguimento e subito dopo del nascondersi, come se la canzone vivesse veloce nel momento in cui la voce entra in gioco, e la musica, al contrario, si riposasse fino alla sua trasformazione anch’essa da preda in cacciatore; mentre l’amaro in bocca viene lasciato da Methodical Man, non perché il brano non sia all’altezza, ma proprio per la consapevolezza che questa è l’ultima traccia di un EP con il quale i Kingfisher ci confermano che la buona musica esiste e continuerà a bombardare i palchi anche grazie al loro contributo di band preparatissima, che ricorda molto i Millencolin nei momenti migliori ed i nuovi Enter Shikari.
God save the heavy stuff!
Tracklist:
1- Religions
2- Defection
3- Paradoxical undressing
4- Methodical man
Line-up:
Davide – bass and distortions
Alessandro – Bass
Renato – vocals
Andrea – drums