1955, Chicago, Illinois: un giovane Chuck Berry, su raccomandazione di Muddy Waters, scende dalla Cadillac che lo ha portato davanti all’ingresso della Chess Records. Entra in sala d’incisione, affiancato da cinque musicisti (tra cui Jerome Green, dalla band di Bo Diddley, alle maracas e Willie Dixon al basso). Silenzio, luce rossa che indica l’inizio della registrazione, le bobine iniziano a girare. Ancora silenzio, solo il cigolio dei motori del registratore nell’aria densa di fumo della regia, in cui i produttori e l’ingegnere del suono accendono una sigaretta dopo l’altra.
In sala, Berry stacca il quattro ed incide il suo primo successo: Maybellene, un milione di copie vendute. Non una cosa da poco per un’etichetta indipendente. Il ragazzo di Saint Louis riempie le ballrooms, rompe le barriere tra bianchi e neri, da il via al proliferare di nuovi artisti rock ‘n’ roll.
La Chess con l’iniezione di capitale data dal successo del suo nuovo artista continua nello scouting e nella produzione di nuova musica. Ogni nuovo musicista era integrato nell’organico Chess e collaborava al successo degli altri artisti, creando una squadra affiatata per sfornare nuovi successi, in un’epoca in cui tutto andava velocissimo.
La rivoluzione dei costumi, le Buick, la brillantina, i lenti dei Platters che fanno ballare e innamorare i teenagers nelle sale da ballo e nelle loro camerette, ma anche i Rock’n’Roll frenetici, le moto e i 45 giri.
Ecco, ora con la mente spostatevi di 60 anni avanti nel tempo, ma il cuore tenetelo nei frenetici e romantici fifties, perché è con questa attitudine che nasce Dreamers Records.
Circa sei mesi fa, nel triangolo industriale Genova-Torino-Milano, Christian e Marco (DJ e appassionati di Rock’n’Roll, R’n’B e Doowop, già noti come The Dreamers) incontrano Giulio (altrettanto appassionato e proprietario della Sala d’Incisione EverybodyOnTheShore) e danno vita a un’etichetta discografica che vuole ricalcare le orme dei giganti Leonard Chess e Sam Phillips.
La musica che producono è quella che hanno consumato sui giradischi (soprattutto quella degli anni ’50), prodotta con le tecniche d’incisione degli anni ’50, e distribuita come negli anni ’50: in vinile a 45 giri.
Sono una serie di fattori ormai rari da reperire tutti insieme. Una volta ogni Label possedeva uno studio di registrazione e una squadra di produttori, e questo conferiva un suono riconoscibile a ogni incisione. Ogni disco Sun aveva il sound della Sun, ogni disco Atlantic aveva il sound della Atlantic. Oggi è molto più probabile che un’etichetta acquisti i master prodotti in diversi studi, con diversi produttori.
Dreamers Records vuole ritornare alle radici: tre produttori, un’unica sala d’incisione. Una continuità artistica, uno scouting e una squadra di musicisti che cresce e collabora. Un sound che sia sempre riconoscibile, il sound della Dreamers Records.
Nel loro studio di registrazione il tempo si è fermato: una grande sala dove tutti suonano insieme, senza metronomi, senza sovra-incisioni, senza computer, con il registratore a nastro che cigola, i vecchi microfoni RCA e gli amplificatori a valvole. Qui non conta una nota sbagliata in un solo, qui conta il groove di ogni esecuzione.
Galeotti furono i NewTones, trio Doo Wop (R’n’B con le armonie vocali) di Roma, che dopo un concerto alla Raindogs House di Savona hanno fatto sì che i nostri tre unissero le forze per produrre loro un disco.
Così, dopo una campagna MusicRaiser e qualche lotta burocratica, ora è disponibile il primo 45 giri di casa Dreamers: Moonface/Please Don’t Send, dei NewTones.
Come è nata l’etichetta?
E’ stata una cosa molto spontanea: a marzo Marco e Christian (The Dreamers) hanno organizzato una serata al Raindogs (a Savona n.d.r.), invitando a suonare i NewTones. Alla serata era presente anche Giulio che, entusiasta del concerto, il giorno dopo alza il telefono per proporre alla band di incidere nel suo studio. Parallelamente i Dreamers si offrono di aiutare la band a stampare un 45 giri nel caso in cui avessero avuto materiale da incidere. A quel punto è stato naturale unire le forze e creare Dreamers Records.
La scelta di pubblicare solo in 45 giri è coraggiosa, sarà l’unico supporto che userete?
Il 45 per chi è appassionato di questa musica, e soprattutto per i DJ, è un must. E’ un discorso di affetto nei confronti di tutti i dischi che ci sono passati per le mani, e sarebbe strano se quelli prodotti da noi fossero in un altro formato. La logica nel fondare l’etichetta è stata un po’: “ok, noi selezioniamo dischi alle serate, perché non produrne altri che vorremmo mettere in DJ Set ma che al momento non esistono?”.
Dopodiché siamo nel 2018 ed essere presenti ovunque è una necessità essenziale, quindi presto troverete su tutti gli store digitali “Moonface EP”, ovvero tutti i 6 brani incisi durante le sessioni per “Moonface/Please Don’t Send”.
Al momento non ci interessa stampare cd, ma è una cosa con vari risvolti positivi: ad esempio ci da la possibilità di collaborare con altre realtà che invece pubblicano in questo formato e fare network.
Il suono di “Moonface” è molto particolare, perché non sfruttare le tecniche di registrazione moderne?
Per lo stesso motivo per cui stampiamo 45 giri: quei brani con un suono “moderno” sarebbero meno magici, sarebbero strani. Però non è importante solo il risultato, è importante come queste tecniche ti costringono a lavorare. Bisogna essere tutti presenti in studio al momento dell’incisione. Non puoi correggere errori, non puoi spedire file per incidere in un altro studio, catturi la vera essenza della band senza inganni. E’ tutto lì davanti a te che si sviluppa in un giorno o due, è un’esperienza collettiva, le giornate di lavoro in studio avvicinano molto le persone. Ci interessa una dinamica di questo tipo, piuttosto che sentirsi via email per comprare o cedere cose registrate chissà dove, chissà come e chissà da chi. In oltre, nei ’50, ogni etichetta aveva il suo studio e il suo suono, e a noi interessa poter avere un’identità sonora definita.
Come sta andando questo primo disco pubblicato?
Molto bene, abbiamo fatto fuori metà tiratura nel primo mese di uscita e siamo passati su vari programmi radio di genere. I NewTones vanno fortissimo e fanno molte date in Italia e all’estero.
Siamo davvero molto soddisfatti per come sta andando, soprattutto considerando che abbiamo appena iniziato.
Parlateci un po’ dei NewTones
I NewTones sono un trio Doo Wop romano, composto da Clem Bernabei (piano e voce), Damiano Proietti (contrabbasso e voce) e Fabrizio Poggi (batteria e voce). Si ispirano alle Doo Wop band degli anni ’50 /’60 come Danny & the Juniors, Dion & the Belmonts, Tokens, Crests, Stereos.
Si sono formati nell’autunno 2017, dopo anni di esperienza in altre formazioni Rock’n’Roll. In meno di un anno hanno già calcato i palchi di mezza Italia e parte d’Europa, hanno suonato in festival con artisti internazionali, e stanno crescendo in modo davvero esponenziale.
Progetti futuri?
Beh abbiamo già iniziato lavorare sul prossimo disco, stiamo cercando di portare un’altra band in scuderia.In più ci sono buone possibilità riguardo nuove uscite dei NewTones sia in termini di nuovo materiale sia in termini di diffusione e distribuzione. Ci aspettiamo, da qui a un’anno, di avere almeno due nuovi 45 giri sul mercato.
Stiamo intavolando collaborazioni con festival e anche sviluppando una serata dedicata all’etichetta, tenete d’occhio la nostra pagina per le news!
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