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Recensione : Reverend Beat – Man & the Underground

Il Reverendo, sia da solo che (mal) accompagnato, come con i prodotti della sua mirabile etichetta, ci ha, negli anni, fin troppo ben abituati: qualsiasi cosa venga licenziata a suo nome o con sovra impresso il marchio Voodoo Rhythm sa far felici colori i quali, me compreso, amano il rock'n'roll più scassato e rumoroso.

Reverend Beat - Man & the Underground

Il Reverendo, sia da solo che (mal) accompagnato, come con i prodotti della sua mirabile etichetta, ci ha, negli anni, fin troppo ben abituati: qualsiasi cosa venga licenziata a suo nome o con sovra impresso il marchio Voodoo Rhythm sa far felici colori i quali, me compreso, amano il rock’n’roll più scassato e rumoroso.

Ci si aspetta sempre qualcosa che provochi un bello scossone al logorio della vita moderna (cit.). E lui, da par suo, non delude, esattamente come in questo caso nel quale si fa accompagnare dagli (in)fidi Underground. 

Il disco si apre con un pezzo come I Want to Fuck You Baby che è puro reverend style (chi lo conosce capirà esattamente di cosa sto parlando) a cui fanno seguito la lenta, sofferta e cattiva Jesus Christ Twist – che oltretutto ha anche un gran bel titolo – e la rovinosa Mongolian Talks to Alien.

Il brano che dà il titolo all’album è una ballata che farebbe impallidire Nick Cave, mentre la successiva Get Down On Me è, a mio avviso, la canzone top dell’intera scaletta. In Banned from Internet, a dimostrazione del suo eclettismo, Mr Zeller fa una fragorosa incursione nei terreni desolati del country, laddove Back in Hell mostra il suo lato da crooner posseduto.

Il compito di chiudere il tutto spetta alle splendide e tossiche atmosfere di You’re On Top.

Che dire al Reverendo dopo averci donato, con cotanto altruismo, l’ennesimo tourbillon di emozioni? Ora pro nobis? Flagelliamoci le carni? Scambiamoci un segno di pace?

Nel dubbio godiamoci questo It’s Matter of Time che, con ogni probabilità, finirà nella mia tanto attesa (!) top ten dei 2022.

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