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Dalla letteratura all’attualità, dalla filosofia all’arte: a noi interessa tutto. Purché non ci si annoi.

Unsane, in arrivo la ristampa del primo album

Gli Unsane, seminale trio HC/noise newyorchese, hanno annunciato la ristampa del loro disco debutto, omonimo, originariamente pubblicato nel 1991. La reissue sarà disponibile dal prossimo 23 settembre e uscirà sulla label Lamb Unlimited in formato cd, vinile e digitale.   Il self-titled album, completamente rimasterizzato dall’ingegnere del suono (e collaboratore di lunga data) Andrew Schneider, rappresenta un classico della band (con l’iconica copertina cruenta che raffigura un corpo decapitato nella linea metropolitana di New York) e di tutta la scena noise rock, ed è l’unico full length in cui ha suonato il batterista e membro fondatore Charlie Ondras, morto di overdose nel 1992 mentre il gruppo era in tour.   Il frontman Chris Spencer (sua l’etichetta Lamb Unlimited) nel 2019, aveva temporaneamente decretato la sospensione dell’attività degli Unsane (entrando a far parte del supergruppo Human Impact) salvo poi riprenderne in mano le redini nell’agosto 2021, ripartendo con una nuova line up insieme a Cooper e Jon Syverson, e l’obiettivo dichiarato di concentrarsi nel suonare e riproporre il materiale dei primi anni.   Lo stesso Spencer ha spiegato la genesi del loro primo Lp, raccontando che la maggior parte delle canzoni era già stata registrata per un Ep intitolato “Improvised Munitions“, che uscì per la piccola label emergente Circuit Records, poi tuttò andò a monte dopo la consegna del test pressing a causa del gestore dell’etichetta, che fece perdere le proprie tracce per sfuggire a una considerevole somma debitoria accumulata nei confronti di un pusher di cocaina. Da lì l’idea di ri-registrare le canzoni dell’Ep ed aggiungerne alcune nuove per raggiungere la lunghezza di un long playing, a cui la band non diede un titolo (e che uscì per la Matador Records) aggiungendo rumori di feedback e delay loops estrapolati dai concerti del trio catturati su cassetta, per ricreare l’atmosfera elettrica dei live shows tra un brano e l’altro.   Qui è possibile effettuare il pre-order. https://www.youtube.com/watch?v=mwmzCojpczE&list=OLAK5uy_kImoIrjJeWIE86p9bwqj9cGf1AR-6AD9M

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Gli Unwound si riuniscono per un tour e ristampano live album

A vent’anni dal loro scioglimento, avvenuto nel 2002, la leggendaria post-hardcore/noise band americana Unwound ha annunciato, a sorpresa, una reunion per dei concerti in programma nel febbraio e marzo 2023 negli States, all’interno di un tour che, per il momento, toccherà soltanto gli Stati Uniti.   Il gruppo di Olympia (Washington) nato nel 1991 e riformato dalla batterista Sara Lund e dal chitarrista Justin Trosper, tornerà a suonare dal vivo con l’ausilio di Jared Warren al basso (collaboratore di lunga data del bassista originario del combo, nonché uno dei suoi membri fondatori, il compianto Vern Rumsey) e Scott Seckington alla seconda chitarra e alle tastiere.   La label Numero Group ha condiviso, sui profili social, un video teaser che mostra l’attuale line up degli Unwound in preparazione per la tournée, e la stessa etichetta di Chicago dal 2013 a oggi sta ristampando il catalogo (in formato cd e vinile) del rinnovato trio/quartetto, e la prossima reissue riguarderà il live album “Live Leaves” originariamente pubblicato nel 2012, in una nuova edizione prevista per il 2 settembre, che festeggia il decimo anniversario dalla sua uscita, e si può pre-ordinare a questo indirizzo.

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Codeine, a settembre in arrivo un album inedito del 1992

Continua l’opera meritoria della Numero Group, label specializzata in ristampe e nello scavare tra gli archivi di band fondamentali del post–hardcore americano degli anni Novanta (Karate, Unwound) e in generale di altre formazioni indie rock, con l’obiettivo di ritrovare chicche inedite e altre registazioni perdute o dimenticate, e mai pubblicate e farle uscire.

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BRIAN JONESTOWN MASSACRE – FIRE DOESN’T GROW ON TREES

Torna l’inossidabile Anton Newcombe, icona a tutto tondo della scena neopsichedelica degli ultimi tre decenni, e lo fa rimettendo in moto la sua creatura prediletta, autentica croce e delizia, i Brian Jonestown Massacre, arrivati ormai al diciannovesimo capitolo (che arriva a tre anni di distanza dall’ultima fatica discografica omonima) del loro stonato e scoglionato, turbolento ma anche coerente e fiero percorso musicale che dura dall’ormai lontano 1990. “Fire Doesn’t Grow on Trees” è il risultato di una rinnovata ispirazione (non ancora terminata: il nostro ha già annunciato di avere in cantiere un nuovo disco, la cui uscita è in programma nel mese di ottobre) che segna una nuova rinascita artistica di Newcombe che, dopo un periodo di blocco creativo, ha impiegato fruttuosamente questi ultimi due anni contrassegnati dallo stop forzato a concerti e tour mondiali, dovuto alla pandemia da covid-19, per ritrovare la vena compositiva che gli ha sfatto sfornare un prolifico lotto di nuove canzoni (almeno sessanta negli ultimi due anni) dal quale sono stati estratti i dieci brani che formano questo nuovo Lp e, in fatto di psichedelia fuzzata, ormai raggiunto sul campo un importante livello di stima e rispetto guadagnato sia presso il mainstream, sia in termini di credibilità underground (pur rimanendo nell’ambito etico dell’essere indipendenti e prodursi da soli gli album) i BJM hanno pochi rivali quando si tratta di riproporre una formula sonica che fa sempre affidamento sugli stessi stilemi (Velvet Underground, Spacemen 3, Galaxie 500, My Bloody Valentine, Jesus and Mary Chain, Stones, Floyd Barrettiani) e sa miscelarli sapientemente in un riuso intelligente (o furbo?) di immagini e suoni del passato, ricontestualizzati in uno scenario sognante tardo-hippie, come frammenti di un pianeta “altro” ricuciti nel qui e ora per far godere l’ascoltatore delle visioni lisergiche musicate dal vulcanico frontman californiano (ma di stanza a Berlino, dove incide i suoi dischi nel suo studio di registrazione) Newcombe.   La comune psichedelica dei Brian Jonestown Massacre si arricchisce quindi di un nuovo Lp, che certo non si risparmia quanto a litanie epiche (come nell’iniziale “The Real” o in “Whats in a name?“) suoni spaziali e droni (“Before and afterland“) groove noise pop accelerati (“Ineffable Mindfuck“, “Don’t let me get in your way“) tamburini, stomp psych (“Silenced“, “#1 lucky kitty“) echi Morrisoniani (“Wait a minute“, “You think I’m joking?“) le immancabili maracas (“It’s about being free really“) e una azzeccata combinazione di chitarre acustiche ed elettriche.   “Il fuoco non cresce sugli alberi“, come del resto anche il denaro, e ci piace pensare che il titolo del disco rappresenti un invito per tante persone a non starsene con le mani in mano, tornare a vivere e lottare, non lasciarsi trascinare alla deriva dal mare di questi anni di merda e tentare di fare qualcosa di importante per se stessi e per gli altri, sviluppando il proprio “fuoco”, coltivandolo, migliorandolo e confrontandolo ogni giorno con quello di altre anime simili, mettendolo alla prova e non permettendo alla propria fiamma (sia essa creativa, di un particolare talento, sia anche quella della “semplice” volontà di rendere questo mondo un posto meno schifoso di quel che è oggi) di essere spenta da niente e nessuno.

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E’ morto Van Christian (Green on Red, Naked Prey)

Ci ha lasciati, a 62 anni, anche Van Christian, musicista originario di Tucson (Arizona). Era afflitto, da diverso tempo, da problemi cardiaci.   Nato il 4 luglio e morto il 5 luglio, a un solo giorno di distanza dal suo compleanno, Van Christian è stato un performer rispettato e stimato all’interno della scena desert rock americana, personaggio umile, anti-rockstar e iconoclasta, protagonista soprattutto della scena punk e post-punk di Tucson e della comunità del Paisley Underground, movimento underground rock sviluppatosi nella vicina California nella prima metà degli anni Ottanta, al quale lui ha dato un importante contributo, prima fondando nel 1979 i Serfers (dei quali, inizialmente, è stato batterista) che in seguito cambiarono nome in Green on Red, e poi diventando, nel 1981, chitarrista e frontman dei Naked Prey, con cui ha registrato cinque studio album e tre Ep all’insegna di un matrimonio sonoro tra ruvido country rock e folk rock distorto, ottenendo un certo seguito in Europa, prima che la band congelasse le sue attività dalla fine degli anni Novanta a oggi, salvo occasionali reunion, e prendendo parte anche a diversi side projects. Il lungo silenzio discografico del songwriter era stato interrotto nel 2013 dal debutto solista, “Party of One“, pubblicato dalla label italiana Lostunes Records.  

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OSEES, ad agosto il nuovo album. Ascolta i primi estratti

Gli OSEES, creatura multiforme nata dal munifico talento e fuoco creativo del frontman e chitarrista John Dwyer, hanno annunciato la pubblicazione di un nuovo album, che uscirà il 12 agosto su Castle Face Records (label fondata dallo stesso Dwyer) e si intitolerà “A Foul Form“.   Per la prolifica band californiana, che in passato ha spesso cambiato monicker (l’ultima modifica risale al 2020) si tratta del venticinquesimo Lp in venticinque anni di percorso musicale, e arriva a due anni dal trittico di dischi, “Weirdo Hairdo“, “Metamorphosed” e “Protean Threat“, che avevano visto il gruppo sperimentare con il progressive rock, il metal e il krautrock, ma gli estratti condivisi dal nuovo album (registrato in casa del membro fondatore Dwyer, e dedicato ai fan di Black Flag, Crass, Bad Brains, Screamers, Abwarts, Stooges e Rudimentary Peni, dei quali è stata eseguita la cover della loro “Sacrifice” ) i brani “Funeral Solution” e “Perm Act“(una tirata sugli abusi in divisa della polizia) non lasciano dubbi sul ritorno alle origini del sound del combo di Los Angeles, riassestatosi sui tradizionali lidi garage/psych punk (o meglio, “brain stem cracking scum-punk“, a detta di Dwyer, tornato a un approccio aggressivo e diretto nello scrivere i nuovi pezzi, dal piglio primordiale e senza fronzoli, concepiti come un omaggio alle punk band con cui gli OSEES sono cresciuti e a cui si sono ispirati) che ne avevano caratterizzato la proposta sonora per diversi anni, al netto dei periodi di transizione e dei cambi di ragione sociale.   Qui è possibile effettuare il pre-order.   Di seguito artwork, tracklist e streaming dei singoli, con relativi videoclip.   TRACKLIST   1. Funeral Solution 2. Frock Block 3. Too Late For Suicide 4. A Foul Form 5. A Burden Snared 6. Scum Show 7. Fucking Kill Me 8. Perm Act 9. Social Butt 10. Sacrifice (Rudimentary Peni cover)

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Nebula, a luglio il nuovo album. Ecco il primo estratto [Listen]

La stoner/psych band losangelina Nebula sta per tornare con un nuovo album, che si intitola “Transmission From Mothership Earth” e uscirà il 22 luglio sulla label romana Heavy Psych Sounds.   Per il trio californiano, composto da Eddie Glass (chitarra e voce) Tom Davies (basso e cori) e Michael Amster (batteria) si tratta del settimo album ufficiale, che arriva a tre anni di distanza dall’ultimo disco, “Holy Shit” ed è stato registrato e prodotto, nel giro di sei mesi, dagli stessi Davies e Glass nel deserto del Mojave. E’ stato condiviso un primo assaggio, l’opening track “Highwired“. Qui è possibile effettuare il pre-order dell’Lp   Di seguito artwork (curato dall’artista Robin Gnista), tracklist dell’album e streaming del singolo.   1. Highwired 2. Transmission From Mothership Earth 3. Wilted Flowers 4. Melt Your Head 5. Warzone Speedwulf 6. I Got So High 7. Existential Blues 8. The Four Horseman

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Black Angels, a settembre il nuovo album. Ascolta il primo estratto

I Black Angels, a cinque anni dall’ultimo studio album, “Death Song“, risalente al 2017 (inframmezzato dal primo album solista pubblicato dal frontman e bassista Alex Maas, “Luca“, nel 2020) hanno ufficializzato l’annuncio di un nuovo disco in arrivo, che si intitola “Wilderness Of Mirrors” e uscirà il prossimo 16 settembre su Partisan Records. Qui si può effettuare il pre-order.   Per la band garage/neopsichedelica di Austin si tratta del sesto Lp, scritto e composto in due anni (complice la pandemia da covid-19) che arriva a uno di distanza dalla realizzazione del live album registrato per il Levitation Festival, ed è stato condiviso un primo estratto, il brano “El jardín“, con relativo videoclip (diretto da Vanessa Pia) basato su uno scenario sci-fi di un futuro distopico proiettato nel prossimo secolo, in cui Madre Natura sarà raffigurata morta, uccisa dalla mano criminale dell’essere umano, e l’unico modo per farla rivivere sarà rifugiarsi nella realtà virtuale, impersonificata dal bambino protagonista del video (una denuncia sulla devastazione e l’inquinamento del pianeta Terra da parte dell’Uomo, realtà già tangibile oggi, insieme alla constatazione oggettiva del fatto che la maggior parte dell’umanità si relazioni col mondo solo attraverso internet e i social media) mentre a livello musicale la band (che ha coprodotto il long playing insieme a Brett Orrison e all’ingegnere del suono dei Dinosaur Jr., John Agnello) riconferma la sua solida proposta psych rock, che oggi non rinuncia ad arricchire una formula collaudata con elementi variabili e piccole sperimentazioni, grazie a una presenza più consistente di strumenti come mellotron, tastiere e archi.   Di seguito artwork, tracklist dell’album e streaming del singolo.   1. Without a Trace 2. History of the Future 3. Empires Falling 4. El Jardín 5. La Pared (Govt. Wall Blues) 6. Firefly 7. Make it Known 8. The River 9. Wilderness of Mirrors 10. Here & Now 11. 100 Flowers of Paracusia 12. A Walk on the Outside 13. Vermillion Eyes 14. Icon 15. Suffocation

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