Il riassunto in bandella e un personaggio con la testa da cinghiale in copertina lo rendevano un libro interessante, probabilmente simpatico, da leggere all’ombra in questa estate particolarmente afosa.
Sfoglio le prime pagine e arriva il primo blocco, un motivo per cui avrei voluto abbandonare il libro senza nemmeno iniziarlo: una citazione alquanto discutibile di Fedez. Ma vado avanti, non voglio avere pregiudizi.
Giulio Maria è il protagonista di questo racconto dalla trama alquanto esigua, che serve da contesto per raccontare episodi e situazioni di una società contemporanea in difficoltà di valori, dove si vive in “posti di merda”, si è schiavi dei cellulari, si sopravvive grazie al lavoro precario, dove “la coppia è diventata troppo impegnativa per un umanità di narcisisti patologici”.
Con la sua antitesi Ricky, un antropologo, positivista convinto, che lo contrasta in tutte le sue affermazioni, collabora a un progetto di ricerca abbastanza inutile sulle diverse tipologie di esultanza dei calciatori, ma che gli permette di guadagnare ben 700 euro al mese.
Ha una fidanzata Agnese sempre connessa al cellulare, al punto da andare a sbattere con un ciclista perché non guardava dove camminava, vive con la mamma vedova e con una sua ex professoressa Oriani, la quale non manca di intraprendere con lui discorsi intellettuali e ha come vicino di capannone Squarzoni, testimone vivente di un artigianato in sofferenza.
Il libro si legge in qualche pomeriggio, ci sono interessanti spunti di riflessione, situazioni che a nostro modo abbiamo vissuto e viviamo di continuo, ma nel complesso risulta abbastanza noioso, soprattutto per via di diverse ripetizioni, come quella dell’Egofono, o dei Kings of Leon.