I lombardi Furor Gallico sono, senza ombra di dubbio, la più conosciuta tra le band folk metal della nostra penisola, in quanto autori di un debutto sfolgorante che ha permesso loro di oltrepassare i confini e attraversando foreste, montagne e pianure, portare la propria musica all’estero con ottimi risultati.
Ovvio che, dopo il successo dell’album omonimo e la partecipazione ai grandi festival, l’aspettativa per il secondo lavoro era alta, sia per gli addetti ai lavori che per i fan, ormai sparsi in tutta Europa.
Aiutati da una manciata di ospiti, tra cui Simon Papa, singer dei bravissimi Mater Dea, Federico Paulovich alle pelli (Destrage) e Luca Veroli dei Diabula Rasa alla cornamusa, la band licenzia il degno successore del famoso debutto, sia per la bellezza intrinseca, sia per qualche novità apportata al sound.
Ancora protagoniste sono le ottime vocals di Pagan, alle prese con la lingua madre e l’inglese, e sempre notevole si rivela il songwriting, basato su un folk metal d’assalto, irrobustito dalla metallica sezione ritmica e reso “fantasy” ed atmosferico dagli strumenti popolari, base e struttura del sound gallico.
Dall’iniziale title track, proseguendo per la stupenda Nemain’s Breath, il disco offre folk metal di qualità superiore, guerresco, epico: quasi fosse una lunga fuga tra i boschi, infestati da folletti e briganti, gli strumenti elettrici accompagnano cornamuse, violini e altre diavolerie per un tuffo nel passato (o se preferite in un altro mondo) dove il sangue è poesia e la vera padrona di tutto è madre natura, esaltata da questa danza pagana.
Si arriva così a Diluvio, e il cantato in italiano dai toni alternative e la ritmica da ballad metal, solo sfiorata da inserti folk, lascia spazio ad un solos classico molto ottantiano, bissato dalle linee di basso di Squass: un’ottima canzone che mi ha ricordato non poco i finlandesi Korpiklaani, intrippati però con sonorità jazz.
Le ultime tre tracce Stream Over The Mountain, To The End ed Eremita tornano su linee più tradizionali, anche se la prima non manca di enfatizzare ritmiche più hard rock oriented, con tratti piuttosto moderni per gli standard di un gruppo del genere, dando l’ultima spallata a chi pensava di avere a che fare con un gruppo “qualunque”.
I Furor Gallico, oltre a confermarsi gruppo sopra le righe, dimostrano una genialità e un coraggio di sperimentare fuori dal comune: Songs From The Earth farà parlare molto, spero sempre in modo lusinghiero, vista l’alta qualità del prodotto ed essendo, a suo modo, un album che può far scuola nel movimento folk metal.
Tracklist:
1. The Song of the Earth
2. Nemàin’s Breath
3. Wild Jig of Beltain
4. La Notte dei Cento Fuochi
5. Diluvio
6. Squass
7. Steam over the Mountain
8. To the End
9. Eremita
Line-up:
Davide – Growl, Scream and Clean Vocals
Luca – Guitar and Backing Vocals
Mattia – Guitar
Marco – Bass
Mirko – Drum
Paolo – Tin Whistles, Bouzouki & Bagpipes
Becky – Celtic Harp
Riccardo – Violin