iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999
Cerca
Close this search box.

Recensione : Deniz Tek – Mean Old Twister

Il vecchio leone ruggisce ancora

Deniz Tek è un musicista dotato di un credito pressoché illimitato fra gli amanti dell’high energy rock’n’roll. Personalmente lo associo sempre più ai New Race ed al fantastico e fondamentale The First And The Last certamente per il fatto che è stato il primo disco che abbia posseduto nel quale il nostro appariva. Ovviamente da malato precoce della musica del diavolo mi sarei procurato a stretto giro i due primi album dei favolosi Radio Birdman (acquistati entrambi in vinile e per la allora non assolutamente esorbitante cifra di 5900 lire grazie all’ indimenticato catalogo Top Ten), dischi che saranno fondamentali per la mia crescita e che ancora oggi ascolto con immutato piacere. Dicevo inizialmente che il nostro arzillo giovanotto ha alle spalle talmente tanti fasti che il suo nome è da sempre garanzia di qualità, però tale infinita stima è anche un’arma a doppio taglio in quanto ogni disco dove compare deve essere all’altezza di un passato tanto ingombrante quanto glorioso. Ad essere sinceri il buon Deniz non ha mai deluso e non lo fa neanche in questa sua nuova fatica discografica che si apre con Burned Black dove la sua chitarra dimostra di saper ancora ruggire; completano il lato a di questo ellepì il bel rock’n’roll tirato e a tutto tondo di Crossroads, la quasi cantautorale Table For One che ricorda il miglior Neil Young (e a chi non piace Neil Young peste lo colga) e lo strumentale Comanche che mantiene le aspettative promesse dal titolo. Il lato b invece viene aperto da un brano molto garagistico e birdmaniano come Prison Mouse arricchito da un’armonica killer che infiamma il mio cuoricino di rocker, proseguendo si trova la sottile malinconia di Cranbrook e la crepuscolare Free At Last. Penso che nessun appassionato del miglior rock’n’roll appartenente alla mia generazione possa essere immune dalla curiosità se non dalla vera e propria necessità fisica di ascoltare cosa possa ancora offrire questo sessantacinquenne curioso ibrido di guitar hero e medico. Mi rivolgo quindi alla generazione dell’amico Franz Barcella che con la sua Wild Honey cura questo album per l’Italia e, perché no, anche a quella successiva per esortarla a fare sua questa raccolta di brani, come si fa d’altronde a chiudere le porte ad un musicista con un cuore ed un feeling grandi come quelli di Deniz Tek? P.S.: Il vinile blu e lo sticker interno con in titoli rosso, i colori che uniti sono in assoluto i più belli in natura, aggiungono ulteriore valore ad un disco già di per sé molto ma molto bello!

TRACKLIST
1) Burned Black
2) Corner Conversation
3) Somewhere
4) Crossroads
5) Table For One
6) Comanche
7) Prison Mouse
8) New York Confidential
9) Cranbrook
10) They Can’t Take That Away
11) Free At Last
12) Death By Text

LINE-UP
Deniz Tek – Vocals, Guitars, Dulcimer, Harmonica
Bob Brown – Bass, Percussion
Ric Parnell – Drums

Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

The Woggles - Anyway the Wind / Slippin'out 7"

The Woggles – Anyway the Wind / Slippin’out 7″

The Woggles – Anyway the Wind / Slippin’out 7″ se tale occasione ci sarà non si tratta comunque di questa perché la recente infornata di singoli offertaci dall’etichetta di Tolosa è nuovamente di una quantità stupefacente.

Screaming Floor - Long After The Golden Age

Screaming Floor – Long After The Golden Age

Screaming Floor, Anno domini 1988, il rock italiano conosce uno dei suoi periodi più fecondi, siamo in piena esplosione eighties colours, ed è un proliferare  di band e di dischi notevolissimo.

Basement Boppers - Basement Bop 7"

Basement Boppers – Basement Bop 7″

Ma ecco che nella sala cominciava lo show dei Basement Boppers e mi fu presto lampante  quanto il quartetto bolognese fosse uno di quei gruppi che avrebbe fatto danzare pure i tavolini.