Illuminare I Punti Ciechi: Un’alternativa Al Dominio Della Paura Parte 2
Illuminare i punti ciechi: Un’alternativa al dominio della paura Parte 1 SEI UN “VERO UOMO”? IO NO Se avessi un euro per ogni volta che ho sentito il sintagma “vero uomo” – in così tanti contesti e con così tanti significati diversi – non avrei più bisogno di lavorare. Adotteró due etichette per descrivere due distinte ma strettamente correlate convinzioni totalmente idiote: il ‘machismo’, per riferirmi all’idea che le donne debbano essere subordinate agli uomini e il “verouomismo”, per definire le caratteristiche che un “vero uomo” deve avere, perché chiaramente essere un umano adulto di sesso maschile non è sufficiente. Infatti, fin dalla prima infanzia, abbiamo ricevuto un messaggio piuttosto chiaro su quello che gli “uomini” dovrebbero fare, no? Tutta quella storia di giocare coi soldatini, pisciare in piedi, guardare i film di Rambo e Terminator, ricordate? Fortunatamente, quando ero un ragazzino, riferirsi alle donne come il “sesso debole” era già abbastanza fuori moda; tuttavia, era abbastanza comune per un bambino venire apostrofato “femminuccia”, nel caso fosse riluttante al contatto fisico pesante coi coetanei, parlo di cose come spintonarsi e altre manifestazioni di… boh, io la chiamerei idiozia, ma definiamola “esuberanza maschile” (non solo dai coetanei – attenzione! – lo facevano anche i loro genitori!). Era anche peggio negli anni dell’adolescenza, quando un cocktail letale di ormoni e insicurezza spingevano aspiranti maschi alfa in cerca di attenzione a riunirsi in branchi e cercare potenziali vittime. Non sto dicendo che non esista il bullismo tra le ragazze, ma comunque rimane una cosa molto “macho”. Certamente, é radicato non solo negli uomini ma nella società nel suo complesso. Controintuitivo? Forse, ma vero, credo. Qualche mese fa la television brasiliana ha trasmesso un concorso di bellezza per bambine di 10 anni (10!), giudicate in base ai loro visi (!), alle loro gambe (!!!!!) e alla forma complessiva del loro corpo (!!!!!!!!!!!!). Beh, alcuni dei giudici erano donne, che evidentemente non trovavano nulla di sbagliato nello spettacolo (beh, se questa non è aperta apologia del sessismo e della pedofilia allo stesso tempo, non so che cosa sia). Oppure erano pagate abbastanza da non curarsene, può essere. La nostra società si basa totalmente sull’oppressione a diversi livelli e ne siamo così immersi da esserne anestetizzati. Spesso nemmeno ce ne accorgiamo (probabilmente, il lettore medio di IYE probabilmente è più sensibile della media ai problemi sociali). L’oppressione delle donne continua, è ovunque e non credo sia necessario aderire al “femminismo radicale” per vederlo (che poi, cosa significherà mai “radicale” in questo caso?). Rimane naturale pensare che questa situazione avvantaggi gli uomini e, in una misura considerevole, soprattutto in molti contesti pratici, è così. Tuttavia, dando uno sguardo d’insieme, in questa situazione ci perdiamo tutti. Il “machismo” e il “verouomismo” sono giocatori-chiave nella creazione del mondo – fondamentalmente infelice – in cui viviamo. Il “machismo” uccide, uccide le donne, questo si vede ogni giorno (salvo voltare lo sguardo). La combinazione di “machismo” e “verouomismo” uccide anche gli uomini e distrugge l’ambiente. Ok, cosa dovrebbe essere un “vero uomo”? Se mi si permette di usare uno stile iperbolico e caricaturale (scusatemi, ma mi piace un sacco), direi: devi essere quello che porta i soldi a casa, senza dubbio – meglio se fai un lavoro manuale (non ti spaventa sporcarti le mani, vero?), ma oggi non è più obbligatorio (un “machismo” progressista?) Poi, secondo la narrativa tradizionale, devi assolutamente pisciare in piedi – che è il modo migliore per sporcare il bagno rapidamente e senza nessun motivo (io ho abbandonato questa abitudine anni fa, evidentemente non sono un vero uomo), intanto un vero uomo avrà una donna che gli pulisce il bagno, no? Quindi che gli frega? Inoltre, il vero uomo, idealmente, non dovrebbe mai chiedere niente (com’era la pubblicità dei rasoi Gilette? “per l’uomo che non deve chiedere mai” – “Gilette, il meglio di un uomo”… tra l’altro, boh, se il meglio di te è una lametta da barba, io mi porrei qualche domanda), dovrebbe avere un’idea delle cose in base all’intuizione e fregarsene se questa sia corretta o meno. Va da se che non deve mostrare alcuna vulnerabilità e – Dio ce ne scampi! – ovviamente non piangere mai. Dovrebbe assolutamente bere alcoolici ma reggerli meglio possibile (io sono diventato da tempo totalmente astemio, non perché ritenga che ci sia qualcosa di intrinsecamente sbagliato o maligno nel bere occasionalmente qualche birra o qualche bicchiere di vino o anche ubriacarsi occasionalmente, ma è per radicalizzare il punto – intanto, posso anche permettermi di fregarmene, intanto io non sono un vero uomo) e, non serve dirlo, dovrebbe mangiare bistecche e hamburger ai quattro palmenti – Ricordo un adesivo che diceva ‘Boston! Where men are men and meat is red’ (io sono vegano ma, poiché non sono un vero uomo, posso permettermelo). Preferibilmente dovrebbe essere un donnaiolo, ma anche aspirante va bene – non ti serve flirtare con successo, qualche grossolana battuta da bar sul fondoschiena della prossima passante e sei al sicuro. Qui non sto parlando del parlare di ragazze carine – anche le donne parlano di uomini e lo fanno anche gli omosessuali di entrambi i sessi – non c’è nulla di male. Parlo delle battute da fogna che si sentono troppo spesso e non solo “nei peggiori bar di Caracas” (cos’era, la pubblicità di un rum? Pampero, forse?). Tipicamente, si tratta di un commento su una passante o una donna conosciuta, accompagnata un gesto facciale (e, nel peggiore dei casi, un suono con la bocca). Ultimo, ma non meno importante: non istigare nemmeno il dubbio che tu possa essere gay – piuttosto lebbroso! Ok, tornando seri, questa roba è fisicamente rivoltante. Ora, sareste perdonati a pensare che siano tutte stupidaggini o, almeno, che io stia esagerando enormemente le cose. Vi capisco ma, mentre è vero che sto usando uno stile iperbolico, i contenuti riguardano un fenomeno reale che permea le nostre vite e avvelena il nostro mondo ogni giorno. Credo che tutti siano consapevoli della frequenza con cui una donna viene uccisa nel mondo e non cominciamo nemmeno a parlare degli episodi di stupro e violenza domestica – sia l’abuso di natura fisica o psicologica. Ma il problema è ancora più profondo. Sono arrivato al punto di provare fastidio fisico per termini come “puttana”, “troia”, etc. Anche quando si tratta di un coro da stadio contro la tifoseria avversaria, anche quando è usato come imprecazione, anche quando è usato da una donna. E non è nemmeno solo una questione di aggressione di genere. E’ uno dei simboli che incapsulano il caleidoscopio di oppressione in cui viviamo – dell’uomo sulla donna, ma anche del ricco sul povero, del sano sul malato, del normodotato sul disabile e così via fino a raggiungere dell’umano sull’animale (vedi sotto). Ora, cos’ha tutto questo a che vedere con la paura? Provate a dare voi una risposta, prima di andare avanti a leggere. Beh, la mia risposta è duplice. Il “verouomismo” è collegato al meccanismo atavico generale per cui si adotta un determinato comportamento per paura di non essere accettati dai componenti di un gruppo. Chiamatelo, se volete, “mentalità da branco”, in un certo senso – anche se impropriamente – “saltare sul carro del vincitore” potrebbe andare. Funziona nella stessa maniera del bullismo, in effetti è un tipo di bullismo. A proposito, avete notato l’aumento di suicidi maschili negli ultimi anni? Niente a che fare con questo? “Come, no, mio caro, come no…” (citando un’introduzione di Maurizio Maggiani a ‘Stato e Anarchia’ di Bakunin). Il ·machismo” invece è collegato alla paura perché – fidatevi, sono un uomo (anche se non uno vero) – non è alimentato dalla convinzione che le donne siano inferiori agli uomini, ma dalla consapevolezza della falsità di questo mito e una totale incapacità di accettarlo, che risulta nel diniego. Che lo crediate o no, l’idea di avere un confronto aperto con una donna terrorizza l’uomo machista. Ora, un punto distinto ma collegato: ho scritto sopra che il “machismo” e il “verouomismo” impattano la società in generale, non solo gli uomini. E qual è l’argomento che fa più paura (specialmente, ma non esclusivamente, agli uomini) affrontare – sinceramente, non vantandosi di cose che solo succedono nei loro sogni più arditi (socialmente imposti?) Esatto, la sessualità! Eccolo lì. Questo è probabilmente L’argomento che davvero poco gente si sente di trattare apertamente. Ovviamente, non sto dicendo che la gente dovrebbe raccontare i fatti propri all’autista dell’autobus o al barista all’angolo, parlo della comunicazione all’interno della relazione. Parli apertamente con la/il tua/o partner del tuo modo di vivere la sessualità? Se, onestamente, la risposta è “sì”, ciò è fantastico, congratualazioni sincere. Ma temo che si tratti di una sparuta minoranza. La dottoressa Emily Nagoski ha scritto un libro straordinario su questo argomento (Come As You Are, link), affiancando all’analisi teorica la proposta di soluzioni pratiche ai problemi legati alla sfera sessuale. Il mio discorso è semplice: le società occidentali trattano questo argomento come qualcosa da mostrare nella pubblicità e sui social media ma privatamente la gente la nasconde con vergogna. È tempo di