BOB LOG III / ONE MAN BUZZ – LIVE REPORT (13-6-2024)
Non si poteva resistere al richiamo dei supereroi monobanda, e allora InYourEyes ha risposto “presente” a un appuntamento davvero imperdibile, incentrato sulle “one man band“, che si è tenuto a Pisa in occasione della chiusura stagionale dei concerti alla Backstage Academy (un valido spazio artistico polifunzionale situato a pochi chilometri dalla arcinota Piazza dei Miracoli dove c’è la Torre che pende-che pende) che la scorsa settimana ha proposto al pubblico un finale pirotecnico, portando sul palco toscano un’autentica leggenda underground R’N’R come Bob Log III, che durante il suo tour in giro per il mondo è passato anche dall’Italia (terra spesso bazzicata dal nostro) per alcune date. E allora chi vi scrive (con un nickname ispirato a un altro formidabile one show-man band) e ha la “Shit” nel soprannome, non poteva mancare nel portare i suoi ossequi al funambolo dell’Arizona che, in passato, ha pubblicato un album intitolato “My shit is perfect” ! A scaldare la platea – accorsa in buon numero – ci ha pensato, in apertura della serata, un dichiarato allievo di Bob, l’autoctono One Man Buzz! (di cui ci eravamo già occupati qualche mese fa) che con la sua maschera demoniaca ha saputo rendere l’atmosfera “infernale” proponendo i brani del suo nuovo album autoprodotto (“One man band from hell with love and flames“, tanto per gradire) destreggiandosi in modo compatto e convincente tra canto, chitarre, theremin e grancasse – facendo tutto da solo, come vuole la tradizione della (non) scuola monobanda. DIY e ritmi serrati blues/punk che hanno infuocato a dovere il terreno per l’avvento del funambolo statunitense. E poi è arrivato il ciclone Bob Log III, magnetico catalizzatore dell’attenzione del pubblico sia a livello di immagine (col suo classico travestimento di scena, in tuta uniforme e casco integrale munito di cornetta telefonica usata a mo’ di microfono, e una scenografia piuttosto insolita per un concerto rock ‘n’ roll: palloncini da distribuire e far scoppiare e gonfiabili di un canotto e di una papera, con quest’ultima definita goliardicamente da Log “il mio manager”, poi anche innaffiata da una bottiglia di prosecco) sia a livello sonoro, col suo “One Man Band Boom” show, condito da chitarre vintage Silvertone Archtop, con le quali ha elettrizzato i presenti sfoderando un’ora e mezza di scatenato Delta blues “punkizzato” con venature noise, una vera forza della natura che ha saputo coinvolgere tutta la sala, con Bob che, come sempre, si è prodigato per rendere gli spettatori attivamente partecipi del suo blues punk guitar dance party, invitando sul palco alcune donzelle a sedersi e ballare sulle sua ginocchia per creare una coreografia sul brano “I want your shit on my leg” (e spesso è anche solito chiamare a raccolta le persone per mettere in scena il “rito” di infilare i capezzoli, suoi e dei “volontari”, in un bicchiere di scotch che poi beve, una “pratica” che caratterizza il pezzo “Boob scotch”) e interagendo con le prime file tentando un improbabile dialogo in un italiano maccheronico. Uno show in cui il buonumore è assicurato e dove si può anche restare impressionati dalla bravura strumentistica e vocale di Bob (che, non a caso, con oltre venticinque anni di variopinto percorso, è annoverato tra i capostipiti e i precursori dell’ondata monobanda) che a fine serata, oltre a ricevere i complimenti, ha anche firmato una dedica, a chi vi scrive, sul merchandising acquistato. Attitudine, passione, sudore, mentalità, costanza, perseveranza, irriverenza, divertimento e umiltà. Alla fine sono queste le qualità che rendono credibili i performer che ancora si ostinano a suonare rock ‘n’ roll e, quando le cose vengono fatte in maniera genuina – e certamente è il caso di One Man Buzz e Bob Log III – il risultato si traduce in serate riuscite come questa, che magari non resteranno negli annali della storia del R’N’R, ma certamente regalano soddisfazioni agli appassionati e ripagano, in parte, i musicisti per i sacrifici fatti per portare avanti le proprie baracche, riuscendo ancora a sbattersi per migliaia di chilometri per proporre concerti e musica dal vivo in un mondo ormai totalmente dominato dalla digitalizzazione e dallo strapotere della musica liquida che ha polverizzato i mercati e i sogni di chi avrebbe voluto vivere solo della propria arte. Da qui si ripropone un consiglio spassionato, anzi una convinzione rafforzata da live shows come questo a cui abbiamo assistito: si torni a supportare la musica DIY e i musicisti indipendenti, si tornino ad apprezzare e scoprire le piccole realtà e le piccole scene nei piccoli club non asserviti alle logiche del profitto e del business da centro commerciale, perché è lì che risiede la vera essenza del rock ‘n’ roll (e non solo) e sarebbe meglio boicottare i megafestival senz’anima (soprattutto quelli organizzati all’italiana) perché è molto più bello e più gratificante contribuire a tenere in vita lo spirito underground.