C’era una volta, tanto tempo fa, un gruppo che aveva come acronimo SSS. Ebbe un gran battage pubblicitario, i nomi coinvolti erano indubbiamente di peso, ma era fuffa laccata e iperprodotta e neppure il tempo è riuscita a rivalutarlo.
A distanza di anni vi è un’ altra band con lo stesso acronimo, una band vera che fa musica con entusiasmo e attitudine, che se ne frega del successo poiché il vero successo per chi suona con passione è il sorriso e la gioia che riesce a stampare sul viso di chi la ascolta. Il loro nome per esteso è South Sardinian Scum e propongono un rock’n’roll eseguito con quel piglio settantasettino che una vera e propria rivoluzione quale è stata il punk gli ha tramandato; sono veri e sanguigni e, visti dal vivo, dimostrano una capacità di coinvolgimento che non riuscirò neanche lontanamente a fare intuire scrivendo queste poche righe.
Questo ep composto da quattro pezzi si apre con due brani come Copycat e Switch the Driver che renderebbero fieri i padri fondatori di quel suono che ci ha stregato e ci stregherà fino alla fine dei nostri giorni; ma il vero apice lo tocca quando i ritmi si abbassano ciò che accade in Some caratterizzata da una voce suadente e strascicata che crea un mood sensuale che ottunde i sensi.
A chiudere il tutto i nostri piazzano una cover tra il saltellante spastico e l’ oscurità horrorifica di Ubangi Stomp e, sia chiaro, lo dico come un complimento. A proposito per anni ho pensato che questa canzone fosse degli Stray Cats, hey mica c’erano google e youtube, e da bravo “critico” di solenne e immane ignoranza a distanza di anni lo rivendico pure. I South Sardinian Scum non si inventano un cazzo, e neanche vogliono farlo, si limitano a suonare ciò che gli piace e lo fanno con la voluttà di chi sta compiendo una missione per conto di un dio minore e perdente, se non vi basta fatevi un bell’ aperitivo in un bar fighetto con della tech house di sottofondo sperando che il cocktail di merda che vi sarà servito vi vada per traverso.