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Recensione : Elogio del silenzio di John Biguenet

Mentre oggi la scienza pone in dubbio la reale esistenza del silenzio, autori come Edgar Allan Poe e William Shakespeare, e musicisti come John Cage si sono interrogati sul significato del silenzio e sulla sua rappresentazione nella letteratura e nell’arte. “Elogio del silenzio” di John Biguenet, edito da il Saggiatore

“Elogio del silenzio” di John Biguenet, edito da il Saggiatore

Mentre oggi la scienza pone in dubbio la reale esistenza del silenzio, autori come Edgar Allan Poe e William Shakespeare, e musicisti come John Cage si sono interrogati sul significato del silenzio e sulla sua rappresentazione nella letteratura e nell’arte.

E proprio nella varietà e contraddittorietà delle risposte risiede il grande fascino del silenzio, che John Biguenet restituisce in questo libro del 2016 indagandone le mutevoli e variegate sembianze: premio o punizione, arma letale o strumento di resistenza, vuoto da riempire o sensazione di pura pienezza, bene di lusso o disturbo da evitare.

Nel silenzio possiamo riordinare i pensieri scossi dalla frenesia della quotidianità, trovare pace dopo aver subito delusioni o prevaricazioni, ma possiamo anche vivere l’angoscia dell’attesa, l’inquietudine dell’ignoto, lo spettro della solitudine.

In un mondo che procede febbrile, snervante e caotico, sempre più spesso il silenzio sa esprimere meglio delle parole le passioni umane, dalle più esaltanti e virtuose alle più tristi; l’autore di questo saggio ci ricorda che inseguirne il fragile, utopico incantesimo è oggi il modo migliore per prenderci cura di noi stessi.

 

Potrete leggere passaggi come questi:

 

  • (…) la fede smarrita che un tempo era espressa con il proverbiale “vedere per credere” lascia il posto alla credenza moderna nelle cose che non si vedono: un mondo al di là dei sensi. Non mettiamo in discussione, per esempio, la struttura sottostante alla materia – intrecci di invisibili protoni, neutroni ed elettroni –; ci crediamo, ma sarebbe totalmente assurdo senza il supporto della matematica. (…) Siamo tenuti ad ammettere l’esistenza della radiazione che pulsa dal centro della nostra galassia senza poterla né vedere né sentire, ma soltanto osservandola attraverso le misurazioni di un radio telescopio (…). Parallelamente, una parte sempre più grande dell’opinione pubblica considera i negromanti dei ciarlatani e il credere ai fantasmi sintomatico di una sofferenza psicologica. Tutto ciò è senza dubbio semplice da accettare fino a quando non si tenta di distinguere fra ciò che non si vede e non si sente, e che noi deridiamo, e ciò che invece veneriamo. Per esempio, che differenza c’è fra gli adepti dell’occulto e il clero delle religioni ufficiali? (…) Sarebbe fin troppo presuntuoso per il lettore rispondere a tali domande. Ma è difficile mettere in discussione la nostra attuale predisposizione a riconoscere l’esistenza di un universo di fenomeni invisibili e inudibili, scoperti soltanto nelle ultime centinaia di anni, mentre si dibatte (e sempre più si rifiuta) l’esistenza di altri fenomeni che si trovano fuori dalla portata dei nostri sensi e che, tuttavia, sono accettati quasi universalmente da millenni. (…) Se da un lato abbiamo imparato a spingerci al di là dei nostri sensi, scoprendo ciò che era oltre l’umana comprensione, dall’altro gli esiti positivi nell’ideazione di procedure per dimostrare una specifica teoria hanno portato a un maggiore scetticismo nei riguardi di ciò che è impercettibile e che resiste ai nostri metodi di conferma.
  • (…) enfasi viene data all’annullamento del rumore nella Mercedes in un articolo del 2015 del Wall Street Journal dal titolo “Mercedes-Maybach S600: il silenzio è assordante”. Nel descrivere l’incredibile tranquillità di guida della berlina che ha un prezzo base di 190.275 dollari, l’autore spiega che il silenzio non solo è assordante, ma è persino nauseante. (…) A quanto pare, i ricchi sono capaci di resistere persino alla nausea pur di avere il lusso del silenzio. Ma se il silenzio nausea i ricchi, il rumore è una sofferenza per i poveri. (…) In quasi tutti i paesi, dalle nazioni più industrializzate come il Regno Unito, ma anche in India, Thailandia, fino all’Africa, la probabilità che i poveri vivano in zone limitrofe alle principali fonti di inquinamento acustico (strade, aeroporti, fabbriche) è più alta, per cui sono proprio loro a soffrirne maggiormente il fastidio. Il rumore non soltanto è l’agente inquinante dimenticato, ma è anche, e sempre di più (…) “rumore di seconda mano”, perché non viene generato da chi poi soffre a causa di esso. Gli opulenti e ovattati saloni schermano i ricchi dal baccano della povertà, ma per i poveri il chiasso della vita moderna – come le altre forme di inquinamento – è inevitabile. E così, mentre il rumore continuerà la sua inesorabile avanzata nei più tranquilli vortici della natura incontaminata, i ricchi riusciranno comunque a trovare un rifugio silenzioso e impossibile da localizzare.
  • Il giudice della Corte suprema di giustizia degli Stati Uniti, Samuel Freeman Miller, nell’emendamento 134 U.S. 160 di Medley, ha dichiarato la presenza di “un numero considerevole di detenuti che, persino dopo un breve isolamento, si ritrovava in una condizione di semi-incoscienza, dalla quale è praticamente impossibile uscire. Altri, invece, sono diventati violenti e malati di mente. Altri ancora si sono suicidati. Quelli che hanno reagito meglio alla difficile esperienza, comunque non ne sono usciti totalmente riabilitati e, in molti casi, non sono riusciti a recuperare le attività mentali in misura sufficiente da poter fornire in seguito un servizio per la comunità”. (…) Sebbene vi sia una crescente consapevolezza degli effetti dell’isolamento sui detenuti, le autorità carcerarie continuano a considerare la solitudine e il silenzio come le forme più estreme di punizione per riformare il comportamento, a eccezione della pena capitale.
  • Prendiamo in considerazione l’Olocausto: il suo scopo non era forse quello di mettere a tacere le vittime, che si trattasse di ebrei, nomadi, omosessuali o qualsiasi altra odiata minoranza? Non è questa l’intenzione di un genocidio (o, per utilizzare un recente eufemismo, “pulizia etnica”)? Il genocidio vuole eliminare ogni traccia delle sue vittime e per far ciò costringe all’assoluto silenzio. Non c’è da sorprendersi, dunque, se bruciare i libri, distruggerli in enormi roghi, spesso ne è una delle prime manifestazioni: una forma di censura politica e sociale, volta a eliminare le voci dei dissidenti. La repressione del dissenso attraverso la moderna pratica di “far scomparire” l’opposizione è un altro impiego del silenzio con lo scopo di eliminare sia i dibattiti politici sia gli individui che li sostengono.
  • L’impiego del silenzio per prolungare l’efficacia della violenza, in maniera indiretta tramite rifiuti formali che negano l’accaduto, ma più spesso attraverso il semplice rifiuto di rivolgersi al soggetto, viene largamente utilizzato sia dai governi sia dai singoli individui. Per esempio, il rifiuto dei terroristi di proclamare la propria responsabilità dopo un bombardamento o dopo altre forme di omicidio di massa cerca di amplificare la paura causata dal violento attacco attraverso un silenzio implacabile. Così facendo, si prolunga la paura almeno finché il mistero sui responsabili rimane irrisolto.
  • (…) c’è una differenza sostanziale fra genocidio e tortura. Il genocidio cerca di mettere a tacere, mentre la tortura è l’antidoto contro il silenzio.
  • (…) un mondo in cui il destino, anzi Dio stesso si son fatti famosi anzitutto perché ci fronteggiano col silenzio.
  • Quale spaventosa lezione possiamo trarre dall’implacabile silenzio delle maschere? Chi riconosciamo nella silente indifferenza del giullare mascherato, se non noi stessi? L’impassibilità della maschera rispecchia la paura che, dentro ciascuno di noi, si celi un sociopatico, indifferente alla sofferenza degli altri e attento solo ai propri interessi. Ma, ovviamente, noi non parliamo mai di questa possibilità. L’inibizione è un’altra forma di silenzio.
  • Eravamo ancora studenti quando io e mia moglie visitammo Firenze per la prima volta. Proprio quando il tramonto stava per tingere di bronzo l’Arno, trovammo un piccolo ristorante vicino alla pensione infestata di pipistrelli dove soggiornavamo. Marsha, essendo stata cresciuta da una nonna originaria di Viareggio, ordinò da mangiare in un italiano del quale il nostro anziano cameriere deve aver riconosciuto le inflessioni toscane. Si rifiutò, comunque, di scrivere alcunché sul suo taccuino fino a che, spazientito, la interruppe con un deciso “Signorina!”, rivolgendosi quindi verso di me con aria interrogativa. Solo dopo che ebbi annuito, annotò la nostra ordinazione. Tempo dopo, mentre cercavo di perfezionarmi nel mestiere di professore, lessi un articolo sulla tendenza degli insegnanti, sia uomini che donne, a interrompere le studentesse – ma non gli studenti – mentre rispondo alle domande. (…) Viviamo in un mondo in cui le donne vengono spesso messe a tacere, a volte anche in modo violento. Ma l’umiliante affronto di zittire le donne con nonchalance è un’esperienza talmente radicata nella nostra quotidianità che questi piccoli esempi di imposizione del silenzio su un altro essere umano – la brusca interruzione del cameriere o dell’insegnante – in realtà possono aiutare, anche meglio di casi più eclatanti, a chiarire quale ruolo abbia il silenzio nel mantenimento dell’attuale distribuzione del potere nella società.
  • In Il filo della spada, riflessione sul potere del 1932, Charles de Gaulle scrive: (…) “Niente rafforza l’autorità quanto il silenzio, splendore dei forti, rifugio dei deboli” e “Il silenzio è l’ultima arma del potere”.
  • In una terra dove i figli maschi hanno più valore, dato che nelle culture tribali di solito soltanto loro possono ereditare i beni e il nome del padre, le famiglie che non hanno figli maschi sono oggetto di pietà e di disprezzo. Persino un finto figlio maschio accresce la reputazione della famiglia, almeno per qualche anno. Un bacha posh (pratica afgana per cui una figlia viene cresciuta come un figlio, nda) può anche e più facilmente ricevere un’educazione, lavorare fuori dalle mura domestiche, persino accompagnare le proprie sorelle nei luoghi pubblici. Questa pratica concede delle libertà raramente concesse alle ragazze in una società in cui la separazione fra uomini e donne è netta.
  • Durante il corso della mia vita, la storia degli Stati Uniti è sempre stata costellata da tradimenti della fiducia pubblica da parte di coloro che detengono una posizione di autorità: i Pentagon Papers, lo scandalo Watergate, l’Iran-Contras affair, il rimescolio dei preti pedofili da parrocchia a parrocchia da parte dei vescovi cattolici. In base alla mia esperienza, i segreti (e il silenzio, che è la maschera dei segreti) sono stati utilizzati dai potenti per celare le menzogne e i crimini.

Elogio del silenzio di John Biguenet

Cos’altro aggiungere?

Forse val la pena ricordare che se il silenzio dei vili può coprire nefandezze e sopraffazioni, il silenzio dei forti può essere un gesto di estremo coraggio, di fiera opposizione alle lusinghe e alle minacce del potere.

 

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