Parlando con una persona discretamente altolocata – almeno a livello professionale – gli chiedevo se la mia vita sarebbe stata meno tortuosa se non avessi eletto a mie guide spirituali (detto con il dovuto distacco) i Joy Division e Jean Paul Sartre.
Rispondendo il suddetto professionista mi diceva che forse era un giusto inciso ma che nel contempo mi sarei perso un sacco di cose davvero stimolanti.
Sarà, ma io, da ragazzino, mi comprai un disco solo perché la band si chiamava Jean Paul Sartre Experience e, vi dirò di più, mi piacquero e mi piacciono tuttora.
Tutto questo preambolo solo per dirvi che: a) un incipit me lo devo comunque inventare, b) i Sacred Legion suonano quel tipo di rock decadente e oscuro con il quale sono cresciuto e che ora, che sono diventato grande, continua ad essere uno fra i miei preferiti.
A dire il vero i nostri addizionano il loro dark sound – mi si perdoni la definizione insulsa – con una buona dose di punk tanto da ricordare band come i TSOL e i primi Christian Death; ehi ragazzi non ho proprio detto bazzecole.
L’ album si apre con Flower Phantoms, l’unico pezzo lungo del lotto, che si apre con una intro marziale per poi velocizzarsi in un incedere che rimanda ai Bauhaus. Dig Me No Grave, con il suo giro perfettamente a fuoco, potrebbe essere definito lo zenith del disco, ma per me la perla viene immediatamente dopo con A Taste Of Turmoil il cui ritmo anfetaminico la sua foga ed irruenza nell’ esecuzione la rendono perfetta per le le mie orecchie di anziano punk-rocker (un ossimoro non trovate?).
Seguono Black Sun Ritual la cui cadenza arabeggiante e minacciosa evoca una sortita in territori estranei ad un club mediterranee e Shards nella quale gli intrecci tra chitarra e basso rinverdiscono atmosfere degne dei primi Cure.
Che dire, io con certe cose ci vado a nozze ma penso anche che la mia lunga militanza mi porti a capire il valore di una band e i Sacred Legion hanno davvero classe da vendere, ascoltare per credere
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