Nessun piano strutturale, nessuna certezza, niente di premeditato; solo bassa-fedeltà, urgenza creativa e voglia di uscire allo scoperto in un mondo dove, farsi conoscere per le proprie doti, diventa sempre più difficile.
Siamo a Szczecin (Stettino in italiano) a un’ora e mezzo dal confine nord tra la Polonia e la Germania, il secondo porto più grande della Polonia; un gruppo di ragazzi e ragazze si trova incastrato nel bel mezzo della più grande crisi pandemica degli ultimi 100 anni; che si fa, ci si droga? Macché, si imbracciano synth, batteria, basso, chitarra e tutto quello che possa produrre rumore, si cerca un modo di ritrovarsi a piccoli gruppi senza incappare nelle restrizioni e si avvia una serie di progetti ispirati da uno spirito punk urticante, elettronico e travagliato che già fu di Suicide, Screamers e Nervous Gender; si cattura il tutto con lo smartphone (la quasi totalità delle uscite Syf sono registrate con delle App da Smartphone…DIY e immediatezza espressiva del terzo millennio) e i risultati si caricano su di un account bandcamp.
“che nome diamo all’etichetta?”
“Syf”
Syf, in Polacco, vuol dire “disordine” ma anche “schifezza”; il primo, durante questo periodo che ci ha accomunato tutte/i, è quello che abbiamo visto passare dai nostri occhi dritto nei nostri cervelli; la seconda è il gusto amaro che ci lascerà questa pandemia: l’abbandono degli ultimi, i ricchi sempre più ricchi, la corsa al vaccino, i tanto odiati “tanto muoiono solo i vecchi”. La Syf records è una delle poche cose buone nate, per esigenza, con questa pandemia e che sopravviveranno anche oltre (il collettivo ha ora in progetto concerti, esibizioni, distruzioni, terrorismo sonoro, schizzi di sangue da uno stereo…) e che ci resteranno come esempio di chi, da una situazione coercitiva, tira fuori dal cappello magico, sempre e comunque, qualcosa di buono se non geniale; e di genialità qui ce n’è a palate:
Przybysz (in italiano: “nuovo arrivato”): artefici di due EP solo su digitale (come tutte le uscite su syf d’altronde): il primo, che è anche la prima uscita dell’etichetta, datata Febbraio 2020)sono due canzoni di tre minuti, una dark wave allucinata dominata da basso, batteria, rumorismi gratuiti e voce tra l’urlato e il declamato (come babbo Alan Vega insegna); un viaggio allucinato e tutt’altro che salubre nelle zone portuali di una Stettino bloccata da una pandemia mondiale.
Il secondo, molto più recente (Maggio 2021) è quasi il contrario: ben otto canzoni ma che, se sommate nella durata danno lo stesso minutaggio del primo EP se non anche meno: 8 schegge di dolore industriale, caratterizzate dalla solita voce devastata e da un incedere incerto, scarno, approssimato per difetto. Appunti, schizzi, note di fondo, di una mente spossata dopo un anno e mezzo di emergenza sanitaria.
Instrybutor: in italiano si traduce come Istitutrice/istitutore e, a conti fatti, son quello che hanno rappresentato per me: il primo gruppo di questa realtà che ho ascoltato (e amato), una guida all’interno dell’inferno industrial punk minimal della Syf; autori, per ora, di una sola demo, gli Instrybutor sono pura dissonanza e urla lancinanti. Angoscianti, troppo allucinanti per soffermarsi a pensare a dei termini di paragone. Stupendi.
Sick Shit SS: nome un po’ boh, un po’ mah, si autoproclamano egg punk pur non vantandone nessun punto in comune, eccetto la voce trattata (ma qui niente effetto chipmunks, sembra più Freddie Krueger); in realtà questi Sick Shit SS sembrano più un progetto nato in aperta polemica col movimento egg: niente velocità (eccetto la breve accelerazione sul finale di Asturia Is a good Name for a girl), solo rumoracci e batteria per lo più monolitica… autori di due Ep, il primo di due tracce e il secondo, più esplicativo ma non meno minimale, di otto.
Salnos: un solo EP, tre pezzi, I Joy Division di Closer che, per rafforzare il loro concetto di desolazione, si abbandonano volontariamente in un autoisolamento cosmico fatto di Kraut Rock e Space Disco. Molto belli.
Poznory: anche loro titolari di un solo EP; molti progetti sotto l’egida di Syf sono collaborazioni estemporanee ma che, ad ogni buon conto, si fondano sull’idea di brani brevi ma definiti. Così anche questi Poznory che, in un delirio minimale, lasciano 5 brani brevi di punk industrial/minimal composto più da assenze che da presenze che non siano, solo ed esclusivamente, fantasmi in una casa infestata.
Suty: synth punk da assalto, come gli Screamers ma più affiliati con la Soviet Synth Wave. Ben tre EP su Syf che testimoniano la crescita compositiva di una combo Interessantissima: hanno anche pubblicato un EP in cassetta sull’americana Bad Rating. Serrati, spietati, infetti, spiritati.
Kiloff: anche loro tra i più produttivi dell’etichetta, ben tre EP, sempre devoti ad un mid tempo punk e ad un Noise Rock angosciante, industriale e dall’incedere inesorabile. Lamenti da una quarantena infinita.
Parole in Liberta: progetto solista di Marcin Pasterz P., leggenda underground di Szczecin: techno punk come in una versione minimal degli Atari Teenage Riot, messo in piedi ed incollato con dei suoni rubati ad un’Amiga anni ’80. Pressappoco geniale.
Wentylator: in assoluto i miei preferiti. Autori, per ora, di un solo EP: Noise punk urlato ed ossessivo. Un dolore lancinante e continuo, talmente continuo che uno, alla fine ci si abitua e ci si affeziona fino al punto di trovarlo piacevole…
Kreole: due Ep, molto più ragionati e definiti. Tra Lounge fantascientico e Chaos emotivo, fino all’ultima spiaggia, quella dalla quale non c’è ritorno. “They still Remember to love Rock n’Roll”. Uno dei pochi progetti dove la chitarra gode ancora di centralità compositiva
Stomp Collector: Ambient urlato, ambient da casa di cura, il Chaos prima dell’inoculazione fatale. Tutto questo in meno di trenta secondi.
Szlam: un gruppo anarcho punk della Crass Records proiettato, un milione di anni dopo, in una delle stanze della tortura della Syf. Riunioni segrete prima del sabotaggio.
Cold Taylor: progetto estemporaneo gestito da quattro elementi del collettivo Syf; non toglie e non aggiunge nulla all’insieme ma resta comunque un riassunto più che esaustivo.
Kidz Against: un Noise Rock che si trascina a stento, in un’agonia figlia del Darby Crash di Manimal, si schianta contro una nenia infantile e poi riparte con il delirio ma, ormai calata la maschera, si rivela per quello che è: l’espressione di un gruppo di giovanissimi adepti del collettivo.
Rakvel: nowave vera e propria, in un processo continuo di scomposizione/decomposizione. Ti sembra di averli compresi e , il secondo dopo, son già da un’altra parte, più scomposti e decomposti di prima.
P.R.K.: unico progetto estraneo alla città di Szczecin ma che qui lascia solo una versione synth punk di Touch Me I’m Sick dei Mudhoney. Un’ospitata gradevole.
Rwetes: progetto solista da cantina, punk rumorista e, per lo più, strumentale; un marcato buon gusto ed una malcelata adorazione per il Kraut fanno il resto.
Krostian: ci si riaffaccia su un tech-noise allucinato e gestito con spirito punk. Un po’ Fall, un po’ Factory Floor, un po’ Crass.
Bzdet: altro progetto solista dove, l’autore, si dichiara Chamber Pop: certo che sì! Se la chamber in questione è la stanza del tempo nelle ultime scene di Odissea nello spazio! Tra i miei progetti preferiti, echi space wave da uno spazio remoto e dimenticato.
Vulgarator: come il nome promette, il nome mantiene: una brutalità pressata a forza in tre pezzi segnati per sempre da un Harsh Noise delirante; una voce urlata fino a strapparsi le corde vocali. Il progetto più estremo (per ora…)
Trzpiot: punk lontano, polveroso. Sei solo, in una stanza vuota; dalle pareti senti arrivare come dei segnali dall’anno 2077. No, non vogliono comunicare con te, vogliono solo inquietarti. Ci riescono.
Kablè: unico progetto che non è stato registrato su smartphone, i Kablè sono, per il momento, l’uscita più meditata della micro etichetta polacca. Strumentali e devoti al verbo dei Joy Division più danzerecci, dei Liquid Liquid più ipnotici, dei Coil più ossessivi. Un passo verso un cambiamento strutturale per la Syf? Più pulizia e tecnica? Il dato di fatto è che l’ Ep dei Kablè piace e convince tantissimo.