Un lunghissimo titolo dà il nome al primo Lp per il monicker Bang Bang Band Girl, one-lady project impersonato da Sheri Corleone, polistrumentista, disc jockey e speaker radiofonica cilena (oggi di stanza in Olanda) della quale avevamo già parlato, qualche tempo fa, nella rubrica “Songs The Web Taught Us“.
A metà dicembre dell’appena conclusosi 2022, Sheri ha pubblicato il suo primo lavoro sulla lunga distanza, uscito sulla benemerita Voodoo Rhythm Records (la label gestita dal mio nume ispiratore Reverend Beat-Man) e chi ha già allenato un po’ i timpani alle proposte della suddetta etichetta (che ha definito il 33 giri “one lady LO-FI Space Rock’n’Roll“) sa già cosa aspettarsi e, del resto, lo sintetizza la stessa copertina del disco, con lo strillone di avvertimento: “For INSANE people only” e la didascalia che annuncia all’ascoltatore che sta per imbattersi nel “selvaggio, bizzarro e incredibile mondo della one lady band e il suo viaggio all’inferno e ritorno”.
Registrato tra Perù e Paesi Bassi, il long playing si compone di ben dieci cover, che testimoniano la bontà degli ascolti e delle ispirazioni che hanno forgiato e formato l’anima sonora di questa ragazza giramondo (anzi, “One Lady Rock ’N’ Roll Orchestra“) cresciuta a chitarra, voce, grancassa, blues, rockabilly, doo-wop, r&b, punk, elettronica, B-movies, universo horror e sci-fi, immaginario ed estetica trash, Bettie Page e Poison Ivy dei Cramps, streghe malefiche, vampiri, latex, Frankenstein, Ed Wood, Russ Meyer, David Lynch e gli zombies di George Romero. Un jukebox pauroso e kitsch che, se innestato da monete insanguinate, si accende, rimastica e stravolge (spesso arricchendole coi suoni alieni degli oscillatori) tante minor hits degli ultimi sessanta anni e alcuni evergreen declinati nello stile Bang Bang Band Girl, che con la sua voce allo stesso tempo calda e suadente, ma pericolosa e velenosa come quella di una femme fatale che uccide i propri amanti dopo averli sedotti, omaggia i Troggs in “Wild Thing“, la regina del rockabilly Wanda Jackson in “Funnel of (Trash) Love“, il cantautore sui generis e one-man band di outsider music Hasil Adkins in “No more hot dogs“, Nancy Sinatra nel classico “Bang bang (my baby shot me down” (in effetti, poteva mancare?) Lemmy e i Motörhead in “The watcher“, i Drifters in “Up on the roof“, Dave “Diddle” Day in “Blue moon baby” (coadiuvata da Walter Daniels al sassofono) i compianti Johnny Thunders e gli Heartbreakers in “All by myself“, Elvis Presley in “Heartbreak hotel” (con l’ausilio del theremin, suonato dalla musicista peruviana Veronik) e gli amati Cramps nella noisy “Call of the Wighat“. Nel mezzo di questo rito voodoo minaccioso a base di fuzz, riverberi, feedback e stomp maligni, trovano posto anche due pezzi inediti, il blues sporco di sigarette e alcool “Trulo-V” e il surf drogato “The hand“.
“Super Duper” è una melma sonica infestata da serial killers, animali disseppelliti dai cimiteri indiani, insetti giganti mutati radioattivamente e logge nere, ed è “benedetta” dal Reverendo Zeller, e ciò è garanzia di (bassa) qualità. Il jukebox continuerà a suonare queste Gravest Hits, a patto che voi gli offriate il vostro sangue, perché il vero rock ‘n’ roll deve essere eccitazione e minaccia al perbenismo dell’ordine costituito, è la musica del demonio e, come tale, suscita spavento e repulsione, e non sarà mai roba per chierichetti e bacchettoni bigotti. All monsters hop.