Nyko Ascia è un giovane rapper in giro già da anni, fa hip hop in maniera differente da quello che che va per la maggiore, ma non è un fanatico dell’ortodossia, è uno con le orecchie ben aperte e con i piedi ben piantati sull’asfalto. Chiacchierare con lui è sempre un piacere, e lo abbiamo fatto per l’uscita del suo nuovo video.
Grazie a Nyko per la disponibilità.
− Ciao Nyko raccontaci brevemente la tua storia … –
Ciao In Your Eyes, innanzitutto grazie per lo spazio che mi state dando. La mia storia musicale nasce nel 2007 quando, spinto dalla necessità di esprimermi, insieme ad un amico, iniziai a comporre i primi brani rap “in cameretta”. Da allora ho militato in alcune crew, fino ad arrivare alla mia crew hip hop attuale, i Seri-Al Rappers, fondata da me nel 2012. Nel 2014 sono entrato a far parte di un soundsystem reggae, i Natty Roots, con i quali sono tuttora attivo. La musica “black” è sempre stata la mia passione, sono sempre stato un attento ascoltatore di rap e reggae. Ultimamente, per quanto riguarda l’hip hop, mi sto concentrando sulle produzioni italiane.
− Questi nuovi singoli precedono il nuovo disco ? Quando uscirà ?
Quella di pubblicare un album era l’idea di partenza, l’ho temporaneamente accantonata non perchè non mi interessi ma perchè ho valutato che al momento il mercato musicale sia più predisposto ad accogliere dei singoli accompagnati da video. Tutti i rapper emergenti si fanno strada con dei singoli e con dei video, l’album è una cosa che viene dopo. Io ho pubblicato già alcuni progetti ad esempio “Stay rebel” il mio album solista uscito nel 2013, “Stile Libero” un mixtape pubblicato nel 2014 e “Dream Sellers” l’album ufficiale della mia crew Seri-Al Rappers uscito nel 2017. Ho voluto mettermi in gioco provando a percorrere questa nuova strada della pubblicazione di un singolo alla volta. In ogni caso non escludo la pubblicazione di un mio nuovo album o ep.
− Ascoltando il singolo “ Al mattino “ che presenti in anteprima qui su in In Your Eyes, si ha la netta impressione che stai continuando con decisione su di una strada ben precisa, con un rap conscious ma anche molto tranquillo e con il giusto distacco … –
Ormai è da un po’ di anni che sono “sul beat”. Certi argomenti mi hanno stufato, quando sento certi brani rimango senza parole. Sono consapevole del fatto che l’hip hop è una cultura e come tale va trattata, senza dimenticarmi mai che la musica è anche intrattenimento. Cerco di dire cose vere, che penso seriamente o che ho vissuto sulla mia pelle.
− Non ti pare che in Italia, proprio nel maggior momento di successo dell’hip hop, si sia perso di vista il dna del genere e i suoi obiettivi originali ? –
É da un po’ di anni che la musica rap è al top delle classifiche, oggi più che mai. Penso sia normale che un minimo sia stata snaturata. Ovviamente non penso che sia giusto. Certi artisti, però, anche se sono main stream, hanno la capacità di rimanere veri sotto un certo punto di vista. Penso sia un compito collettivo quello di riportare il genere nei suoi binari, senza dimenticarci che l’evoluzione e la trasformazione sono alla base di culture urban come questa.
− Hai sempre avuto uno sguardo molto lucido sull’hip hop, cosa ti sta colpendo maggiormente in questo momento ? –
In questo momento, in Italia, mi stanno colpendo positivamente alcuni fenomeni mediatici e musicali. Se fino a quattro o cinque anni fa c’era spazio solo per rapper o trapper che rasentavano il “trash” ora al top ci sono artisti che, gusti personali a parte, rappresentano qualcosa e hanno qualcosa da dire. Come già detto in altre interviste ultimamente mi hanno colpito positivamente Jamil, Ketama 126 e Massimo Pericolo.
− L’indipendenza è sinonimo di amatoriale o si può perseguire anche ad un livello maggiore ? –
Sicuramente chi come me è indipendente ha meno mezzi a sua disposizione. Questo non vuol dire che sia sinonimo di amatoriale. Ci sono artisti di ottimo livello che in molte fasi della loro carriera sono stati totalmente indipendenti. Avere un’etichetta discografica o comunque una struttura che ti supporta sicuramente ti da qualche strumento in più che, in ogni caso, se ben organizzati e ben informati si può avere a propria disposizione anche essendo indipendenti.
− Dato che tu lavori nell’ambiente della musica, ci parli un po’ di come stra andando la musica in Italia secondo te ? –
Secondo me in Italia stanno piano piano sparendo le piccole situazioni, totalmente fagocitate da quelle grandi. Fino a una decina d’anni fa c’erano jam, gare di freestyle, contest di ogni tipo, concerti ecc ovunque. Ora nelle piccole città sono rare le iniziative di questo tipo e nelle grandi città stanno diventando sempre più elitarie. Hip hop a parte, vedo in difficoltà in generale la musica live in Italia. Non penso sia colpa degli organizzatori di eventi, dei promoter, ecc. Piuttosto penso sia colpa dei costi eccessivi che bisogna affrontare per organizzare un evento. Penso ad esempio alla SIAE, per quel che mi riguarda un furto legalizzato. Poi penso anche che molte persone preferiscono rimanere a casa ad ascoltare la musica su spotify piuttosto che ritrovarsi in un luogo ed ascoltare musica dal vivo, indipendentemente dal genere. Questo è un discorso complesso. Probabilmente specchio della crisi culturale che sta vivendo il nostro Paese.