Briciole 7: Pronti via subito intervento decisivo con l’epanalessi (ho googlato) ricordi, andavamo a passeggiare nei ricordi che forse ci libera per sempre dei retaggi 883iani del tipo Jolly blu la sala giochi piena di giochi. Siamo ancora a inizio partita e in area di rigore si affaccia solo la malinconia oltre al rimando all’esistenza con l’osso di seppia “il mondo è un tavolo e noi siamo le briciole”, ah e c’è tempo pure per una coda con un riffetto di chitarra già indimenticabile nei minuti di recupero del primo tempo .
Paracetamolo 7,5: Entra a gamba tesa nel cuore di quelli che si fanno le diagnosi su Google con la fake news sulla Tachipirina (che è già un meme fin troppo abusato, ma è giusto così in fondo), per sua fortuna non viene ammonito perché l’arbitro fa confusione con “Sparring Partner” di Paolo Conte, un omaggio al Maestro e siamo già a 1000.
Pesto 8: qui sta forse racchiuso tutto il segreto del successo di Calcutta, che poi l’abbiamo capito perché ci piace ormai su. Canzone che sembra fare il compitino con la combo piano/charlie che ci aiuta a salire sul pianerottolo di casa dopo una serata difficile, poi bridge e lui che caccia urla sguaiate nel ritornello, niente di nuovo eh? No, perché mi hai lasciato nei sospiri nel letto, negli occhi ho una botte che perde, il buio col pesto, non ho un salvagente, ti lascio andar via sono tutti autovelox nascosti bene tra i cespugli che poi ti arrivano dritti al cuore e ti tocca farci i conti.
Non ci credo che non vi siate mai addormentati di me/te/egli-ella/noi/voi/essi, è capitato solo che ora c’è un nome per il fenomeno in questione. Questo è il vero motivo che mi fa amare Calcutta ed Evergreen in particolare, l’ambizione di dipingere a caso immagini nuove, anche sbagliando ma non importa.
Kiwi 9: il 9 si dà solo a chi fa quattro gol di regola, ed è proprio quello che succede in questo pezzo che spacca in due il disco, imbastendo una trama di richiamo ai migliori momenti della musica pop italiana dei ’70 senza sembrare derivativo e fuori tempo come il gel nei capelli a spina. Poi oltre a questo ci sono quei ritornelli lì semplici ma dritti al sodo come li faceva Vasco senza però sembrare Vasco dei millenials che vuole farsi puncicare, con la vita di questa coppia che corre via a ritmo del bop narrativo di Boris Vian ma con dentro tutto Calcutta, tra immagini crude come i calci nei denti o addirittura di morte col Nostro che pare voglia essere seppellito in un campo di Kiwi.
Venite a prenderci, portate dei miracoli è il momento lirico migliore di tutto Evergreen
Saliva 7: in questo episodio (siamo ancora ai centrocampisti eh) come per Kiwi e Briciole ci troviamo dinanzi un brano che Calcutta portava in giro da un po’, riarrangiato per l’occasione. Qui io ci sento 50 anni di canzone italiana, che non mi fu sempre cara e che riaffora un po’ per caso tra le pieghe low-fi di questo pezzo da divano: si parte dal tentativo di tautologia de tu sei una donna per me nel senso che per me tu sei una donna (chi era quello che cantava “il mio grande amore ed il mio amore grande”?) che passa da Luigi Tenco senza averci il lirismo di Tenco e va bene così e arriva fino al cantato un po’ sguaiato e piacione à la Cremonini quando ancora c’aveva il gruppo, però me lo ricorda il giusto anche perché ci mette in mezzo il mare salvifico (ritorna più volte nel disco) e allora lo skip è scongiurato.
Dateo s.v.: in realtà mi piace l’interlude ma volevo mettere almeno un s.v. sennò che pagelle sono.
Hubner 7,5: allora quando ho letto per caso una sua intervista in cui diceva che per lui il calcio finisce con Hubner stavo per far volare l’Asus, lo spiegone però mi tocca ometterlo perché servirebbe uno spin off di dieci puntate in cui discetto per bene su cosa sia la “nostalmagia” (non c’entra con Jodorowsky), chi sia AB, cos’è la pubalgia ecc. Però nella canzone Dario Hubner, ex calciatore idolo degli amanti del calcio di provincia, fa un cameo e riesce a non farsi odiare, andando quanto più vicino ci sia al sound di Mainstream in questo terzo disco. Hubner segna, ma era scontato.
Nuda Nudissima 8: questa canzone è un pretesto per parlare di me, nel senso che per me sarebbe un sogno parlare di Frassica con una ragazza e poi scoprirla nuda nudissima, ma a parte questo siamo davanti a uno dei migliori momenti del disco, dal flangerone iniziale alle variazioni e al lavoro sulle voci che sono coerenti col resto dell’album, con quel sto perdendo tempo e penso che mi va reiterato e già generazionale.
Rai 8,5: qui si attenta al premio di migliore in campo perché ci troviamo davanti al momento in cui Edo (lo chiamo per nome anche se non lo conosco,vabbè dai) dà fuoco al ponte tibetano su cui tanti tantissimi si erano rifugiati al suo inseguimento per fare views, interviste e anche qualche sold out, copiandolo nel bene e pure nel male. Succede perchè in Rai c’è tanto, energia, spunti, il pop giocoso dei Beach Boys ma pure un occhiolino al prog versante Canterbury. Grande pregio di Evergreen è infatti la scommesa vinta di suonare romantico e malinconico senza mai ricorrere al filtro synth pop anni ’80 stra-abusato in parecchi lavori usciti negli ultimi tempi, anche parecchio celebrati.
Orgasmo 7: subentra bene dalla panchina, nel senso che come primo singolo estratto non mi aveva detto quasi niente (sputi alla specchio per lavarti la faccia la devo ancora capire, ammesso che ce ne sia bisogno) e invece inserita coi tempi giusti nel finale di partita la chiude definitivamente facendo sì che io sia costretto a tirar fuori le paroline maledette “disco della maturità”, che non vogliono dire solitamente un cazzo ma che nel caso di Evergreen trovo appropriate per parlare di un artista pop passato da canzoni che “non so che significa ma mi piace”, o per dirla in altre parole making memes to make music to make memes to, a musica e parole più varie e incisive senza rinunciare allo sciatto neorealismo 2.0 che lo rende inconfondibile anche agli occhi dei detrattori.
E prima di partire per il prossimo autogrill ci dice: In che punto finisce la nebbia in questa pianura? Dove perdersi quando fa buio mi fa paura