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Arte

Haiku

vuoi venire a passeggiare con me sono innamorato del mia noia e vuoto come dio zero

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Haiku N.41

Haiku N.41: Nebbia complice

il mistero del monte

pietre su foglie…

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Haiku N.40

Haiku N.40: Treno veloce
Lesto s’oscura il cielo
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Haiku

chi é morto chi é triste questo era il futuro ?    

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Haiku N.39

Cielo Chimico uccelli migratori Inizio Inverno Haiku Archive

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Haiku N.38

Rosa corallo E il passante che si bea solo guardando         Archivio Haiku

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Haiku

i bambini saltano dappertuttto la follia al poter 1234 !!!

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Maledetti Putti (un’avventura Del Detective Newton Ep.06)

Maledetti putti (Un’avventura del Detective Newton) Di Pietro Rotelli   Osm uscì dal meandro di cappotto dove fino a quel momento si era nascosto. «Che caos» commentò, guardandosi intorno. Era tutto un vorticare di pellegrini in vesti bianche e svolazzanti, e strani volatili scattosi e fischianti traboccanti riccioli dorati e alette di pollo bianchissime che sbattevano fra loro. «Maledetti Putti. Schifosi esseri sibilanti. Cacano ovunque». Osm li odiava principalmente perché appartenenti alla sua solita specie (Semiorganici Ridotti Volanti) a suo dire la degradava al livello di insetto. «Su, ignorali. Anzi, mi è venuta un’idea» sorrise Curtis. «So cosa stai pensando ed è un’iniziativa a cui non voglio prendere parte. Tu e le tue idee idiote. Sei malato. Sei una brutta persona». «Eccolo là: presto!» e così dicendo il Detective Newton si diresse con passo veloce in un orinatoio pubblico, in cui un pellegrino si era appena infilato. Ne uscì pochi minuti dopo con indosso la toga bianca orlata d’oro del pellegrino e il suo cappuccio a punta. «Molto furbo: e quando si sveglia?» gli chiese Osm. «Cosa può dire, che ha ricevuto un colpo da dietro? Che chi lo ha derubato ha indosso una toga da pellegrino con cappuccio a punta? Come i tre quarti delle persone presenti su questo cielo?» In effetti non aveva tutti i torti: sarebbe stato impossibile stabilire quale fosse la toga di chi, nel momento in cui qualcuno ne avesse rivendicato la proprietà: erano tutte uguali e non avevano tratti distintivi: era proprio della religione: tutti uguali. «Ora tocca a te!» e così dicendo Curtis afferrò al volo uno dei putti che ronzavano in piccoli stormi vicino a loro. Lo disattivò, gli tolse la parrucca ricciola bionda e la microtomi e le mise addosso a Osm. «Con un po’ di fortuna nessuno noterà che non hai le ali». «Mi sento violato» disse Osm. «La voce: più acuta. Presta attenzione, abbiamo una missione non possiamo permetterci di farci scoprire. Ricordati che hanno cercato di farmi fuori in un distretto di polizia, figurati se si faranno problemi qui. Quindi più entusiasmo, più impegno e meno lamentele». Così conciati si diressero verso la scalinata che portava al secondo livello. Che era anche quello dominato dalla Basilica di Bot. Il posto da dove il Vicariato di Bot dirigeva tutto quel circo. Salirono gli scalini tempestati di devoti penitenti che si auto flagellavano in lamentele estatiche e lacrime di gioia. Ogni tanto Curtis scivolava su una chiazza di sangue o una gora di sudore. Un paio di volte furono fermati da Operatori che fra un Ippurrà e l’altro gli chiesero una preghiera segno di devozione il primo, e una mazzetta il secondo. Chiaramente il Detective Newton non era nella posizione di poter trattare o rifiutarsi, quindi ottemperò alle richieste e poterono proseguire. Arrivati in cima alla scalinata che furono, si trovano a dover seguire l’ennesima, lunghissima e lentissima coda, che portava dritta dentro una casetta di legno prefabbricata ma con mille lucine colorate di natale. Era la casa del Capetto dei Cancelli. I devoti dovevano passare da lì dentro in modo che potessero essere valutati e in base a tale valutazione accedere alla Basilica (o almeno, alla sua piazza) oppure tornarsene mesti indietro. I pellegrini entravano uno alla volta in un immobilismo esasperante. Tutto intorno a loro era uno svolazzare di putti e un mormorare di nenie religiose e lamenti sommessi. Una cosa da far accapponare la pelle. «Questo posto mi dà i brividi, sembra un documentario sulla sociopatia. Mi sento pronto a sterminare una famiglia». Osm era sinceramente sconcertato. Il suo ruolo gli imponeva una sorta di equidistanza da ogni tipo di considerazione personale o gusto, ma quando era troppo era troppo. In più, dentro di lui, qualcosa stava cambiando. «Hai ragione, ma ormai dobbiamo venire a capo di questa storia. Non posso passare il resto dei miei giorni a guardarmi le spalle, non credi?» «Già». Intanto il tipo davanti a loro – un damosiano alto come un pilone della luce, con la testa quadrata, piena di rami e intermittente con la solita tunica che avevano tutti, alla richiesta dei documenti aveva dato una testata all’Operatore che si era accasciato al suolo in un lago di sangue e poi si era dato alla fuga, saltando la fila per l’ingresso, scartando di lato evitando la casetta per il visto e infilandosi nel dedalo luccicante della piazza oltre il Cancello. La piazza del Vicariato lo nascose, tunica bianca fra le tuniche bianche, e gli Operatori poterono solo raccogliere da terra il malcapitato collega e portarlo dove avrebbe ricevuto le prime cure. Il resto della fila non si scompose: evidentemente accadeva più frequentemente di quello che si potesse immaginare. Piano piano arrivò il loro turno: un Operatore vestito di rosso li fece entrare nel casotto prefabbricato e fece cenno a Curtis di sedersi. All’interno un omino piccolo con la testa calva, due baffoni verdi a manubrio e un enorme paio di tette li accolse meccanicamente. Allungò una mano per chiedere il documento mentre con la testa fece un cenno distratto verso Osm camuffato da Putto. «È Suo?» chiese, e senza dare il tempo al Detective Newton di rispondere. «Può restare a patto che non sporchi e non svolazzi a caso in giro». Lesse distrattamente il documento falso e lo riconsegnò a Curtis. «Siamo qui per rendere omaggio al Vicario per la graz—» «Guardi: non me ne frega un cazzo» lo interruppe bruscamente l’ometto. «Mio compito è controllare chi entra, vi ho controllati, e ora entrerete. Di chi siete o cosa venite a fare qui non me ne può fregare di meno» e così dicendo gli fece cenno di andarsene con il dorso della mano. Curtis e Osm uscirono senza fare altre affermazioni. Quando furono fuori convennero che il vecchietto fosse una persona scortese. «Mamma mia che ometto scortese» considerò Osm. «Un cafone proprio» convenne il Detective. Erano dall’altro lato, immersi nel trambusto della piazza principale, quella su cui si affacciava la basilica. Era tutto un viavai di devoti, pellegrini, Guardie Vicariali, Operatori, Putti. «E ora sì che cominciamo a divertirci» disse il Detective Newton. Si incamminarono, avevano peccati da far assolvere.

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