Del 2014 cosa ricordate? Galeotta la data al Velvet di Torino assieme ai Sica, in cui venni ad ascoltarvi, dopo aver ascoltato per puro caso “Run UP!”
Ciao! In quel periodo eravamo alle ultime date del tour di “Via la faccia”. Tra 2013 e 2014 ci distruggemmo: abbiamo fatto 120 date in un anno e tre mesi e lì ricordo arrivammo molto carichi, perché sapevamo che il Velvet era un locale molto “caldo”. Il concerto fu molto aggressivo e molto “punk” nell’approccio: la gente a pochi centimetri da noi è qualcosa che ci ha sempre caricato molto e quel “sottoscala” ha sicuramente segnato un punto molto alto di quel tour.
Andando a ritroso, come definite la progressione della Vostra musica? in cosa vi sentite qualitativamente cresciuti e a quali risultati vorreste arrivare?
Ci sentiamo sicuramente diversi, non tanto evoluti o cresciuti. Ci sono stati tanti cambiamenti nelle nostre vite in questi 12 anni di attività, che inevitabilmente hanno influenzato il nostro approccio alla musica.
Col tempo il nostro sound è mutato, con l’inserimento di strumenti elettronici e l’approccio a strutture più lineari dei brani.
25 anni dalla morte di Cobain, un evento che a posteriori, ha influenzato la nostra generazione. In cosa vi sentite attitudinalmente legati (dalle influenze sonore all’attitudine da palco?)
Credo che il periodo del grunge, negli anni ’90, abbia influenzato pesantemente tutto ciò che riguarda il mondo SVB. E continua a farlo, anche se in modo forse più “attualizzato”, passaci il termine. Di quell’epoca ci è rimasta la sporca voglia di suonare forte, il più possibile, con più potenza possibile. Crediamo che questo rimanga sempre l’elemento portante dei SVB, finchè esisteranno.
Line up che vede un cambio di bassista dopo l’uscita di “Più niente”. Cosa vi piace ricordare del periodo più verace, vista l’introduzione di suoni più evoluti (più elettronica e rock e meno stoner o heavy)?
Il ritorno di Marco Torrese al basso (è tra i fondatori dei SVB, ha suonato nel primo album “Cosa?!”) ha chiuso un cerchio. Con lui siamo ritornati ad un suono di basso più crudo, molto efficace all’interno del mix degli altri strumenti. L’elettronica è stata inserita gradualmente nel nostro sound ed oggi giorno è rappresenta un elemento portante almeno quanto lo siano gli strumenti che di solito suoniamo. Brani come “Speed”
o come “Mani nostre”
che appartengono al nostro attuale modo di lavorare (un singolo al mese, senza album) danno l’idea di quali siano gli orizzonti sonori verso i quali ci stiamo muovendo.
Come componete? in cosa consiste l’alchimia creativa?
Solitamente è Sasio (Salvatore Carannante) che porta una bozza in sala. Partiamo da lì e lavoriamo tutti assieme al risultato finale. Non c’è un copione preciso che seguiamo per comporre. Fondamentalmente ci esibiamo in lunghe sessioni di prove, composte sia improvvisazioni (a volte anche spezzettate, per capire bene l’enfasi delle varie parti del brano a cui stiamo lavorando), che da riproduzioni più schematiche delle varianti proposte. Tutto sempre fatto a servizio della canzone.
Poniamo un tour fuori Italia, portando la scena oltr’alpe, dove vi vedete suonare? e soprattutto in cosa siete legati d/alla scena italiana, oggigiorno?
Ci piacerebbe fare un tour europeo. Finora non abbiamo mai varcato i confini italiani, ci piacerebbe molto fare un tour europeo. Non conosciamo molto bene la scena estera, ma abbiamo amici in giro per L’Europa che ci parlano molto bene dei festival e dei locali delle loro zone. Sarebbe un’esperienza molto eccitante e stimolante proporre il nostro sound oltr’alpe. Vedremo 😉
Oggi nulla ci lega al mainstream italiano. Siamo legati all’innovazione sonora, ma come approccio siamo più vecchio stampo. E quindi siamo vicini tutte quelle band che rappresentano le nicchie, più che la notorietà.
Una cover se mai capitasse?
Una cover in realtà l’abbiamo già fatta, in occasione di un live a RadioRock (Roma): è “Ballo in FA# minore”, ascoltabile su YouTube
Il miglior sottoscala di Napoli dove andare ad ascoltare concerti 😀(e in cosa vi stimola dopo questi anni il rapporto con l’etichetta Ikebana)
Due “sottoscala” che, in questo periodo, sono molto attivi dal punto di vista live sono il Kestè Abbash, nel cuore del centro di Napoli ed il First Floor di Pomigliano D’Arco. Ci abbiamo suonato nell’ultimo anno e sono posti veramente fantastici, in cui si esibisce praticamente tutta la scena alternativa del momento.
Gli anni con Ikebana sono stati importanti per il nostro percorso discografico e ci hanno fatto capire molte cose del mare in cui navighiamo.
Attualmente non stiamo collaborando con nessuna etichetta. Questo ci sta dando la percezione di cosa significhi essere (nel nostro caso “tornare”) totalmente indipendenti. Ci sta dando una forte spinta dal punto di vista della dedizione nei confronti di tutti gli aspetti che girano attorno alla nostra arte.