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Recensione : Assassinio di lunedì di Dan Turèll

“Io assassinavo ragazze. Mi piaceva veder morire sotto le mie mani quelle creature che solo un minuto prima traboccavano di vita in modo sfacciato, seducente, provocatorio.”: “Assassinio di lunedì” (1983)...

“Assassinio di lunedì” di Dan Turèll

Io assassinavo ragazze. Mi piaceva veder morire sotto le mie mani quelle creature che solo un minuto prima traboccavano di vita in modo sfacciato, seducente, provocatorio.”: “Assassinio di lunedì” (1983) è un racconto nerissimo e amaro, ma pieno di humour e di umanità che riecheggia come un blues tra i cortili dei quartieri malfamati e le luci dei caffè del centro, tra squatter e piccoli trafficanti, prostitute, alcolizzati e poveri diavoli, in una vivace, disillusa e ironica presa diretta della realtà urbana.

 

Potrete leggere passaggi come questi:

 

  • Pensai che in tutto il mondo si producono armi atomiche e bombe all’idrogeno sufficienti ad annientare il genere umano e qui, in pieno Nørrebro (quartiere di Copenaghen, nda), c’era un idiota convinto che per risolvere tutti i problemi bastava rispedire gl’immigrati in Afghanistan. Io ho naso aquilino, baffi e un colorito a malapena olivastro e tanto basta, ai suoi occhi, a far di me un immigrato. Se riusciva a massacrarmi di botte la sua giornata era a posto.
  • Le prime pagine erano tutte per gli squatter, e le pietre del selciato fischiavano tra i titoli. Gli ospedali avevano avuto una notte indaffarata. Tutti i giornali dedicavano un editoriale agli scontri. Il quotidiano conservatore esortava le forze dell’ordine a mostrare fermezza nel conflitto con certi elementi irresponsabili, la cui evidente giovane età non bastava di certo a giustificarne il comportamento criminale. Il quotidiano liberale raccomandava un dialogo tra le parti, al fine di evitare quel conflitto increscioso e forse tutto sommato inutile. Il quotidiano comunista faceva osservare come non fosse la prima volta che la polizia assumeva spontaneamente il ruolo di longa manus della borghesia e del capitalismo. Il quotidiano intellettuale guardava con simpatia il fine e il punto di vista dei giovani, ma deplorava i metodi utilizzati, che a lungo termine avrebbero potuto danneggiare quella buona causa. Tutto era come ci si poteva aspettare.
  • Ci fece strada attraverso un ingresso claustrofobico, dove c’era posto almeno per tre cappotti e due paia di stivali (sotto al trentasei), fino a un soggiorno dove ci dispose intorno a un tavolo: di certo il tavolo al quale lei e il marito prendevano il caffè la sera. Il divano stava di fronte alla televisione, perciò era tutto chiaro. La maggior parte degli appartamenti danesi è così. Di colpo mi sentii terribilmente stanco, come se stessi per svenire. Mi aggrappai ai braccioli della sedia e mi guardai intorno. Era tutto lì. La mesta parodia di quel che chiamiamo “un focolare”. C’erano tavoli e sedie e televisore e tappeti. C’erano piccoli scaffali triangolari appesi per un vertice, i cosiddetti amagerhylder, pieni di ridicole coppette e portacenere di ceramica ricordo delle vacanze. C’erano fiori e fodere di protezione e mezza parete coperta di foto di famiglia, dal matrimonio alla cresima della figlia.
  • Nella vita è già difficile trovare qualcuno con cui si ha voglia di parlare. Trovare qualcuno con cui non si ha bisogno di parlare è quasi un miracolo.
  • Un sindaco di provincia, accusato di corruzione, aveva tentato di discolparsi dichiarando – senza dubbio a ragione – che “così fan tutti”.
  • Diverse lettere, non sempre firmate, erano dell’avviso che quell’ondata di crimini a Copenaghen andasse obiettivamente collegata al recente afflusso di immigrati nel paese. “Nelle loro terre”, scriveva un certo Kurt Jørgensen, Præstevej 34 C, Ballerup, “la vita umana non vale niente. Dobbiamo aspettare di fare anche noi la stessa fine o vogliamo deciderci a far pulizia in Danimarca, prima che sia troppo tardi?” Il presidente dell’Associazione dei lavoratori stranieri obiettò garbatamente che nessun paese era al riparo dalla violenza, provocando la sollevazione di una schiera di lettori pronti a suggerirgli, dato che era così scontento della Danimarca, di tornarsene a casa sua in Arabia, perché nessuno l’aveva chiamato né avrebbe rimpianto la sua presenza.
  • Un giovane musicista rock il cui talento era passato inosservato rivelò a un settimanale di aver avuto una relazione con la defunta Anne Lise, e che per questo motivo era in grado di esibire alcune sue foto in bikini sulla spiaggia di Gilleleje. Quelle foto, vendute al giornale, non gli avrebbero fruttato meno di un paio di migliaia di corone. In realtà, mi raccontò un collega, la condizione che aveva posto per cederle era un ampio reportage fotografico sul suo LP di prossima uscita, Un mondo gelido.
  • (…) un altro caso irrisolto per l’archivio della polizia. Ancora un caso che avrebbe diviso le opinioni. Qualcuno, con sicurezza granitica, avrebbe accusato lo Stato d’essere impotente di fronte a ogni crimine che andasse oltre il divieto di sosta e i ciclisti che circolavano senza luci mentre altri, con la stessa convinzione, avrebbero visto nelle stesse circostanze la conferma che la polizia aveva bisogno di uomini e risorse, in modo che tutti potessimo camminare sicuri per le strade. Come se una condizione del genere fosse mai esistita.
  • Se continua così finirà che anche noi giornalisti crederemo a quello che scrivono i giornali.
  • Mavis era addetta a quel settore strategico che il segretario di redazione ama definire gossip. (…) Mavis sa tutto di tutti quelli che sembrano contare qualcosa, e niente dei pochi che contano molto in realtà. O meglio, e ancora più importante: sa quello che non sanno gli altri. Anche se redige con insensata e superflua sollecitudine la seguitissima rubrica “Nomi e nuove”, il suo principale contributo al Bladet sono le notizie che non Alla mensa del giornale si era soliti dire che forse il redattore della politica conosceva i motivi politici dietro all’improvviso viaggio del ministro degli Esteri a Bruxelles, ma era Mavis a sapere dove e con chi avrebbe passato la notte.

 

Cos’altro aggiungere?

Dan Turèll condivide con i poeti beat americani Ginsburg, Kerouac e Burroughs, argomenti quali il jazz, la metropoli e le droghe.

 

Date un’occhiata alla rubrica RILEGGIAMOLI, tante soprese vi aspettano !

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