“Stavolta l’ennesimo doppio racconto di Grazia+Bob si immerge in una strana atmosfera di mondi alternativi… Grazia, allo start, ci presenta un panorama narrativo speciale e variegato, come un coltellino svizzero, rinnovando la sorpresa del proprio stile.”
Un altro giorno avvolto nella nebbia, Yrsa come tutti gli abitanti del suo pianeta, non ne è certo stupita. Nessuno ha mai conosciuto niente di diverso da quella fitta coltre. Il destino di tutti è segnato, ed ha il colore della bruma, come se ci fosse un nesso inscindibile tra stato d’animo e la malinconica desolazione del chiuso universo in cui sono condannati a vivere. Grigi giorni omogeneizzati di noia.
È già cominciata così così la serata. Si doveva uscire per festeggiare il suo compleanno ma Bragi è arrivato dal lavoro con una faccia bellicosa che pare dire a ogni piè sospinto “Non è aria” e poi sprofonda sul divano immergendosi nella risoluzione delle parole crociate. Ecco, l’unica occasione in cui lei cerca di individuare le coordinate d’attacco verbale, per stanarlo e distruggere il suo ordine fatto di verticali e orizzontali.
“Yrsa: ‘Anche i muri hanno la loro ferita, cinque lettere…”
“Crepa!”
Gli risponde caricando d’odio ogni lettera.
Tanto tutto il veleno distillato, imbottigliato, fatto invecchiare pazientemente, poi va versato nel bicchiere sbagliato: il suo. È andata dal medico, le ha detto che ha il cuore malandato, aritmia. Deve a Bragi la perdita del ritmo. E piano piano anche la mente è diventata schiava della sua inerzia.
Il cellulare squilla, è stata indetta una riunione straordinaria del Consiglio e Bragi, marito di Yrsa, è un autorevole rappresentante degli unici esseri intelligenti del loro mondo, si sarebbe parlato di un fatto grave: un altro giovane, Hrolf, è fuggito nel Nulla senza farne ritorno.
Yrsa ha lo sguardo appesantito e colpevole per non aver avvisato nessuno delle intenzioni di Hrolf, suo studente al liceo, avrebbe dovuto intuire il suo progetto di fuga dai suoi discorsi sulla possibilità che potesse esistere qualcosa di diverso oltre i Confini, per poi attaccare il solito giro paranoico parlando di stelle, nebulose, magiche costellazioni e giganti rosse, un sogno sciocco che si trascina fin da bimbetto e che sciorina in ogni notte stramba o bevuta.
Ed infine quello sguardo sospeso in aria, tutto concentrato, quando l’aveva accompagnata a casa, dicendo che si sarebbe fermato da solo un po’ fuori, a riflettere, a cosa non si sa.
Così, in Yrsa sale su una consapevolezza strana, un pensiero stralunato, come quando dentro ti senti che qualche cosa sta per finire e qualcos’altro sta per iniziare. Ed è come un mare in burrasca, con le sue onde giganti che si infrangono contro i bastoni della tua morbida coscienza di sabbia caraibica.
Se ne sta difronte all’imbocco del camminamento A23, e via via, andando andando, arriva fino alla collina e lì si ferma, sola nella notte.
“Probabilmente- riflette- Hrolf è partito da qui.”
E pensa i suoi pensieri, cercando di immaginarseli e capire. Con lo sguardo perso nella trama della nebbia, ha l’impressione che qualcosa intorno a lei stia cambiando. Un nero intenso comincia a intravedersi.
È terrorizzata, ma urlare è inutile, nessuno può sentirla.
Non riesce a crederci, la nebbia si sta diradando. Vede i Confini e oltre i Confini delle ombre spaventose.
Giù nella valle, le poche luci di un villaggio. La notte si stringe attorno, in alto ammiccano puntini luminosi. Le scoppia la testa, dove rendersi conto che il mondo non è come ha sempre creduto.
A quel punto, dal fondo della memoria, emerge dapprima come un vago ricordo, una storia che le ha raccontato un’anziana quando era molto piccola. A poco a poco il ricordo assume contorni più definiti, esattamente come è avvenuto con il progressivo diradarsi della nebbia.
Si tratta di una profezia, secondo la quale il giorno in cui si fosse dissolta la nebbia, una palla di fuoco sarebbe comparsa nel cielo e avrebbe segnato la fine del loro mondo.
Non sa se è più eccitata che spaventata mentre si dirige verso il villaggio, dovrebbe essere in fibrillazione e prossima all’arresto cardiaco ma non ci pensa, ha fretta di arrivare, per quel buco dentro che ogni mattina deve rammendare, ed un dolore su cui mettere un fiore.
Illustrazione di Paola Acciarino
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