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Racconti

Racconti inediti di scrittori, è vero, ce n’è un sacco, tanto vale conoscerli. Chissà che non ne valga la pena.

Dei Delitti E Del Pene

Dei Delitti E Del Pene: Erano 35 giorni che vagavo alla sua ricerca,tra stenti,rabbia forse,risate nervose,avevo perso le unghie del piede destr…

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Il Vicariato Di Bot (un’avventura Del Detective Newton – Ep.05)

Il Vicariato di Bot (Un’avventura del Detective Newton) Di Pietro Rotelli   – Cordone di smistamento per l’orlo esterno. Bretella E25. Continuo a pensare che non sia una grande idea – fu il commento laconico di Osm (Organismo Senziente di Monitoraggio), con lo sguardo perso verso l’alto mentre guardava il fascio di luce nel tubo di acrilico trasparente che correva in alto perdendosi oltre il tappeto di nuvole soprastante. Dentro il tubo migliaia di ombre sfocate che correvano verso l’alto. Erano i viaggiatori: perlopiù devoti e pellegrini che si recavano al Santuario del Vicariato di Bot. – Il Camino del Santuario… Ora dobbiamo solo trovare il modo per non essere rilevati e riuscire a prendere un raggio per l’orlo esterno e siamo a un buon punto. Il nostro contatto su E25 è già stato allertato. Curtis stava rovistandosi nelle tasche del giaccone (giaccone da civile, dopotutto erano in incognito) in cerca del multipass genetico contraffatto che era riuscito a procurarsi tramite un informatore del distretto nord. Non lo trovava e stava quindi maledicendo il nome di sua madre (che non conosceva, peraltro) e di tutte le divinità che gli saltavano in mente quando una Guardia Vicariale, vestita con la tenuta d’ordinanza bianca e rossa con una sobria striscia dorata centrale tutta tempestata di pietre preziose gli chiese: – Ippurrà a te Pellegrino. Sei diretto al Santuario? Osm si nascose in una tasca del giubbotto di Curtis. Curtis, invece, restò un attimo congelato indeciso su quel che doveva fare, poi decise di correre il rischio. – Ippurrà a lei, Guardia Vicariale. Certo, sono diretto al Santuario: dove altro sennò? Ippurrà. Ecco. Ippurrà era il saluto sacro che i devoti del Vicariato si scambiavano fra loro. Curtis lo sapeva perché sua nonna era Devota. E lui l’aveva odiata per questo e per quello che il Vicariato le aveva fatto. – E, se posso Pellegrino, motivo della visita al Santuario? – Devozione e Punizione. Era la risposta classica del pellegrino. Il Vicariato prendeva e ti Puniva. Qualcosa tanto dovevi avere fatto in quanto essere fallibile. E tu gli dovevi solo Devozione. E soldi. – Allora Ippurrà. – Sempre Ippurrà. La Guardia Vicariale si allontanò, in cerca di altri viandanti da interrogare. Curtis allora si rivolse a Osm che stava uscendo dalla tasca in cui si era nascosto. – Dobbiamo darci da fare e riuscire a prendere il prossimo sifone per l’orlo, altrimenti rischiamo di dover rispondere a questo tipo di domande continuamente. E sinceramente ne farei volentieri a meno. – Agghiacciante e del tutto privo di una qualche utilità – convenne Osm. – Andiamo. – Un attimo, non trovo il mio multipass genetico. Senza quell’aggeggio contraffatto rischiamo di farci fermare ancor prima di partire. – Tu e la tua paranoia: spiegami come mai secondo te il Grande Occhio Disciplinante o qualcuno al dipartimento dovrebbe essere interessato a te e a un gruppetto di sicari di Big Boss Bungarumba XII. – Più di una sensazione paranoide, direi: intanto non sei tu quello a cui è apparso il G.O.D. in casa in piena notte durante una discussione con il frigorifero, e non sei tu ad aver ricevuto un droide insetto killer consegnato da un sergente che nessuno ha mai visto o ad avere in corpo una nanosonda a orologeria casuale. Quindi signor Jung grazie dell’analisi ma parliamo di cose serie. È evidente che esiste qualcosa che connette tutti questi fatti, e l’unica pista che abbiamo è il Vicariato di Bot. Ma dobbiamo agire in incognito. E così dicendo tirò fuori di tasca il multipara che finalmente aveva trovato, e si incamminò verso la porta di imbarco del sifone. – Si ma stai calmo – fu la risposta di Osm, che proseguiva svolazzandogli di fianco. – Che lavoro di merda che mi è toccato. Si misero in fila, una fila enorme che tutto sommato scorreva anche abbastanza veloce. Anche perché mentre le Guardie Vicariali assegnate al controllo d’imbarco controllavano i multipare dei devoti quando erano sempre in fila, questi piano piano si avvicinavano all’imbocco del sifone che funzionava come un aspirapolvere: risucchiava in una sorta di sottovuoto (che sottovuoto non era) le persone trascinandole in alto. – Preparatevi ad ascendere al Primo Cielo. Centro di raccolta e smistamento e prima accoglienza del Vicariato di Bot. Sono vietati malati contagiosi, animali organici e inorganici umanoidi. Per tutti gli altri Ippurrà. La fila era piena anche di queste persone: gente con campanelli e ventagli e ammennicoli che lanciava ogni sorta di augurio e benedizione a chi si apprestava a salire, e che coglieva l’occasione per ricordare cosa si poteva o non poteva fare. Mentre avanzavano Curtis continuava a guardarsi intorno con circospezione. poteva essere che qualcuno lo avesse seguito, acne lì, anche se stava agendo sotto copertura e senza aver avvertito nessuno. – Multipass, per favore. – La guardia aveva in mano la pistola scanner per il codice genetico e la sua comparazione. – Eccolo! – Curtis sfoderò il migliore dei suoi sorrisi e porse la tessera in pvc per il controllo. Era terrorizzato. Magari poteva essere che la tessera fosse fatta male o sbagliata, che l’informatore avesse preso i suoi soldi per una dose di cybermeth e gli avesse portato il multipass di un qualche malcapitato a cui avevano rifilato una scarica elettrica. Magari anche l’informatore era in combutta il G.O.D. o con il Papa Vuoto e lo aveva incastrato. – Grazie mille Signor Hamilton. Vada pure, buona permanenza. Ippurrà. – Ippurrà a lei. E quindi il multipara genetico taroccato funzionava. Questa era un’ottima notizia. – Signor Hamilton? – Chiese Osm che era di nuovo sorto dalla tasca in cui ormai stava nascosto per non essere confiscato (gli Organismi Senzienti di Monitoraggio non erano ben visti dai religiosi in generale). – Si, dovendo scegliere ho scelto il nome di uno scrittore di secoli fa. Edmond Hamilton. Cerca nel database, vedrai che lo trovi. – Non me ne frega nulla. Shhh. Stiamo arrivando all’entrata della bretella, io torno in tasca. Divertiti. – Vaffanculo, vai, limone. Era il prossimo. Le persone venivano accompagnate più o meno energicamente dentro il sifone da una spinta dell’Operatore di Viaggio, perché una volta arrivati sull’orlo di quell’abisso al contrario lo spirito di sopravvivenza di molti pellegrini aveva la meglio e titubavano. Allora l’Operatore gli dava una piccola spinta et voilà: risucchiati dal celestiale gorgo. Toccava a lui. L’Operatore gli fece cenno con la mano destra di entrare mentre con la sinistra lo accompagnava nel movimento. Lui chiuse gli occhi e pùm. La pressione e il cambio di velocità e altitudine lo fecero sentire come fatto, ubriaco. Poi la corsa che poteva essere durata un secondo come tre giorni si fermò e lui fu afferrato da due braccia che lo depositarono a terra. L’Operatore del Primo Cielo lo tirò fuori dal tubo. Aprì gli occhi: molto bianco. Molto rosso. Molto oro. Troppa luce. Il primo Cielo del Vicariato di Bot. – Ippurrà – disse il Detective Newton, e si avviò verso la piazza principale. Aveva un nodo da sciogliere.

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Dell’opera Della Demenza Del Rosso

Iniziammo con le migliori intenzioni mettendo da parte tutti i nostri rancori.Sul tavolo c’erano tutti gli ori di famiglia,cosparsi di preziose spezie.A volte mi chiedo come possa essere successo tutto così all’improvviso. Sembravi giovane con tutti i 35 denti cariati ma al loro posto.Cariatide esoterica mi fissavi per incantarmi l’ennesima volta.Avevo avuto dei sentori,come gelidi tremori al ginocchio sinistro prima che mi amputassero la gamba.Quella volta al centro commerciale….ricordi…?Dio quanto eri mortifera,splendore soffuso di nebbia….angoscia soporosa…..ombre velate di pagliuzze colorate. Inoltre ,tutte le cellule-con i rispettivi organi che svolgono specifiche funzioni-seguono lo stesso programma di base,subordinato ad una memoria arcana,ad un’intelligenza complessa che coordina l’azione di tutte le diverse intelligenze che lo compongono. L’orsetto multicolore infatti si struttura e si de-struttura nei suoi ingredienti,ma non si modifica nel suo complesso,altrimenti non sarebbe che un globale campo energetico,dove gli oggetti solidi e visibili si muovono seguendo le leggi della meccanica e della geometria.Certo avevi ragione ad aumentare il tempo di cottura del micro-onde,perché attentavi di fatto all’annichilimento di fatto della mia liquida quanto fluida identità se non fosse che e sempre che,hai il coraggio di affrontare e affondare nel mio sguardo che mi spoglia delle nostre vergogne più remote.Se solo l’odio potesse parlare ti rivestiresti di pelle di cobra verde,ma la tua soddisfazione sarebbe in questo caso la tua ultima infima risorsa a cui non vuoi attingere ,chiaramente perché è il tuo input vitale cioè non avresti altri argomenti che quelli del volgare parrucchiere sotto casa in fondo alla via e del suo livore verso i parrucchieri cinesi a 5 euro. Il panda verde che divora la stella è di rancido fatto,è il nostro nume tutelare.Lui solo agisce in profondità in ogni corpo e lo abbassa e lo eleva.Egli ella lo ravviva e illumina oscurandolo con le tapparelle di zia la sostanza imbesciamellata cioè.Hai considerato tutto come un passaggio necessario si ma obbligatoriamente intermedio lungo la via magica.Non mi ritengo no particolarmente impegnato neppure in opere di proselitismo,a differenza dei santi o dei profeti delle religioni,ma hai esercitato sempre in un ambito ristretto e riservato,cercando di non apparire,di non suscitare intorno a sé e nella collettività agitazione e turbolenze psichiche,al fine di non essere deviati dal loro lavoro interiore. Sono sei rossa di rabbia perché hanno scoperto il tuo segreto che gelosamente ti turbava ma di cui eri perplessamente timida.Ora che il dado è tratto non ti resta che chiedere scusa al multi-universo per le tue inenarrabili colpe.   Le emozioni acquistano una nettezza sconosciuta e la valenza degli archetipi,mentre l’io rinnovato tenta di sovvertire le passioni in de-azioni.Contemporaneamente una parte della flotta sfiorava il nostro campo,condensandosi e scendendo con inaudita violenza come una pioggia sulla terra laida,a contatto con la semplicità del tuo sesso mozzato,semplifica lo schema del suo pensiero tremolante,non più condizionato da preconcetti.

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La Vipera

La Vipera: Ora è il turno di Bob. L’aria si fa più strana. Il thriller, aperto da Grazia con “Noir désir” , assume decisamente toni…

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Noir Désir

Noir Désir: Ancora due racconti editi da Grazia&Bob che qui si cimentano ammiccando al genere THRILLER… ?La prima parte della …

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Il Sergente Inesistente (un’avventura Del Detective Newton – Ep.04)

Il sergente insesistente (Un’avventura del Detective Newton) Di Pietro Rotelli     Curtis entrò in ufficio seguito dal suo personale Organismo Senziente di Monitoraggio, andò dritto al bancone del sergente che fungeva da coordinatore e gli chiese se ci fossero novità per lui. Probabilmente era nuovo, perché non lo aveva mai visto. Non che ultimamente passasse molto tempo al distretto. – Detective Newton: ecco per lei – gli disse consegnandogli un piccolo pacco delle dimensioni di un cubo di Rubik. – È arrivato stamani, mittente e provenienza anonimi. Passato allo scan: inerte. – Grazie Sergente. Curtis prese il pacco e se ne andò alla sua scrivania. Si sedette di fronte al terminale (già acceso, chissà da chi, chissà da quanto) e si mise la scatoletta davanti. – Che fai, non la apri? – gli chiese Osm, che nel frattempo si era messo a sedere sul tavolo alla sinistra del pacco. – Poi lo apro, che fretta c’è? Rimase in silenzio qualche minuto e premette l’auricolare e una voce preregistrata chiese – Che posso fare per lei, Detective Newton? – Mi passi l’ufficio ricerche. Un attimo di sospensione della linea a poi: – Seeee, qui l’ufficio ricerche risponde Agente Rebecca Tyson. – Ciao Rebecca, sono io, Newton… – Ah. Mi dica. – Come stai? – Mi dica. – E dai, possiamo metterci una pietra sopra? – Sopra lei, la metto, la pietra: MI DICA. – … – Detective Newton, la prego di non farmi perdere altro tempo e di formulare una richiesta oppure terminare la conversazione. – …Ok… Hai rintracciato il numero di targa che il mio Osm ha inoltrato al tuo ufficio? – Attenda in linea un attimo. – … – Stiamo inoltrando le informazioni al suo Terminale, la ringrazio e se non c’è altro terminerei qui la conversazione. – Grazie… Non… Non c’è altro. No. La linea si bloccò. – Vedo che avete mantenuto OTTIMI rapporti. – Senti, insetto giallo del cazzo, fatti gli affari tuoi e magari festeggi l’anno di servizio. Hai visto mai che ho culo e ti danno una promozione affidandoti a qualche pezzo grosso della narcotici. – Non registro solo perché hai dormito male – rispose il piccolo ciclope riferendosi alla disavventura col frigorifero della sera prima. Newton aprì il messaggio e lesse il rapporto dell’ufficio ricerche. – Cazzo… – Che succede? – chiese Osm. – Hai presente la targa della macchina che hai registrato durante la sparatoria con gli sgherri della Famiglia Fustacchi (episodio 2) con cui sono scappati gli sgherri che stavano nel bar? – È una domanda retorica, giusto? – Il mezzo era intestato a una vecchia badante semiorganica originaria delle Regioni Periferiche. Morta. Da dodici anni. Ma il problema vero è che è stata trovata nei pressi di un Cordone di smistamento per l’orlo esterno. Ci fu un attimo di silenzio. – Cazzo – mormorò Osm. – E quale? – Quello del settore E25: il Vicariato di Bot. – Cazzo… – ripeté Osm. Il Vicariato di Bot: un coacervo di tecnologia, superstizione e malavita organizzata che aveva tentacoli fin dentro la politica e gli organi di controllo. – Dobbiamo richiedere un mandato. – E richiediamo un mandato: inoltra la richiesta. La scatola era piccola e se la stava girando in mano da un po’, ma lo stava facendo sovrappensiero. I polpastrelli toccavano la superficie liscia della scatola ruotandola in ogni direzione. Non c’era scritto mittente, né Regione di partenza e neanche un codice genetico identificativo. Solo il suo nome e il codice del Distretto di Polizia. Nient’altro. Curtis non capiva come avesse fatto ad arrivare fino a lui, visto l’ammanco di informazioni basilari per la sicurezza. Avevano aggirato il sistema, oppure era uno scherzo. Si sentì, inaspettatamente, un piccolo click. Curtis lanciò istintivamente la scatola in terra. Ma questa, invece di esplodere fece un sobbalzo e aprì uno sportello sul lato superiore. Ne uscì un piccolo aggeggio, simile a un insetto, ma meccanico, che gli si piantò davanti e accese un minaccioso puntino luminoso rosso che aveva tutto del puntatore laser. Ci fu un attimo di incertezza, mentre intorno nessuno parve accorgersi di quello che stava accadendo (in effetti non c’era stato né un rumore né altro che allertasse l’intera stazione di polizia). Il Detective Newton prese al volo Osm e lo scaraventò contro l’insetto, che balzò in avanti tirando fuori una specie di pungiglione che aveva sulla pancia. Osm non ebbe neanche il tempo di gridare, ma fortunatamente corresse il lancio aggiustandosi in volo ed evitando l’impatto per un pelo. Curtis dal canto suo scaraventò il video del suo terminale sopra l’insetto che emise uno sfrigolio e si disattivo, disarticolato e ormai inutile al suo scopo, che era stato – presumibilmente – quello di uccidere Curtis. – Osm, prendi quella cazzo di cyberpiattola e portalo all’ufficio analisi e ricerca e digli che voglio sapere tutto quello che c’è da sapere e che lo voglio entro stasera sul mio cloud criptato. – Ok, volo. Inerte un cazzo. Ma che cazzo di controlli facevano in quel posto? La situazione era precipitata molto velocemente, e comunque da dove verso dove restava un mistreo. Non solo non sapeva chi gli aveva mandato quella scatola, ma neanche perché né quale era il suo scopo finale: ucciderlo, addormentarlo, imbalsamarlo, criogenizzarlo? Doveva parlare col sergente all’ingresso. Arrivò alla postazione ma era sparito. Al suo posto il solito sergente Bulbo con il mento unto e lo sguardo vacuo. – Dove cazzo è il sergente di prima? – Chi? È tutta l mattina che ci sono io. – Non diciamo puttanate, prima c’era uno altro stempiato coi capelli rossi. Quello nuovo. – Detective, qui non assumono nessuno da due anni. È sicuro di stare bene? Curtis si girò e tornò alla scrivania, attese con calma il ritorno di Osm. Appena tornò si misero l’uno di fronte all’altro, e Curtis gli si fece molto vicino col viso e disse, sottovoce, in tono cospiratorio: – Qui c’è qualcosa di strano. La sparatoria in cui pareva ci aspettassero (episodio 2), la macchina intestata a una morta e parcheggiata dove è stata parcheggiata, il problema con l’appartamento e la visita del Grande Occhio Disciplinante (episodio 2) e ora la blatta-killer e il sergente inesistente. – Chi? Cosa? Sergente inesistente? – Ti spiego dopo – continuò sempre sussurrando il Detective Newton. – Ora dobbiamo uscire di qui e seguire l’unica traccia che abbiamo. – Il Vicariato di Bot? – Il Vicariato di Bot. Uscirono in silenzio, e nessuno sembrò notarli, montarono in macchina e andarono verso l’appartamento di Curtis. Avevano una pista da seguire. Fine quarto episodio

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Controllo (un’avventura Del Detective Newton – Ep.03)

Controllo (Un’avventura del Detective Newton) Di Pietro Rotelli Curtis si alzò nel cuore della notte in preda a lancinanti dolori alle tempie. Sulle prime aveva pensato ad un mal di testa conseguente e una corrente di aria condizionata. Poi si era ricordato della nanosonda a orologeria casuale che gli aveva iniettato Big Boss Bungarumba XII, detto il Papa Vuoto, noto trafficante di parti inorganiche e di OloSnuff. Una volta che stava indagando su uno dei suoi traffici era caduto in una trappola, era stato catturato dai suoi sgherri e quel fetente gli aveva fatto iniettare una N.O.C. (nanosonda a orologeria casuale). Sarebbe esplosa e lo avrebbe ucciso. A caso. Senza preavviso, un giorno qualunque. Oggi? Domani? Fra 50 anni? Era tutti dato al caso. Un nuovo modo per torturare una persona. Comunque poi aveva ripensato alla sparatoria del giorno prima, a tutte le esplosioni e concluse che doveva essere un effetto collaterale del suo lavoro. Si diresse verso il frigo che lo ammonì, quando ormai era un centimetro dalla maniglia. – Non ci provare, stai indietro: diventerai brutto, grasso e con il colesterolo alle stelle. Si sentì conseguentemente un rumore come di un chiavistello: il frigo si era chiuso da sé. Maledetta domotica del cazzo! Cercò di forzare la porta del frigo ma senza successo. Si lasciò cadere in terra, seduto e disperato, alla luce dei microled di sicurezza (di un celeste moribondo) che tempestavano gli interstizi del suo microscopico appartamento. Tre stanze: camera con un angolino adibito a bagno, cucina/soggiorno/ingresso e panic room (obbligatoria per legge) che lui aveva adibito ad armadio-ripostiglio. Se ne stette un po’ così, appoggiato al frigo, testa fra le mani e gomiti appoggiati sulle ginocchia. – Per favore, muoio di fame e ho mal di testa. – No, sapevo che lo avresti detto, ma non morirai. E non è mangiando che ti passerà il mal di testa. – E tu che cazzo ne sai? Sei un frigo, non sei un medico. – Questo non puoi saperlo, una delle parti del mio neuro HD potrebbero essere appartenute ad un medico. – Certo, come no. Senti, se non ti apri domattina come prima cosa ti porto all’isola degli abbandoni e ti lascio in compagnia di tutti gli altri tuoi amici medici imprigionati negli elettrodomestici. – No, non lo farai. – Allora apriti o mi ammazzo. Giuro che vado di là, prendo delle pasticche e mi ammazzo. – No, non farai neanche questo. – Già… Era sconsolato. Voleva solo che il mal di testa passasse. Voleva anche mangiare qualcosa, ma decise che quel confronto con un elettrodomestico non avrebbe portato a niente: non erano ragionevoli, erano programmati. – Cos’è questo bordello? – chiese Osm (Organismo Senziente di Monitoraggio). – Torna a letto nano giallo: mi ci manchi te a completare la nottata di merda. – Che sei una persona orribile te l’ho mai detto? – Solo un paio di volte al giorno, di solito. – Bene – e così dicendo Osm se ne tornò nella camera svolazzando in giro come una falena con problemi di fegato. – Grazie e vaffanculo – lo salutò Curtis. Si alzò per andare a vedere se almeno nel ripostiglio, nell’armadietto del pronto soccorso, aveva qualcosa per fronteggiare il mal di testa. Arrivò allo sgabuzzino, accese il led. Allungò una mano per aprire il mobiletto e… – Non ci provare, non ti permetterò di ucciderti. Si sentì conseguentemente un rumore come di un chiavistello: il mobiletto del pronto soccorso si era chiuso da sé. Maledetta domotica del cazzoooooo! Scivolò in ginocchio a terra, disperato. – Maledetta casa del cazzo, ho bisogno di una pillola per il mio mal di testa… – Poco fa hai minacciato di ucciderti. – Era per dire. Ho bisogno di una medicina, per favore… – Non posso correre il rischio. Mi dispiace. Rimase così, disperato e solo. Illuminato da una luce intermittente magenta e blu elettrico che proveniva dall’oblò che dava sulla strada: fuori pioveva ma l’insegna del ristorante cinese pareva non risentirne. Ah, se solo avesse avuto la forza di andare in strada. Ma sicuramente la casa, per la sua sicurezza, non lo avrebbe lasciato uscire. Fece un tentativo: – Casa, posso uscire? – Non credo proprio, data la sua condizione psicologica, che sia una buona idea padron Newton. Dovrebbe tornarsene a letto – e dicendo questo la casa abbassò la veneziana e mise in filodiffusione una non meglio identificata serie di rumori che facevano tanto zen. – Accidenti a questo cazzo di legge sull’intelligenza artificiale – sussurrò Newton. Si accese, d’improvviso, il video che occupava tutta la parete opposta a quella del frigo, proprio di fronte a lui. Un enorme occhio elettrico apparve, ed una voce che pareva provenire da tutta la casa (e anche un po’ da dentro il suo cervello) gli disse: – Cittadino Curtis Newton! Faccia attenzione alla natura sovversiva di quello che dice, è passibile di denuncia e arresto. Dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro. – Mi scusi Grande Occhio Disciplinante (G.O.D.), non era mia intenzione. Solo un attimo di debolezza, può succedere, nella solitudine della propria abitazione. – Infatti nessuno è giunto a portarla via, ma stia attento, la tengo d’Occhio. Il vidiwall si spense. Tornò la luce intermittente magenta e blu elettrico. Tornò la musichetta che faceva tanto zen. Ma il mal di testa non era mai andato via. Anzi una sensazione nuova cominciò a farsi spazio nella sua testa: era in trappola. La quotidianità della propria abitazione era una trappola devastante, molto meglio le sparatorie con gli sgherri di Big Boss Bungarumba XII e compagnia bella. Se ne tornò a letto e si sistemò sopra le coperte e senza cuscino, sperando che se non poteva il sonno, magari poteva farlo svenire il dolore. Fissando il soffitto e le striature colorate che le luci che provenivano da fuori lasciavano su di esso, si chiese se tutta quella tecnologia senza controllo non avesse finito per rendere tutti un po’ meno liberi. Si rispose che forse vedeva le cose da una prospettiva sbagliata, e che comunque neanche poteva sapere come era prima. Prima… Il prima più vicino che ricordava era quello in cui aveva chi si occupava di lui. E poi… E poi… E poi quel nanetto giallo di merda ma quanto cazzo russava? Ma neanche in camera sua poteva stare tranquillo? E ma porca puttana… Se non fosse stato costretto dal Capitano lo avrebbe già sfrattato quell’inorganico petulante e spione. Ma aveva tempo. – Svegliaaaaaa Curtisss. L’ometto monoculare era proprio davanti ai suoi occhi. Fece per colpirlo ma lo mancò. – È ora di andare al lavoro… Il crimine non aspetta e noi abbiamo una targa da identificare! Dopo un primo attimo di incertezza Curtis si alzò. Si tolse la maglietta che aveva indosso tirandola in un angolo della stanza e se ne mise una presa al volo da un mucchio che stava ai piedi del tavolo. Aprì il frigo e bevve una lunga sorsata di birra per buttar giù le due pasticche di Krystal (metamphetamina legale) che si era infilato fra i denti. Si sciacquò la faccia nel lavandino e sentenziò: – Detective Newton pronto all’azione.   Fine terzo episodio

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Che Fine Ha Fatto Hrolf?

Che Fine Ha Fatto Hrolf?: di Bob Accio

“Nella seconda parte del racconto sui mondi alternativi, Bob trova una conclusione all’…

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Appostamento (un’avventura Del Detective Newton – Ep.02)

Appostamento (Un’avventura del Detective Newton) Di Pietro Rotelli     – Non mi ricordo di aver preso parte a un appostamento più noioso di questo – disse Osm. In effetti non aveva tutti i torti, erano appostati sotto casa del corriere da almeno quattro ore e non era successo niente. E quando dico niente intendo niente. Neanche una zuffa fra cani. Ma neanche un litigio fra innamorati. Nulla. – Che ti devo dire, il Commissario Nemo avrà preso un abbaglio. Anche lui comincia ad avere un’età – fu il distratto commento di Curtis mentre sollevava lo sguardo dal suo olostreming in cui una donnetta si stava spogliando. In realtà a lui non importava niente se quell’appostamento si era rivelato un buco nell’acqua: tutto sommato esistevano mansioni più pesanti dello starsene seduti in macchina a non fare niente per ore. Aprì lo sportello del vano porta oggetti e ne estrasse una pipa elettronica. – Non ti azzardare ad appestarmi con quell’aggeggio – lo minacciò Osm dall’alto dei suoi 127 millimetri. In tutta risposta Curtis aprì lo sportello del passeggero e lo invitò a uscire. Osm decise che poteva farsi appestare con quell’aggeggio. Una botta enorme li riportò alla realtà e ci misero comunque un paio di minuti per vedere il buco sul cofano. Un buco… il cofano era praticamente schiacciato a terra. Uscirono per vedere meglio ed era come se un’elefante invisibile si fosse seduto sul cofano dell’auto. Curtis fece per avvicinarsi e urtò qualcosa. Qualcosa che non poteva vedere. Tirò quindi fuori il suo A.I.O.C. (Apparecchio Intelligente per Ogni Cosa) e ci disse dentro: – Traccia contorno. – NON-HO-CAPITO – fu la risposta della voce femminile dell’apparecchio. – TRACCIA-CONT… – non riuscì a finire la frase che una pioggia di traccianti laser gli si rovesciò addosso. Fecero in tempo a rifugiarsi dietro l’angolo di strada più vicino. – Nano, vai subito a vedere chi è che ci sta attaccando. VAI! – intimò Curtis al suo compagno. – MA col cazzo che ci vado! Non è il mio ruolo. Curtis gli diede una pedata e lo mandò oltre l’angolo. L’omuncolo giallo piagnucolò un poco per poi tornarsene indietro. – Non stanno sparando a noi – disse. – Stanno sparandosi fra loro: gli sgherri e il corriere della Famiglia Fustacchi su dal secondo piano del palazzo e tre o quattro sicari nel bar di fronte. Curtis gli fece ok con le dita. – Sei una persona orribile – gli rispose Oms. – Ok, adesso entra in azione il Detective Curtis e vedrai che risate. Arreggiti cyberpidocchio. – E così dicendo se lo infilò nella tasca lato cuore del suo giubbotto d’ordinanza, voltò l’angolo e intimò: – Polizia di Omega City! Arrendetevi e nessuno si farà male! Per tutta risposta ricevette un colpo di blaster che mancò lui di un pelo ma vaporizzò tutto l’angolo di strada. Allora Curtis non ci vide più e si infilò di corsa nel portone del palazzo, arma in pugno e grande determinazione. – Che sta succ… – SWAWOOOHSHHH. Curtis seccò il droide-portiere. Osm tirò fuori la testa dalla tasca. Guardò prima il deceduto, poi Curtis: – Tu sei una persona orribile. – Non era organico! – fu la risposta che il Detective sentì di dare. E in effetti nessuno avrebbe potuto dire il contrario. Quella dell’esenzione di responsabilità a danni procurati dalla polizia ai non-organici era una gran legge. Per di più i non organici erano in continuo aumento, emarginati dalla popolazione organica e quindi tendevano ad occupare i ranghi più bassi della società. E a delinquere per poter trovare un sostentamento. Continuò la sua corsa salendo le rampe di scale a tre scalini alla volta, e arrivò al secondo piano davanti alla porta dell’appartamento occupato dalla Famiglia Fustacchi. La porta si spalancò e Curtis si trovò di fronte e una vecchia. La signora – sull’ottantina – era la classica nonna: alta un metro e cinquanta, gobba, capelli color argento raccolti in cima alla testa e tenuti fermi da uno spillone, occhiali piccoli e tondi, un vestito a fiori, scarpe ortopediche. – Polizia di Omega City, signora! La prego di lasciarci entrare! – Vaffanculo sbirro del cazzo! – urlò la vecchia, tirando fuori un cannone a impulsi che teneva nascosto chissà dove e scaricandolo nel corridoio. Il detective fece in tempo a sfondare di testa la porta dell’appartamento adiacente e a rifugiarcisi dentro. La famiglia che era dentro, nascosta sotto il tavolo della cucina lo guardò terrorizzata: madre, padre e bambina si erano rifugiati sotto il tavolo della cucina spaventati evidentemente dal suono degli spari. – Polizia di Om… si insomma state tranquilli che sono arrivati i buoni. – Sì, a patto che siate organici… – ironizzò Osm facendo uscire la testolina monoculare dal taschino del giubbotto. La bambina fece un timido sorriso e un cenno con la mano, ma la madre la tirò a se stringendola forte. Curtis vide la porta del terrazzo e si avviò in quella direzione, quando una deflagrazione a impulsi fece saltare tutto l’ingresso, scatenando le urla della famiglia sotto il tavolo. Dal nuvolone di cemento vaporizzato fece capolino la vecchietta, dai cui occhi ora senza occhiali uscivano raggi laser rossi, come due puntatori. Girò la testa in tutte le direzioni in cerca del poliziotto, che nel frattempo si era catapultato dietro un divano, nel soggiorno. – Vabbene. È arrivato il momento di passare alle vie di fatto. Tu, nano giallo, vai sul terrazzo e tieni d’occhio gli altri, io mi occupo di questa gerontostronza e poi arrivo, ma mi serve che tu tenga d’occhio la sparatoria. Osm si avviò non visto – complice la sua statura di 127 millimetri – spostandosi nell’aria come un drone-insetto. Appena fu fuori il Detective Newton tirò fuori le sue due plasmarevolver d’ordinanza, azionò la carica a ioni e tolse le sicure. Dal giubbotto, pigiando il distintivo lato cuore, uscirono casco a visiera di acrilico antiurto e copricollo di kevlar. La vecchia stava avanzando puntando in giro i suoi occhi con puntatore laser. – Ehyyyy, poliziottoooooo… Venga fuori che il mio gattino non riesce a scendere dall’albero! Gridolini dalla cucina, la bambina stava piangendo. Ok, plasmarevolver cariche, Curtis si tirò sù all’improvviso da dietro il divano sparando dritto davanti a sé. – Muori vecchiaia del cazzo, in nome della legge! Un colpo di plasma centrò la vecchia in fronte, procurandole un buco che la passò da una parte all’altra, lasciandole un’espressione stupita in faccia. Dal buco uscirono scintille e piccole scariche elettriche. – Sintetici del cazzo… – considerò Curtis. Passando dalla cucina fece cenno alla famiglia che era tutto a posto, sollevando il pollice, poi si catapultò nella stanza accanto da cui continuavano a provenire spari, esplosioni, rumore di vetri rotti ed imprecazioni. Entrò sparando a sua volta in tutte le direzioni, lanciando anche una mina a microonde, che esplose danneggiando ogni apparecchio elettronico, compresi droidi e replicanti eventuali. Alla fine quello che si trovò di fronte una volta diradata la polvere fu una specie di discarica di elettrodomestici con qualche cadavere qua e là. – OSM! Qui! Subito! – chiamò Newton, aggiungendo anche un fischio acuto. Il tappetto arrivò come un razzo. – Mamma mia che casino – disse guardandosi intorno. – I sicari sono scappati su uno sprinter NZ-14. Ho la targa. – Perfetto. Ci pensiamo dopo, allora. Entrarono alla centrale, presero l’ascensore ed entrarono in ufficio. Avevano una montagna di scartoffie da riempire. E una targa da rintracciare.   Fine secondo episodio

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