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Recensione : Wild Sight – Swimming Bell

Registrato tra Leeds, Londra e terminato in NYC, il Wild Sight Album impone bellezza acustica e riverbero di suoni e luci: caldamente consigliato.

Swimming Bell, al secolo Katie Schottland, lavora con amore la propria pasta musicale rimpastandola doviziosamente e arricchendola di spezie, sale, o di dolci canditi, prima di infornare il tutto, affinché si possa avere alla mano il finale assortito WILD SIGHT, disco probo di sfaccettature e temi sonori!

Come ci si rende subito conto, Swimming Bell (vale a dire i minuscoli corpuscoli animati dei mari, associabili al plancton, il cui movimento è dettato da ritmiche contrazioni) ha come base primaria il lievito della voce di Miss Schottland, dotata di un suono provvisto di calde tonalità, allunghi melodici che paiono folate di vento al seguito del passaggio della metro in galleria, sì interessate al massimo da aria evocativa, malinconica, nonché dotate di ampio respiro; tuttavia, il freddo non appartiene a tali luoghi e sventola alta la bandiera del country, del folk e della canzone d’autore, costantemente in moto lento – e si sa che chi va piano va sano e va lontano.

E’ amore a prima vista, per me, dopo aver ascoltato la song resa pubblica per la promozione dell’album: il singolo firmato da Tomo Nakayama, che dovrebbe trainare l’artista SWIMMING BELL nel variegato mondo del pop, sortisce piuttosto l’effetto contrario, direi che è la nostra artista ad inoltrare il Nakayama verso il pubblico che non lo conosce.
Katie Schottland denuda una corposità morbida componendo WILD SIGHT, annoverando l’album tra le prime grandi piacevoli sorprese del nuovo anno. Un bel discone che lega all’ascolto battendo su alcune costanti e veleggiando sugli echi delle canzoni di Neil Young, pur mantenendo l’originalità del proprio stile che si fa inconfondibile. Siamo al volgere della primavera e tale lavoro allontana le asprezze dell’inverno, scaldando e propiziando il calore della dizione cantautorale, il lessico sonoro che imprime la sua orma presso i nostri cuori.
Dieci brani in scaletta e ognuno esprime la propria indipendenza e caratura permettendoci di entrare nel privato poetico delle liriche, scritte dal pugno di Katie, la quale coglie, decantando la vena bucolica-intimista in “Good Time, Man”, tutta la fragranza della natura commista all’intimo dialogo con l’altro, dando voce ad un canto che ha molto del country, innalzandosi quasi a spiritual, sotto il benefico influsso curativo del giallo solidago (goldenrod).

“You found your comfort on my chest,/ I’m licking all your wounds/ The fire’s raging sweet tonight,/ our smokey mountain climb/ I was waiting for my chance,/to crawl inside your mind”, “There’s still so much to talk about, the hills and goldenrod”.

In “1988” si entra nel vivo di una deliziosa ballata, forse a carattere familiare, dispiegando calorosamente l’importanza di un’affetto; la lirica scaturita nel cuore della notte è aggraziata dall’affastellamento superbo degli strumenti che cullano verso dolci conferme. “When I was young,/ You were calling me home/ and I tried to turn/ but I fell on the stone”, “I was falling behind/ We are, we are falling behind/ I was born inside your heart”.

“For Brinsley” ci regala uno dei pezzi più densi e, si capisce, più importanti dell’album, in cui dare sfoggio delle armi segrete possedute, nelle mani e nella prodiga ugola, dalla Schottland, avallata certo dallo splendido sound (geniali le scivolate della pedal steel guitar e del clarinetto), mentre la ferma voce ci immobilizza in bellezza e franchezza di toni. La songwriter dedica a Brinsley (chitarrista del buon gruppo seventies “Schwarz Brinsley”) i seguenti versi, immortalando una canzone d’amore che invita ad abbandonare la rinuncia: “You’ve got your messy hair and crooked teeth/ You don’t look like your name/ But you’re a wild sight to me”, “You’re my moonshine/ My moonshine”, “Don’t lose your grip on love/ Baby don’t you ever/ lose your grip on love”.

We’d find” intenta una soffice song, ricorda le nuvole, volta alla ricerca insperata dell’altro, un rincorrersi nell’intimità delle parole e della musica che danno spirito e corpo al rapportarsi tra enormità di immagini e raccoglimento: causa le avversità della vita, talvolta si casca dall’alto come angeli e può avverarsi il luminoso, lirico, ritrovarsi.

“Cold Clear Moon”, scritta da Tomo Nakayama, trova nella Schottland interprete ideale, tendendo a suggestioni naturalistiche quasi divine. Nella semplicità degli accordi si leva un canto pressapoco solenne, intriso di magia folk. La Schottland fa trasmigrare l’anima con le sue canzoni.

La bellissima “Wolf” sfreccia in appena oltre i due minuti, seducendo ad ogni livello espressivo. Fa breccia letteralmente l’indomito testo esplosivo, sensuale, e la oggettiva malia che viene fuori dall’incanto della voce e dalla eversiva musicalità: una grandiosa corrispondenza messa in atto.

La track precedente è legata alla seguente “Got Things”, la cui sensazione è di ritrovato polso; Katie arrangia una melodiosa visione della presa di coscienza abbracciando pienamente la forma canzone, carica di forza interpretativa: a confronto ci sono la sua arte e un amante che non collima con le sue idee ed azioni. Peccato per lui.
“Bending into all the shapes of you/ Breaking limbs to climb inside your moon/ ‘Cause I was always falling off too soon”.

Ed è ancora smash hit!

In “Left Hand Path” spira aria di sordina, strascichi di slide che conducono alla fine di una lunga, amara, riflessione; la notte svanisce e al termine d’essa la sofferta ed inevitabile separazione. “Here comes the dawn/ soon I’ll be gone/ Do what you want/all you want”. In un continuum l’artista riesce ad emozionare, scoprendo tristezza e tenera malinconia.

“Love Liked You” è raffica che si spande da tutti i pori e la pelle d’oca non tarda a dar valore alla magnifica ballata, dove, come in tutta l’opera, la misura delle deflagrazioni sembrano contenute dalla produzione ad opera di Oli Deakin (Lowpines) che costringe ad un ascolto più attento, comunque non privo di sorprese sonore accattivanti e imprescindibili. Decisamente un’aliena appare Swimming Bell, benché ci sia molto di classico nel disco, risulta dannatamente vincente, avvincente e personalissima nello stile, nell’inventare soluzioni a cui non si può sfuggire ma unicamente acclamare.

“I wanna love like you/ I wanna move like you/ I wanna sing like you/ I want a wolf in my heart/ Wild and free and full of fight”.

L’ultimo in scaletta, il decimo pezzo, è “Quietly Calling”, suona in chiave fluente, richiamando i valzeroni younghiani; ci si sente presi dal mezzo di una brughiera in terra d’Albione e, soffiati in faccia dalla brezza marina, catapultati a cavallo di nuvoloni bianchi verso le coste della California: con pacatezza trasbordante si ascolta tutto l’amore per una chiusura degna di un super album selvaggio come un lupo!

WILD SIGHT scava nel fondo delle influenze americane cantautorali scorrendo tra riferimenti che accarezzano la mitica era west-coast, più profondamente il country, e le gentili fioriture folk; supportato da duplice intelligenza, quella creativa di Katie Schottland, e l’altra, cioè, quella di infondere una produzione personale e moderna che da pieno risalto al bellissimo progetto Swimming Bell.

Guitar/Vocals/Percussion/Piano/Keyboards/Violin by Katie Schottland
Guitar/Bass/Vocals/Keyboards/Percussion/Clarinet/Piano/Strings by Oli Deakin
Drums by Jamie Deakin
Pedal Steel by Eric Swanson
Artwork by Darryl Norsen
Photography by Jud Muir

Track List
01. Good Time, Man
02. 1988
03. For Brinsley
04. We’d Find
05. Cold Clear Moon (written by Tomo Nakayama)
06. Wolf
07. Got Things
08. Left Hand Path
09. Love Liked you
10. Quietly Calling

Adventure Club Records

Wild Sight by Swimming Bell

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2 risposte

  1. SWIMMING BELL … BELLa scoperta!
    Grazie a Bob e alle sue metaforiche visioni post-moderne che ci prendono per mano e ci conducono in questo viaggio percettivo estasiante

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