Quattro giorni. Novantasei ore. Il tempo scivola inesorabile, lento o veloce, non ha importanza. Sono solo quattro giorni. E Charlene morirà.
Si allena: pugilato, lezioni di tiro, quindici chilometri di corsa. Aspetta il suo assassino con un coltello serrato fra i denti. Ma da dove potrebbe arrivare? Busserà alla sua porta, la prenderà per strada o quando esce dal lavoro? Jackie e Randi sono state uccise la sera, verso le otto, al sicuro fra le mura domestiche. Sotto le unghie nessun residuo, nessun segno di difesa. Solo dei lividi violacei attorno al collo e gli occhi chiusi.
Jackie e Randi erano le migliori amiche di Charlene. Sono morte tutte e due il 21 gennaio, a un anno di distanza l’una dall’altra. Erano loro, le tre amigas. Adesso sono passati trecentosessantun giorni dall’ultimo omicidio. Quindi tocca a te, Charlene Rosalind Carter Grant.
Coraggio, tutti devono morire prima o poi.
Forse può farsi aiutare, ma da chi? A Boston non saprebbe dove andare e poi nessuno potrebbe fare nulla. Però magari, se la conoscesse, la polizia indagherebbe meglio sulla sua morte dopo, se solo riuscisse a creare un legame…
La notte lavora, centralinista al pronto intervento, la mattina dorme. O dormirebbe, se non fosse che i sogni sfumano nel ricordo. C’è un’infanzia segreta, così terribile da essere stata cancellata. Autodifesa. Ma un bebè che piange in fondo al corridoio è nascosto nel sonno della memoria. È la scia che conduce in un posto dove Charlene forse non è pronta ad andare. La mia bimba bella, tutta zucchero e cannella, canta la mamma, mentre mescola… cosa mescola? Burro di arachidi e vetri rotti? Il tempo sta per scadere, e Charlie inizia ad affogare nel mare di un passato che sperava non dovesse tornare mai più.
Il sergente D.D. Warren è rientrata da poco in servizio. Ha quarant’anni e ora, la notte, non la tengono sveglia indagini e appostamenti, ma un frugoletto di pochi chili, un bimbo inaspettato, che sta stremando lei e il suo compagno Alex. Ma è tosta, o meglio, lo è sempre stata. Sopravvivrà a pappa vomito e colichette. O no?
Fuori dal luogo di un delitto si accorge di essere osservata. Charlie, felpone nero e capelli strizzati in una coda di cavallo, la guarda dall’altra parte della strada. D.D. non la conosce, ma di certo le sembra sospetta. Parte in quarta per fermarla, capendo almeno una cosa: non bisognerebbe mai correre tanto presto dopo aver partorito, è così inquietante sentire quegli oggetti estranei saltellare nell’addome. E adesso le tocca anche ascoltare questa storia assurda di omicidio programmato, con la data di scadenza tra appena quattro giorni e chissà se la ragazza dice la verità.
Non ha tempo da perdere.
Anche perché un giustiziere sta decimando pedofili e il sergente Warren è incaricata del caso. È già la seconda vittima con precedenti di molestie su minori uccisa in casa a sangue freddo. È chiaro che c’è uno schema. Ma come al solito (anche Charlie lo sa bene), due crimini non fanno un serial killer, quindi c’è da lavorare di più, più in fretta e con più discrezione. Sarà per questo che nella sua squadra D.D. decide di accettare l’arrogante presenza dell’agente O. Esperta di crimini sessuali, se ne va in giro con belle curve e maglioni attillati, facendo fremere i colleghi uomini che tiene tutti a distanza.
Poi c’è il piccolo Jesse. Ha sette anni e fa tutto quello che gli dice la mamma. Ha una passione sfrenata per il baseball e un debole per internet. Ma va solo su siti protetti. Non c’è niente di male a passare il tempo su AthleteAnimalz, è sicuro, controllato. Si fa tanti amici. Uno di questi, che poi sembra essere una bambina, vuole anche insegnargli tutti i trucchi del gioco. Vorrebbe che si vedessero in biblioteca. No, non c’è niente di male.
E chi è Abigail, che si intrufola nella storia, ci parla, si presenta e fugge via?
Quando Lisa Gardner fa trovare una porta al lettore, questa si apre su altre due, e poi su quattro, confondendolo, intrigandolo, spingendolo sadicamente alla ricerca di una traccia.
Le pagine bruciano man mano che si va avanti sempre più in fretta. I tentativi di identificare il colpevole, o meglio, i colpevoli, si infittiscono, i sospetti si accumulano e si accavallano, ma non è affatto semplice come sembra. C’è sempre un indizio nascosto nel paragrafo seguente e l’autrice, crudele, riesce a rimescolare il mazzo, facendo crollare ogni convinzione. Bisogna ripartire da zero.
Il coinvolgimento accelera e una sottile angoscia si ingrassa progressivamente per esplodere sul finale, un colpo di vento che fa sbattere la finestra. Leggendo certi brani si vorrebbe fare come davanti a un (buon) film horror: chiudere gli occhi e passare alla scena successiva. È proprio in questi momenti che la penna della newyorkese rivela il suo miglior talento.
Prendimi è un thriller tutto al femminile che non delude. Ma lascia una voglia insoddisfatta alla fine, una pulsione bulimica che può essere saziata solo leggendo ancora e ancora la Gardner. E l’offerta è ampia.
Traduzione di Daniele Petruccioli