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Recensione : Cate Le Bon – Reward

CATE LE BON – REWARD (MEXICAN SUMMER, 2019) // il songwriting erudito, le contaminazioni di ogni sorta e quell’allure di neoclassicismo pop emanato dal nuovo luccicante lavoro di studio di Cate Le bon, ad una prima occhiata mi estraniano.

CATE LE BON – REWARD (MEXICAN SUMMER, 2019)

Sin dai primi vagiti di “Reward” capisco di essermi ficcato in una brutta faccenda; il songwriting erudito, le contaminazioni di ogni sorta e quell’allure di neoclassicismo pop emanato dal nuovo luccicante lavoro di studio di Cate Le bon, ad una prima occhiata mi estraniano.

Sarà l’ora, che i più sfruttano per una fugace siesta, a risultarmi del tutto inopportuna ad ascolti troppo complicati, sarà lo stato di afasia in cui verso, puntualmente, in questo periodo dell’anno, sarà… ma qualcosa non quadra. Passo, rinunzio, mi dico.

Ed ecco che il terzo ascolto chiarisce alcune imbarazzanti perplessità: quanto cazzo è brava costei?

Oscilla senza crismi tra echi del primo Cale solista e ballads dalle sonorità wave, più paracule ma non meno intense; si vede che ha studiato i classici e non subisce l’aura minacciosa dei padri putativi. E la voce, sì la voce, che a un provincialotto appassionato di canzonette del mio rango suona piuttosto lagnosa, si districa in spigolosità che hanno un che di mistico.

Come se sotto la nuova coltre da “bea mona” americana à la mode, risiedesse intatta una visione folkloristica del cosmo, più in linea di continuità col costume bucolico di una terra come il Galles, terra d’origine della Le Bon.

Da questa clamorosa differenza di registri ha origine un disco che sarebbe da pazzi quanto meno non definire significativo in un contesto in cui, generalizzando ma prendendomi tutte le responsabilità di una tale semplificazione, ha poco da offrire nel campo della canzone d’autore. La definizione di snob-rock coniata ad hoc da un autorevole recensore ben si presta a spiegare quel velo di diffidenza deterioramente populista a cui viene sottoposta la figura dell’intellettuale e quindi del musicista colto nella comunicazione politica e sociale di questo nuovo anno zero.

Mettendo la mano sul fuoco circa le buone intenzioni del sopracitato recensore (“snob” era in quel caso un termine simpatico per rivelare l’ambiziosità del progetto), non posso che rifugiarmi nella convinzione che, di questi tempi, lo snobismo, anche in musica, sia un’ancora di salvezza in un mare di mediocrità.

Tracklist:
1.Miami
2.Daylight Matters
3.Home To You
4.Mother’s Mother’s Magazines
5.Here It Comes Again
6.Sad Nudes
7.The Light
8.Magnificient Gestures
9.You Don’t Love Me
10.Meet The Man

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