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Recensione : Covenant – The Blinding Dark

Ciò che piace dei Covenant odierni è il desiderio di mettersi in gioco, cercando sbocchi verso lidi meno sicuri ed accoglienti di quanto non sia il classico canovaccio sonoro rivolto principalmente ai frequentatori dei club.

Dopo l’assaggio di qualche mese fa rappresentato dal singolo Sound Mirrors, i Covenant tornano con il loro nono album in studio, The Blinding Dark.

In quell’occasione era emersa la voglia di affrontare a livello lirico un tema delicato come quello delle migrazioni di massa, il tutto visto in maniera lucida ed amara, e The Blinding Dark è un titolo che dimostra quanto un simile sentire non sia circoscritto al solo singolo: infatti, il lavoro è pervaso da un umore di fondo cupo, ben rappresentato da tracce talvolta prive di quei naturali sbocchi melodici e danzerecci ai quali il trio svedese ci ha abituati nel corso della sua gloriosa e ultraventennale carriera.
Ovviamente questo non significa in alcun modo che il sound sia stato snaturato nelle sue componenti essenziali, ma è certamente percepibile l’esito di un approccio più introspettivo alla materia: così, assieme a brani a più ampio respiro melodico come appunto Sound Mirrors o I Close My Eyes (canzone a mio avviso superiore per potenziale anche allo stesso singolo), troviamo episodi in cui l’elettronica non fa venire meno l’impronta ritmica ma la esibisce in un contesto che a tratti appare quasi soffocante (Cold Reading) o comunque in una forma meno espansa e parzialmente trattenuta (If I Give My Soul e la magnifica Morning Star)
In tutti questi frangenti i Covenant convincono appieno, così come in Dies Irae, in cui l’interpretazione da crooner di Simonsson si poggia su un morbido tappeto elettronico, mentre forse lascia qualche perplessità un brano come A Rider On A White Horse (cover di una canzone country del 1977) al quale manca quel pizzico d’impatto per ergersi al livello dei restanti brani, oltre alla scelta di chiudere con una traccia ambient forse un po’ troppo diluita (Summon Your Spirit) rispetto alle più funzionali e brevi Fullwell ed i due Interlude.
Al di là di questi piccoli nei, ciò che piace dei Covenant odierni è il desiderio di mettersi in gioco cercando sbocchi verso lidi meno sicuri ed accoglienti di quanto non sia il classico canovaccio sonoro rivolto principalmente ai frequentatori dei club: è lecito pensare, infatti, che se solo la band svedese lo volesse, potrebbe limitarsi a svolgere con cadenza regolare un compitino senza fare il minimo sforzo, producendo una manciata di brani ballabili e di immediata fruibilità, ovvero l’esatto contrario di quanto contenuto in The Blinding Dark.
Un disco magari non perfetto e costantemente a fuoco, ma stimolante all’ascolto e ricco di spunti magnifici che sono il sintomo evidente di una vis compositiva che è bel lungi dall’essersi affievolita dopo un percorso musicale così lungo, sempre all’insegna di una qualità costante e per molti irraggiungibile.

Tracklist:
1. Fullwell
2. I Close My Eyes
3. Morning Star
4. Cold Reading
5. A Rider On A White Horse
6. Interlude
7. Dies Irae
8. Sound Mirrors (Fulwell)
9. Interlude
10. If I Give My Soul
11. Summon Your Spirit

Line-up:
Eskil Simonsson
Joakim Montelius
Daniel Myer
Andreas Catjar
Daniel Jonasson

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