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Recensione : Bruno Braun – Punch The Clock Start Living

Il personaggio Bruno Braun è molto interessante e coraggioso, evade dal circuito pop tout court e sferza una bella frustata di novità risultando ingegnosamente interessante; anche se le tinte possono essere colte sfocate o non lineari in Punch The Clock START LIVING, su tutto vince l'orchestrazione di un lavoro che stuzzica al punto da volergli porre qualche quesito per approcciare meglio alla 

Bruno Braun, dopo il primo disco full-lenght (Rocket Man) dell’anno scorso, tira ora fuori un EP 5 pezzi di stampo indipendentista; lo abbiamo già sentito falciare sentieri affini al metal, quindi il suono delle chitarre non difetta certo nei suoi lavori, e nell’EP considerato impiatta un rock alternativo incrociato con suoni classici, non sconosciuti, dove la voce è forse l’elemento più ‘off’ da associare alle belle ritmiche in odor Black Sabbath, insolitamente cupe ed incitanti all’ascolto; in tal guisa è la ritmica del primo pezzo, efficace cingolato dotato di durezza primitiva, l’ideale per spacchettare il dischetto nel quale Bruno Braun si mette in luce con doti ecletticamente oscure, lasciando testimonianza della sua arte facendo sfilare un rock che pesca nei gloriosi nineties.

Il secondo episodio di Punch The Clock Start Living, titolato “Black Coffe and Cheap Ciagarettes”, esprime attitudine punk, neppure così marcatamente, infatti, inventa uno spazio a sorpresa, cucito nell’abito come una tasca nascosta, basato su arpeggi e batteria che praticamente stoppa la ritmica introduttiva, uno stop che lascia basiti, ripartendo poi in pompa hard black ed ammmiccando nell’assolo ad un apprezzatissimo spanish flamenco, mentre la voce si droga di punk!

Dirty Little Beach” richiama gli Stooges o i Dead Boys, ma è abbastanza smarmittato, tende a dissacrare, direi, ingenuamente. Punti andalusi soffusi e sentito slancio attrezzano una tirata song.

Il quarto brano “Trying To Keep It Together” sballa una bella ballata in una bolla di ironia. Song da falò indirizzata verso quell’alt-pop radiofonico americano in voga un ventennio fa, sottolineato da centrati accenti di chitarra semi-mimetizzati, Bruno Braun resta fedele comunque all’HR, complice la dissonante e occulta sezione ritmica al servizio di una espressiva chitarra, che mantiene sostenuta la parte creativa, sino all’arpeggio acustico della successiva “Far Away”, che, tra stravaganze chitarristiche, fa da pendant al pezzo precedente.

Qualcosa di Ty Segall potrebbe essere filtrato nella testa di Bruno?, che quantomeno non stanca, escogitando con ‘verve free’ un lavoro marcatamente artigianale – soffia aria naif – che spinge a bere pezzo dopo pezzo un’autentica GINJINHA portoghese speziata di ganja, magari sperando di vederlo all’opera around le locations di Lisboa!

Punch The Clock Start Living by BRUNO BRAUN

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