Le sei canzoni presenti hanno quel senso di nouvelle vague tipico dell’indie americano più di avanguardia degli anni duemila, quell’inadeguatezza tra l’essere giovani o più maturi, quel gioco continuo di rimandi fra memoria e vita presente.
Terzo disco per i baresi Stain, seguito del disco precedente e sempre autoprodotto. Gli Stain sono nati nel 2016 e stanno compiendo un’evoluzione tuttora in atto, un cammino che non si ferma mai e che trova sempre nuova linfa in nuove canzoni che non si ripetono mai.
Gli Stain hanno registrato i due dischi in un asilo degli anni trenta, da qui il titolo e anche il motivo ricorrente di nuovo e vecchio che si incontrano fino a compenetrarsi totalmente. Il suono del quartetto pugliese è assai particolare nel senso che riesce a connettere insieme istanze diverse, è al contempo nervoso e caloroso, un qualcosa dell’emo e dell’indie anni novanta con tanta elettronica che però non prende mai il sopravvento e si amalgama benissimo con il resto.
“Kindergarten Part II” è un lavoro nato in due mesi chiusi in questo asilo, una condizione nuova per il gruppo che ha così prodotto musica differente rispetto a prima, dal respiro ancora più internazionale rispetto al primo che era stato presentato ed apprezzato al Sziget Festival di Budapest. I suoni qui si fanno più incalzanti ma anche dolci, più nervosi ed incisivi, maggiormente sentiti e vissuti.
Le sei canzoni presenti hanno quel senso di nouvelle vague tipico dell’indie americano più di avanguardia degli anni duemila, quell’inadeguatezza tra l’essere giovani o più maturi, quel gioco continuo di rimandi fra memoria e vita presente.
Il risultato è un ep della giusta durata pieno di idee e di un suono molto originale e personale, mai copiato, dall’alta valenza artistica e musicale che rende gli Stain uno dei gruppi italiani più interessanti e anche spendibili all’estero, grazie al loro suono complesso e semplice al contempo, per un ascolto sempre particolare e mai simile a quello precedente.