Torna il quartetto chiamato Pallbearer da Little Rock Arkansas.
I Pallbearer sono uno dei gruppi più interessanti e capaci di smuovere emozioni all’interno della scena della musica pesante, più precisamente in quota psych e doom, per dare qualche coordinate.
Ascoltando il loro ultimo Forgotten Days si capisce come questo gruppo sia ben oltre i sterili confini dei generi e delle etichette, suonano forte e hanno tante cose da dire e da farci vedere, provare. Dopo tre grandi dischi, incastonato ognuno in un argomento e in una declinazione particolare del loro stile, Forgotten Days è un andare ulteriormente oltre, è un lavoro che parla del dolore che si può provare per la perdita di un familiare, delle relazioni all’interno di una famiglia, di riflessioni e di giorni che abbiamo dimenticato, ma che vivono dentro di noi.
I Pallbearer sono un gruppo unico, parlano al cuore e non hanno una carriera ma un’evoluzione continua, scrivono canzoni perché è l’unico modo per spiegare cosa provano, e per far sentire qualcosa al loro pubblico. Quest’ultimo gli è fedelissimo, poiché sentire i Pallbearer non è solo avere un’esperienza musicale, è piuttosto immergersi in una dimensione parallela, intangibile ma al contempo vivida, dove la tristezza viene trasformata in amaro sorriso, dove le nostre orecchie vengono coccolate come se fosse la nostra stessa madre ad accarezzarci, ogni rivoluzione è un sentimento e il groove è continuo.
Il processo di maturazione del gruppo continua incessante, non ci si ferma mai, e Forgotten Days è un album che mostra aspetti che nel precedente Heartless avevano cominciato la loro marcia verso di noi. Le composizioni sono sempre pesanti e sinuose, cariche di quel sentimento che solo i Pallbearer sanno creare, e vanno nella direzione dettata da Heartless, ovvero la massima commistione possibile fra melodia e durezza, che è poi la cifra principale della carriera del gruppo di Little Rock.
Il lavoro è stato concepito come se dovesse essere suonato dal vivo, e si sente molto bene questa predisposizione, in attesa di rivederli al più presto su di un palco. I Pallbearer aprono dei passaggi nella nostra corazza, sono uno dei pochi gruppi insieme ai Tool Mastodon e pochi altri, che suona come se fossero nel nostro cuore, grevi eppure leggiadri, pesanti ma con un tocco pop davvero notevole. Infatti gli americani parlando della scrittura del disco citano i Rush, che facevano progressive ma che hanno avuto momenti notevoli di apertura verso il pop.
Non aspettatevi in Forgotten Days momenti pop nel senso classico, bensì ottime melodie che non hanno confini stilistici e che elevano notevolmente il tutto.
Musica pesante che parla alla parte di noi che teniamo maggiormente nascosta, ma anche un ottimo disco per ascoltare musica indubbiamente superiore, perché i Pallbearer sono davvero un’altra storia, come la copertina di Michael Lierly fratello del batterista Mark Lierly, che con la sua forza e pietas proietta subito l’ascoltatore dentro la questione.
Track List
1. Forgotten Days
2. Riverbed
3. Stasis
4. Silver Wings
5. The Quicksand Of Existing
6. Vengeance & Ruination
7. Rite Of Passage
8. Caledonia
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