Siamo alla fine del medioevo, Francois Villon è un poeta, un brigante, un malfattore, finito in carcere per l’ennesima bravata. Un giorno riceve in cella la visita dell’arcivescovo di Parigi che necessita del suo aiuto per indebolire, a favore di re Luigi XI, il potere della chiesa in Francia.
Solo lui è in grado di capire l’estrema delicatezza e l’incredibile potere dei libri e dei loro contenuti, soprattutto in quei testi che il Vaticano, per tanti anni, ha impedito di divulgare. Ma l’invenzione della stampa e i primi tipografi possono velocizzare questo processo e sovvertire gli ordini finora costituiti.
In compagnia del vecchio Colin De Cayeux, brigante come lui e fedelissimo amico, inizia quindi un viaggio che lo porterà fino in Terra Santa, nei monasteri, nella Gerusalemme segreta e sotterranea, alla ricerca dei testi da riportare in terra natia. Qui conoscerà rabbini, mamelucchi emissari della famiglia De Medici, e una donna, Aisha, la quale lo aiuterà in un’altra ricerca, quella interiore.
L’elemento curioso è che Francois Villon è un personaggio storico, esistito realmente, e questa è una storia fantastica che ne racconta una possibile sorte.
“I cacciatori di libri” è un thriller medievale dalla trama avvincente, dai parecchi colpi di scena, che rievoca il più celebre e famoso “Il nome della rosa”. Dopo aver lavorato nei servizi segreti israeliani, Raphael Jerusalmy ora vende libri antichi e riesce dunque, con estrema dovizia di particolari, a trasmettere il fascino della parola, degli scritti, della cultura, fino a svelare pagina dopo pagina il vero protagonista di questo racconto: il libro.
Tuttavia, dare un giudizio a questo secondo libro dell’autore israeliano non è semplice, perché i cambi di scena nella narrazione a volte risultano troppo netti e talvolta disorientano il lettore. La scelta di raccontare la storia al presente e utilizzare periodi molto corti rende la lettura molto frammentata, quasi telegrafica.
Alla fine sono pochi i momenti in cui il libro toglie il respiro, sono poche le pagine in cui si deve prendere fiato per leggerle tutte fino in fondo: più di un mese per terminare un libro che avrebbe potuto essere divorato in qualche giorno, rimandando sempre la lettura a favore di qualcos’altro. In definitiva “I cacciatori di libri” non appassiona.