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Recensione : Gnod – Hexen Valley

Difficile stare al passo con la discografia degli Gnod, all'inizio di aprile in prima linea con un nuovo capitolo, “Hexen Valley”.

Difficile stare al passo con la discografia degli Gnod, all’inizio di aprile in prima linea con un nuovo capitolo, “Hexen Valley”. La band di Salford pubblica materiale con cadenza annuale, se non ancor più ravvicinata (gli ultimi due, “La Mort Du Sens” e “Easy To Build, Hard To Destroy”, sono usciti a pochi mesi di distanza nel 2021), e la musica, uno space-rock contaminato, fagocita tutto ciò che gli capita a tiro: noise, elettronica, echi industrial, post-punk, heavy metal, doom, kraut.

Stavolta il collettivo si è riunito nella Calder Valley per comporre “Hexen Valley”, ovvero un’area dello Yorkshire occidentale stretta tra Leeds e Manchester, dove si trova Todmorden, cittadina in cui si contano decine di avvistamenti di UFO, tanto da essere soprannominata la “Roswell britannica” e che affascinò, tra gli altri, Sylvia Plath e Emily Brontë.

Stando alle note dell’album, Paddy Shine e compagnia bella hanno tratto ispirazione dal luogo, presentato come un “enclave di fricchettoni, da qualche decennio epicentro di strane vibrazioni”, per la realizzazione dell’ennesimo monolite sonico da affidare alla cura della fedele Rocket Recordings.

Tuttavia, la pittoresca immagine della bucolica valle tutta stranezze e personaggi bislacchi dell’Inghilterra rurale potrebbe trarre in inganno, dato che la musica è tutt’altro che ruffiana o ingenua. Il noise-rock paranoide dell’iniziale Bad Apple cede il passo alle spire interminabili di Spotlightche per quattordici minuti spinge una jam di doom-metal industriale;Skies Are Redrecupera il post-punk di Bad Apple, con un incedere dispari che poi decolla in un gorgo di chitarre e beat di batteria, mentre Antidepressants rallenta catatonica in un pow-wow industrial con influenze sabbathiane, per poi esplodere in una coda ipercinetica e infine crollare di nuovo. È di nuovo noise-rock nei riff angolari di Still Runnin’e doom sabbathiano nella conclusiva Waves Of Fear.

Lo stile degli Gnod è qui ampiamente collaudato e, tutto sommato, se la cava andando in automatico: non siamo dalle parti di “Infinity Machine” o “Just Say No To The Right Wing…”, anche se “Hexen Valley” fotografa ancora una volta gli Gnod come una delle miglior band psichedeliche del Regno Unito.

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