“Viaggio al termine della notte” di Louis-Ferdinand Céline, edito da Corbaccio
“Céline è stato creato da Dio per dare scandalo”, questo venne scritto nel 1932 quando il romanzo diventò un successo mondiale, suscitando entusiasmi e contrasti feroci. Lo “scandalo Céline”, che dura tuttora, è la profetica lucidità del suo deliro, uno sguardo che nulla perdona a sé e agli altri, che ha il coraggio di affrontare la notte dell’uomo così com’è.
Potrete leggere passaggi come questi:
• Da quattro settimane che durava, la guerra, eravamo diventati così stanchi, così infelici, che avevo perduto, a forza di fatica, un po’ della mia paura per strada. La tortura di essere tormentati giorno e notte da ‘sta gente, i graduati, i piccoli soprattutto, più brutali, più meschini e carichi d’odio ancora più del solito, finiva per far esitare i più ostinati, a vivere ancora.
• Il cannone per loro era solo un rumore. È per questo che le guerre possono durare. Anche quelli che la fanno, che ci sono dentro, non se la immaginano mica.
• “Cos’è che vi han fatto i tedeschi?” “Hanno bruciato una casa vicino al municipio e poi qui hanno ammazzato il mio fratellino con un colpo di lancia nella pancia… Giocava sul Pont Rouge e li guardava passare…”
• (…) non faceva che divagare su felicità e ottimismo, come tutte le persone che sono dalla parte giusta della vita, quella dei privilegi, della salute, della sicurezza e che hanno ancora da vivere per un bel po’.
• Non si perde gran che quando brucia la casa del padrone.
• ‘Sto ragazzo, è un anarchico, allora bisogna fucilarlo (…).
• (…) rifiuto la guerra e tutto quel che c’è dentro… Non la deploro, io… Non mi rassegno, io… Non mi piagnucolo addosso, io… La rifiuto recisamente, con tutti gli uomini che contiene, voglio averci niente a che fare con loro, con lei. Fossero anche novecentonovantacinque milioni e io solo, sarebbero loro che hanno torto (…) e io che ho ragione, perché sono il solo a sapere quel che voglio: non voglio più morire.
• Ingrassare le zolle dell’anonimo contadino è il vero avvenire del vero soldato!
• (…) gentucola, coglioni della vita, bastonati, derubati, sudati da sempre, vi avverto, quando i grandi di questo mondo si mettono ad amarvi, è che vogliono ridurvi in salsicce da battaglia…
• Ci sono per il povero a ‘sto mondo due grandi modi di crepare, sia con l’indifferenza generale dei suoi simili in tempo di pace, sia con la passione omicida dei medesimi quando vien la guerra. Se si mettono a pensare a te, è a torturarti che pensano sùbito gli altri, e nient’altro che quello.
• Fin che il militare non uccide, è come un bambino. Lo diverti facile. Non essendo abituato a pensare, quando uno gli parla è costretto per cercare di capire a decidersi a sforzi opprimenti.
• Mai, o quasi, chiedono il perché gli umili, di tuto quel che sopportano. Si odiano gli uni gli altri, e tanto basta.
• Per uno che è messo male, non è mai comodo sbarcare da nessuna parte ma per un galeotto è anche peggio, specialmente perché la gente d’America non ama affatto i galeotti che vengono dall’Europa. “Son tutti anarchici” dicono loro. Vogliono insomma ospitare in casa loro solo dei curiosi che gli portano della grana, perché tutti i soldi d’Europa, sono figli del Dollaro.
• Ovunque uno si trovi, appena attira su di sé l’attenzione delle autorità, è meglio sparire e alla svelta. Niente spiegazioni.
• Quasi tutti i desideri del povero sono puniti con la prigione.
• La vita, per chi non ha mezzi, è solo un lungo rifiuto in un lungo delirio (…).
• (…) sapevo che il culo è la piccola miniera d’oro del povero.
• Quando ti parlavano evitavi la loro bocca perché il dentro dei poveri puzza già di morte.
• Insomma, fin che sei in guerra, si dice che sarà meglio in pace e ti ciucci quella speranza come se fosse una caramella e poi invece non è che merda. Non si osa dirlo prima per non disgustare nessuno. Si è gentili tutto sommato. E poi un bel giorno si finisce comunque per cantarla chiara davanti a tutti. Ne hai abbastanza di rigirarti nella merda fin qui. Ma tutti trovano di colpo che sei proprio un maleducato. E basta.
• Il padrone è peggio della merda.
• “(…) ti amo Julien, così tanto, che mi mangerei la tua merda, anche se tu facessi degli stronzi grossi così…”
• I ricchi non hanno bisogno di uccidere con le loro mani per mangiare. Fanno lavorare gli altri, come si dice. Il male non lo fanno loro stessi, i ricchi. Loro pagano. Si fa di tutto per piacergli e tutti sono contenti. Mentre le loro donne sono belle, quelle dei poveri sono brutte. È un risultato che viene dai secoli, vestiti a parte. Belle carine, ben nutrite, ben lavate. Da quando c’è, la vita non è arrivata che a questo.
• (…) mi raccontò che durante la ritirata di Russia, i generali di Napoleone hanno avuto il loro bel daffare per impedirgli d’andarsi a far fare un pompino a Varsavia un’ultima suprema volta dalla polacca del suo cuore. Era così, Napoleone, anche in mezzo ai più grandi disastri e sventure. Niente serio insomma.
• (…) mi accolse per un salario da niente, ma con un contratto e delle clausole lunghe così, tutte evidentemente a suo vantaggio. Un padrone insomma.
Cos’altro aggiungere? L’anarchico Céline ha vissuto le esperienze più drammatiche: gli orrori della Grande Guerra e le trincee delle Fiandre, le durezze dell’Africa coloniale e la New York della “folla solitaria”, le catene di montaggio della Ford a Detroit e la Parigi delle periferie più desolate dove lui faceva il medico dei poveri, a contatto con una miseria morale prima ancora che materiale.