«Avete presente quando il sole è nel cielo ed è così rotondo che sembra un’aspirina? Questo disco rappresenta molto bene quel tipo di cielo». Questo è ciò che dice Emma Tricca di Aspirin Sun, il suo quarto lavoro in studio. Io, che la incrocio solo oggi a distanza di quasi quindici anni dal debutto, posso confermare e provare ad aggiungere due cosine.
Aspirin Sun è un disco mattutino: di folk psichedelico mattutino, forse un po’ insonne, ma non di quella «morning maniac music» di cui parlava Grace Slick a Woodstock; è musica per chi si è appena svegliato da un sonno profondo, breve ma oniricamente intenso; per chi, come l’autrice, ha dovuto fare i conti con una perdita e il dolore, non per chi sta viaggiando in pace e libertà trasportato dall’LSD. È folk cinematografico, se mi passate il termine, ideale colonna sonora di un vecchio film, e anche qui faccio eco alle parole dell’autrice: «Un incontro tra Wim Wenders e il Fellini di 8 ½», dice, parlando di Autumn’s Fiery Tongue. È folk psichedelico di alto artigianato, aggiungo, e basta ascoltare Christodora House e Ruben’s House per rendersene conto.
La voce di Emma, dai caldi e spezzati contorni soul e blues, è ben riconoscibile, dinamica e soprattutto bella come poche altre voci nel panorama folk contemporaneo. La padronanza della materia, e la capacità di plasmarla alla propria visione, è qui totale. È chiaro fin dal primo ascolto, ma la cosa diventa lampante una volta che si è penetrati nel disco, ascoltati i testi, prestata attenzione agli arrangiamenti, che riescono ad arricchire senza appesantire: può sembrare una cosa strana da dire di un disco folk da camera, ma quelle che compongono Aspirin Sun sono canzoni minimali, che riempiono gli spazi con la loro sola esistenza, senza bisogno di esagerate imbellettature.
Ripescate le già citate Christodora House (colorata e scura, come la copertina del disco) e Ruben’s House, avvicinatevi alla conclusiva Space and Time: parliamo di tre pezzi che riescono a tenere insieme parti classiche, diciamo da ballata folk per semplificare, con parti strumentali spaziali e oniriche, tra ambient e kraut, senza che queste sembrino mai fuori posto, noiose o troppo lunghe. E pensate che Ruben’s House sfiora gli undici minuti; li avete avvertiti voi?
Una parte del merito va data alla band che accompagna Tricca, un gruppo che lei chiama «famiglia»: Steve Shelley alla batteria (sì, è lui), Jason Victor, chitarrista dei Dream Syndicate, e il bassista Pete Galub. A parte Steve, che fa numeri in più di un’occasione, è l’unione delle parti che fa il botto, l’integrazione dei tre musicisti nell’impianto musicale abbozzato dalla cantante è così palpabile da indurre all’ipnosi, persino nei pezzi brevi e meno sperimentali, come King Blixa.
Aspirin Sun è un piccolo capolavoro: è semplicemente il caso di non lasciarselo sfuggire, e di tentare in tutti i modi di sentirglielo suonare dal vivo.
Emma Tricca – Aspirin Sun
Tracklist:
1. Devotion
2. Christodora House
3. Autumn’s Fiery Tongue
4. Leaves
5. King Blixa
6. Rubens’ House
7. Through the Poet’s Eyes
8. Space and Time
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