I Lords of Altamont entrano in attività nel 2000 per volontà di Jack Cavaliere, sant’uomo già titolare di quel piccolo gioiello di garage punk dalle venature sinistre che furono i Witch Doctors (titolari di due splendidi 7” ed un LP altrettanto entusiasmante tra il ’92 ed il ’94). Partiti con brio nel 2002 con il disco “to Hell with the Lords of Altamont”, vero e proprio tributo al garage più morboso a marchio anni ’80, tra primi Cramps, Fuzztones e Dwarves, la loro intera carriera, fino a questo momento, sembra essere stata una riscoperta di tutto quell’underground americano ed inglese, a cavallo tra i ’60 e i ’70, che ha fatto da base a tante esperienze che tutt’oggi maturano e si affermano sull’intero globo terracqueo, sempre però mantenendo le sopracitate formazioni come metro stilistico: Heavy Psych, Proto Punk e attitudine da sfasciacarrozze, garagisti strafatti di punk rock stradaiolo e amanti del lo-fi (una bella rosa di riferimenti, non c’è che dire…); questo “Turn in, Turn on, Electrify!”, in uscita il 9 Luglio prossimo per Heavy Psych Sounds (nomen omen), sembra voler essere un resoconto più che esaustivo dell’intera carriera dei losangelini, con l’aggiunta di qualche nuovo spunto.
A quattro anni di distanza dal detroitiano “The Wild Sounds of…” questa nuova raccolta di brani originali porta avanti gli spunti più Psych che, ogni tanto, facevano capolino nel disco precedente (esemplare, in tal senso, era la cavalcata hendrixiana “(ain’t no) Revolution”) pur non disdegnando le più che rodate atmosfere garage e aprendo le porte ad una ventata di Stoner desertico e desolato.
Si parte quindi con due pezzi piuttosto rassicuranti, conoscendo i nostri o, per meglio dire, il nostro, dato che Cavaliere è rimasto l’unico membro originale della prima formazione e che, quindi, i LOA ruotino intorno a lui che, oltre ad essere il cantante, è anche il tastierista: Living with the Squares e Burn Me Out son due numeri piuttosto virtuosi di garage screziato di hard-rock (il primo nome che mi viene a mente sono i mai abbastanza celebrati Miracle Workers del terzo Primary Domain). Million Watts Electrified attacca e sembra di sentire gli Stones presi a schiaffi dalle chitarre acide dei Deviants. Ma dove i LOA paiono eccellere, a questo giro, son gli episodi più cadenzati e morbosi: Levitation Mind (scelta, non a caso, come primo estratto per le masse), Lost in the Future e Soul’s in Flame mescolano bene le carte tra psichedelia, Acid-Rock e, anche se velato, Stoner alla Kyuss; Cavaliere, in particolar modo, pare in uno stato di grazia esemplare: ispirato, il suo tastierismo diventa quasi epico, apocalittico e devastante in questi particolari episodi. C’è ancora spazio per qualche sortita alla Fuzztones (I Just Want, Movin’) prima di infrangersi nell’incubo lisergico di (Wet Brain), pezzo che parte cadenzato e si chiude schiantandosi in un violento delirio psichedelico.
Unica pecca del disco è, forse, un’eccessiva pulizia del suono: registrato traccia traccia, con i vari componenti sparsi per il globo e impossibilitati ad una più consona presa diretta (per ragioni che tutti possiamo immaginarci), perde quella sporcizia che dava più smalto e attacco alle prove precedenti. Pur tuttavia, il buono stato di scrittura ed esecuzione fanno di questo album sempre un qualcosa di altamente apprezzabile.
Un’ultima nota di colore: il chitarrista si chiama Daniele Sindaco e, come il nome suggerisce, è italiano; negli anni ’90 militava negli Shear, formazione hardcore di base a Bari. Quando si dice che uno ha fatto carriera…